COME UN GATTO IN TANGENZIALE - INTERVISTA al regista RICCARDO MILANI
28/12/2017 -
COME UN GATTO IN TANGENZIALE - INTERVISTA al regista RICCARDO MILANI
Milani, la scommessa è ambiziosa: raccontare col tono della commedia il conflitto sociale
"L’idea era stimolare una piccola riflessione su un tema importante ma ridendo, riflettere con il sorriso su alcune contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo. Farlo attraverso una storia che prevede molte situazioni ironiche e divertenti è sempre stato l’obiettivo che ci siamo dati"
E infatti nel film si ride molto. Soprattutto delle contraddizioni di chi predica bene e razzola male, un vizio molto diffuso in certi ambienti
"Sono in tanti quelli che - come il nostro protagonista -
per professione teorizzano soluzioni per le periferie italiane ma poi non le frequentano e, soprattutto, non le conoscono veramente. Offrono soluzioni ma non si sforzano di capire le ragioni degli altri, né sanno ascoltare chi in questi luoghi ci vive"
Luoghi che lei conosce bene
"Sì, sono luoghi e persone con cui sono cresciuto e mi sono formato. Da sempre io sono comunque a mio agio con le persone politicamente e culturalmente diverse da me, a cui cerco di parlare anche attraverso i film che faccio. Non provo una grande soddisfazione ad arrivare solo alle persone che la pensano come me e con cui ho affinità culturale e politica. È facile"
Ha sempre pensato ad Antonio Albanese e Paola Cortellesi, nei ruoli dei due protagonisti?
"Sì. Paola e Antonio si erano trovati benissimo sul set di 'Mamma o papà?' e si erano ripromessi di tornare presto a recitare insieme. E loro sono in gran parte sovrapponibili, sono due attori che si muovono con disinvoltura tra teatro, cinema e tv e sono molto simili. La sfida, stimolante per me e per loro, era incarnare due mondi opposti. Giovanni (Albanese) è un tipico intellettuale impegnato a Roma in un cosiddetto think tank che si occupa di analisi delle politiche pubbliche e sociali, e lavora di concerto con il Governo per accedere ai finanziamenti dal Parlamento Europeo destinati alle periferie. Crede fermamente nell'integrazione, è benestante, vive nel centro storico e non conosce da vicino le realtà di cui si occupa a dimostrazione che nel nostro Paese la teoria è spesso distante dalla pratica. Monica (Cortellesi) è una ex cassiera dai capelli rossi e dal trucco pesante, che lavora saltuariamente in una mensa per anziani e vive in una zona periferica piuttosto complicata come Bastogi (Boccea, Roma Ovest) e ne affronta ogni giorno le difficoltà 'sul campo' lottando per far quadrare i conti e pagare le bollette. Entrano in scena, quindi, due modi opposti di vivere i conflitti sociali, l'uomo li affronta da un punto di vista esterno, la donna dall'interno. I nostri due protagonisti sono totalmente diversi e lontani, frequentano luoghi radicalmente opposti, ma l'abisso sociale e culturale che li divide verrà colmato parzialmente dall'incontro tra i rispettivi figli adolescenti. Notizia a cui Giovanni reagisce in modo allarmato e disorientato: coerente con la sua 'mentalità' aperta e tollerante, però, non riesce a vietare esplicitamente ad Agnese di frequentare il suo giovane fidanzato. In compenso segue il ragazzo per verificare dove vive e conosce la realtà della sua famiglia che si regge tutta sulle spalle della madre Monica, una lavoratrice precaria energica e combattiva con due sorelle gemelle a carico e un marito in galera (Claudio Amendola). I due genitori così distanti tra loro si accorgono di condividere un unico obiettivo comune e cioè la fine della storia tra i loro figli. Intanto cominciano a frequentarsi e a entrare l’uno nel mondo dell’altro: Monica, abituata a trascorrere le sue vacanze nella canicola e nel frastuono delle spiagge popolari di Coccia di Morto, si ritroverà in quelle silenziose dell’esclusiva Capalbio. Col tempo, la diffidenza e la preoccupazione dei genitori dei ragazzi lasceranno spazio ad una scoperta reciproca: grazie al loro incontro inaspettato i due assorbono qualcosa di positivo l'uno dall'altra. Penso che il nostro film sia nato da questa convinzione: in un paese culturalmente e politicamente spaccato in due come il nostro, forse può essere importante fare lo sforzo di capire, conoscendole, realmente, le ragioni degli altri. Pur senza proporre un lieto fine o una soluzione, il film lascia aperta una possibilità".
Il film nasce da una sua esperienza autobiografica, ce la racconta?
"Il primo fidanzato di una delle mie tre figlie viveva proprio a Bastogi: Avevo visto tempo prima 'Residence Bastogi' un bellissimo lavoro di Claudio Canepari, e sulle prime ho reagito esattamente come il nostro protagonista Giovanni: ho seguito l'autobus, che riportava il ragazzo di mia figlia a casa e ho conosciuto il suo quartiere e la sua famiglia. C'è sempre un sospetto fisiologico quando non si appartiene allo stesso mondo ma invece nel nostro caso è nato un rapporto che dura ancora, siamo rimasti in contatto anche dopo che i nostri ragazzi si sono lasciati. Conoscevo quelle case e quell'ambiente e in fase di scrittura del film abbiamo inserito una parte di quello che ho vissuto"
Che tipo di rapporto ha con Antonio Albanese?
"Antonio mi piace moltissimo da sempre. Ha intelligenza, talento, mimica, ha una grande padronanza del suo corpo, sa capire bene le persone e ha un approccio che non è mai ideologico alle cose della vita. I suoi genitori sono emigrati al Nord da un piccolo paese siciliano e quelle radici per lui sono sempre state importanti. Consapevolmente o meno credo nutrano sempre e comunque la sua recitazione e i suoi personaggi"
Tra lei e sua moglie Paola Cortellesi esiste da tempo un'intesa professionale solida e collaudata sia sul set che in sede di sceneggiatura, vi capita mai di discutere?
"Sì, ed è normale che succeda. Come altre volte con lei e gli altri due sceneggiatori Furio Andreotti e Giulia Calenda abbiamo fatto un lungo lavoro preparatorio sul campo, facendo sopralluoghi e conoscendo persone. Questo per poter scrivere e raccontare ogni dettaglio con la massima precisione possibile. Anche con loro abbiamo molto discusso, a volte abbiamo avuto punti di vista distanti, ma queste discussioni arricchiscono"
Lei è stato aiuto regista di un maestro della satira sociale come Mario Monicelli e si è sempre detto un grande ammiratore della grande commedia italiana dei decenni scorsi. Questo film si inserisce in questo solco…
"Ci proviamo… Di sicuro è questo il cinema che mi piace fare. Da sempre la commedia ha una funzione nobile perché, insieme al divertimento, veicola temi importanti. Certi argomenti arrivano nel modo giusto e più facilmente agli spettatori anche attraverso le risate. Io credo che, sia dal punto di vista culturale che da quello del mercato, sia corretto e necessario andare verso il pubblico, cercare di esserne complice, tentando di fare film che non gli vadano necessariamente contro. Magari avendo la libertà intellettuale di poter affermare che, quando si parla di cinema di qualità, tra le qualità di un film ci possa essere quella di essere popolare"
LA REDAZIONE
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