Al cinema: le uscite della settimana 15-21 Giugno - RECENSIONE - Dalla 14. Festa del Cinema di Roma (17-27 Ottobre 2019) - Dal 4 Maggio on demand su piattaforme digitali (Sky Primafila Premiere, Timvision, Chili, Google Play, Infinity, CG Digital, Rakuten TV)
Sceneggiatura:
Cristina Comencini, Giulia Calenda e Ilaria Macchia
Soggetto: Cristina Comencini, Giulia Calenda e Ilaria Macchia
Cast: Giovanna Mezzogiorno (Alice McNellis) Vincenzo Amato (Marc Bennet) Trevor White (Padre di Alice) Astrid Meloni (Madre di Alice) Beatrice Grannò (Alice ragazza) Clelia Rossi Marcelli (Alice a 10 anni) Marco Valerio Montesano (Marc ragazzo) Alessandro Acampora (Marc a 10 anni) Barbara Ronchi (Virginia) Tim Ahern (Adam)
Musica: Gabriele Coen e Mario Rivera edizioni Lumière & Co. - Universal Music Publishing Ricordi; Suono: Maurizio Argentieri
Costumi: Alessandro Lai
Scenografia: Carmine Guarino
Fotografia: Daria D'Antonio
Montaggio: Patrizio Marone
Makeup: Paola Grattabusi
Casting: Laura Muccino e Sara Casani
Scheda film aggiornata al:
29 Giugno 2020
Sinossi:
Napoli, anni Novanta. Alice, 40 anni, rientra dall’America dopo una lunga assenza. È morto il padre. Alice si ferma nella casa di famiglia, disabitata: con la sorella hanno deciso di venderla, e occorre svuotarla degli oggetti di una vita, di tante vite. Ma, inaspettatamente, Alice scopre che la casa è abitata da una ragazza giovane e bellissima. Con lei inizia un dialogo intenso, come sembra promettente anche il legame che si crea con Marc, un uomo affascinante e gentile incontrato alla commemorazione del padre. Per Alice si schiude un mondo nuovo, intrigante e pericoloso, che apre squarci sul suo passato e sulla sua esistenza.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Non c’è passato, non c’è presente, non c’è futuro. Il tempo è solo un modo per misurare il cambiamento†Carlo Rovelli
il nastro dei ricordi scartando completamente dai canonici flashback per affidarsi ciecamente ad una compresenza di se stessa nelle tre età cruciali: bambina (Clelia Rossi Marcelli), ragazza (Beatrice Grannò) e adulta (Giovanna Mezzogiorno), indubbiamente più smarrita delle altre versioni di se stessa. Una fotografia estremamente chiaroscurata, metafora della mente della protagonista, lo ‘svuotamento scenografico’ ambientale (Napoli) e di interni in chiave metafisica, il dialogo e l’interazione della protagonista con se stessa all’altezza delle altre età , rende protagonista assoluto il tempo. Un tempo con cui puoi confrontarti per ritrovarti ma che non puoi cambiare, spettatore inerme di ciò che è stato fatto e vissuto e che ha sentenziato il tipo di persona del presente reale.
Un viaggio surreale che, mentre raccoglie gli indizi, come Pollicino le briciole di pane, riattraversa un certo tipo di violenza, rimossa, più che superata. Frammento dopo frammento, riesumati uno ad uno sul posto, senza lasciare nulla
al caso, in un modo fin troppo costruito e dal sapore di fiction televisiva, si riallineano nella memoria della protagonista che li rivive in carne ed ossa come fossero il suo presente, per ricostruire il proprio drammatico puzzle esistenziale. Una sciarada già giocata di cui si era perduta memoria della soluzione. L’intreccio, giostrato sul trittico al femminile, rilancia poi al raddoppio anche con il protagonista maschile di Marc, che nell’età adulta ha il volto e tutta la sinistra, melliflua, cadenza, di Vincenzo Amato. I tempi estremamente dilatati del montaggio e il respiro estatico dei protagonisti, fatta eccezione per le più giovani - in particolare l’effervescente Grannò - diluiscono fin troppo il contenuto dell’ambiziosa matrioska che, guarda caso, compare in mano a quell’Alice bambina con l’ammiccante sguardo rivolto verso l’alto. Uno tra i tanti virtuosismi - come l’allungamento metaforico della galleria - che, ahimè, non alimentano l’interesse che avrebbe dovuto suscitare
una pellicola per il cinema. Finale senza sorprese, ma con la bella sequenza, questa si, di respiro prettamente cinematografico, che del trittico di interpreti nelle diverse età , celebra l’assimilazione nell’unica realmente possibile.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)