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    Home Page > Ritratti in Celluloide > L'intervista > 67. Mostra del Cinema di Venezia: SORELLE MAI di MARCO BELLOCCHIO - PRESS CONFERENCE & DINTORNI (A cura di SONIA CINCINELLI)

    L'INTERVISTA

    67. Mostra del Cinema di Venezia: SORELLE MAI di MARCO BELLOCCHIO - PRESS CONFERENCE & DINTORNI (A cura di SONIA CINCINELLI)

    09/09/2010 - Lido di Venezia, 8 Settembre 2010 - Alla Conferenza Stampa di SORELLE MAI
    sono interventuti il regista MARCO BELLOCCHIO, l'attore PIER GIORGIO BELLOCCHIO e il direttore di RAI Cinema PAOLO DEL BROCCO.

    SORELLE MAI, LA SFIDA DI BELLOCCHIO

    Conferenza stampa sotto tono quella del film Sorelle mai ospitata l'8 Settembre al 67° Festival di Venezia. L'ultima pellicola dell'ex ragazzo prodigio Marco Bellocchio. Un cinema per palati fini che anche questa volta riesce a “scandalizzare” e a rimanere indigesto. Le modalità di produzione del film, cioè no budget con interpreti non attori, tra cui amici e parenti del regista come protagonisti, fanno gridare alla “non professionalità” del maestro indiscusso. Sarebbe cambiato qualcosa se Bellocchio avesse fatto questo film prima di tutti gli altri? Chissà, non sono certo le modalità di produzione di una pellicola a determinarne la bellezza. Se il regista in Vincere (2009) ha delineato i tratti di una donna meravigliosamente ed estremamente sovversiva, con questo film risulta anarchico nelle modalità di produzione, sfidando i tagli operati dallo Stato. Così Bellocchio è felice di utilizzare le stesse metodologie che Matteo Garrone usa nei suoi primi film. Paolo Del Brocco, direttore generale di Rai Cinema, presente in conferenza, ha ribadito la centralità dell'azienda di servizi per il pubblico che promuove prodotti di qualità e indubbiamente Sorelle mai si inserisce perfettamente in questa linea.

    Quando hai capito che queste diverse esperienze potevano diventare un lungometraggio?

    MARCO BELLOCCHIO: "I primi tre episodi sono stati presentati al Festival di Roma, con i successivi ho capito che queste esperienze potevano diventare un lungometraggio, non c'era nessuna intenzione iniziale di dare la forma che ha oggi la pellicola. Sono sei episodi con sei corsisti di “Fare Cinema”, laboratorio che si è tenuto tra il 1999 e il 2008. Nel film ci sono dei personaggi che rimangono uguali a se stessi nel tempo ed altri che hanno un evoluzione, c'è chi va e c'è chi resta, come il famoso quadro di Umberto Boccioni".

    Che tipo di relazione c'è tra questo film e le altre tue pellicole?

    MARCO BELLOCCHIO: "Non abbiamo fatto piani di lavorazione complessi e sicuramente Gianni Schicchi Gabrieli è la colonna portante della pellicola, poi ci sono le mie sorelle, i miei figli, insomma è un film che è stato fatto con grande sperimentazione, con uno stile apparentemente trasandato che però cerca la verità e la profondità delle cose e poi ovviamente con il montaggio abbiamo rifinito tutto. Un film fatto con grande spensieratezza. Certamente ritroviamo la casa di I pugni in tasca ed altri elementi che ci riconducono a L'ora di religione, ma c'è solo affetto nei confronti dei personaggi passati e non nostalgia e patetismo. Ribadisco che ci sono figure che vanno ed altre che restano".

    Comunque nel tuo lungometraggio la spensieratezza non sembra legata alla sciatteria...

    MARCO BELLOCCHIO: "Un film convenzionale ha problemi pratici da risolvere, questo invece mi ha permesso di trasmettere agli altri le mie esperienze".

    PIER GIORGIO BELLOCCHIO: "Per me come attore è stato un film di formazione e la libertà di mio padre di insegnare in questo contesto e di dare agli altri si percepiva sensibilmente nel set".

    'Sorelle mai' è un'esperienza chiusa per te o avrà un continuo?

    MARCO BELLOCCHIO: "E' probabile che si torni a Bobbio a fare cinema, ma come esperienza è chiusa per me. Il finale, che tra l'altro è stato improvvisato, determina la fine e non c'è più spazio per i ricordi. Vedremo, ma la cosa è chiusa".

    PIER GIORGIO BELLOCCHIO: "Ho avuto modo di misurarmi con il mestiere dell'attore in questi dieci anni e penso che nel film si noti la mia maturazione personale come attore".

    Che cosa ti ha incuriosito nell'utilizzare come attori i tuoi familiari? Tutto questo è legato a un modo di procedere che guarda al neorealismo?

    MARCO BELLOCCHIO: "Quando non ci sono i fondi ma hai voglia di fare qualcosa di significativo devi lasciare spazio anche all'improvvisazione, quindi era inevitabile che nei personaggi entrasse in gioco anche la vera personalità degli interpreti e il loro stato d'animo. Il bello è che ogni attore porta del suo nel personaggio. Infatti si possono creare delle incongruenze, dall'accento, per esempio, è improbabile che Donatella Finocchiaro sia vissuta anche un giorno della sua vita a Bobbio. Ci sono anche scene importanti girate in due ore, quando normalmente servono giorni.
    Nel neorealismo c'erano delle sceneggiature e poi gli attori presi dalla strada cambiavano le cose. Nel mio film non c'è nemmeno la sceneggiatura e abbiamo delineato le scene direttamente sul set".

    Tu devi qualcosa a Bobbio o Bobbio deve qualcosa a Marco Bellocchio?

    MARCO BELLOCCHIO: "Bobbio non mi deve assolutamente niente. Non mi piace tornare in un posto con patetismo, odio il patetismo e penso che il miglior modo per ritornare in un luogo è lavorare. Se io devo o se qualcuno mi deve qualcosa non mi interessa. Ma sicuramente ringrazio Rai Cinema che ha stanziato fondi per questa pellicola".

    Riprenderà “Fare Cinema”?

    MARCO BELLOCCHIO: "Quest'anno non ci saranno i corsi, ma abbiamo ricevuto un sacco di adesioni da molti giovani, credo che sia dovuto al fatto che i corsi erano gratuiti e molti giovani in questo momento non sanno dove orientarsi, così penso che tanti sono curiosi di vedere cosa succede nei laboratori di “Fare Cinema”.


     
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