RECENSIONE - 81. Mostra del Cinema di Venezia - Fuori Concorso - il 7 Settembre - Da Cannes 77. - Fuori Concorso: Anteprima Mondiale domenica 19 Maggio - Ancora alle prese con un western, Kevin Costner si fa in tre: regia, attore e produttore - Dal 4 Luglio
"C'era un non detto all'epoca: se si era abbastanza duri, cattivi e ingegnosi potevi ottenere ciò che volevi in America, vale a dire camminando sulla testa delle persone... La tanta violenza presente nel film era necessaria per sopravvivere. Non c'era legge e niente per proteggerti tranne il tuo istinto. C'erano allora molti pericoli. E bisognava conoscere le cose più basilari, come saper fare il fuoco. Non dimentichiamo poi che l'America è un Paese ancora molto giovane e che questo film è ambientato duecento anni fa. Era una terra ancora vergine"
Il regista, co-sceneggiatore, produttore e attore Kevin Costner
(Horizon: An American Saga - Chapter 1; USA 2022; western; 181'; Produz.: Territory Pictures Entertainment; Distribuz.: Warner Bros. Italia)
Soggetto: Le riprese del folle western da sogno (diviso in Capitolo 1 e capitolo 2), di e con Kevin Costner, si svolgeranno nello Utah.
Cast: Kevin Costner (Hayes Ellison) Sienna Miller (Frances Kittredge) Sam Worthington (Trent Gephart) Giovanni Ribisi (Pickering) Jena Malone ('Ellen' Harvey) Abbey Lee (Marigold) Michael Rooker (Sergente Maggiore Thomas Riordan) Danny Huston (Colonnello Albert Houghton) Luke Wilson (Matthew Van Weyden) Isabelle Fuhrman (Diamond Kittredge) Jeff Fahey (Localizzatore) Will Patton (Owen Kittredge) Tatanka Means (Taklishim) Owen Crow Shoe (Pionsenay) Ella Hunt (Juliette Chesney) Cast completo
Il film racconta l'espansione americana del West, di preciso ripercorre i 15 anni a cavallo della Guerra civile, quando il colonialismo bianco si stava affermando a discapito delle popolazione indigene americane.
Sinossi Ufficiale del film:
"Nella grande tradizione degli iconici western della Warner Bros. Pictures, Horizon: An American Saga esplora il fascino del Vecchio West e come è stato vinto – e perso – attraverso il sangue, il sudore e le lacrime di molti. Attraversando i quattro anni della Guerra Civile, dal 1861 al 1865, l’ambiziosa avventura cinematografica di Costner porterà il pubblico in un viaggio emozionante attraverso un paese in guerra con se stesso, vissuto attraverso la lente di famiglie, amici e nemici, tutto nel tentativo di scoprire cosa significa veramente essere gli Stati Uniti d’America".
Storyline:
Chronicles a multi-faceted, 15-year span of pre-and post-Civil War expansion and settlement of the American west.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
L’ORCHESTRA WESTERN DI KEVIN COSTNER SUONA UNA MELODIA UNICA
già avviata da tempo, e, non smentendo affatto il suo tratto distintivo, conferma quel laconico touch, soprattutto quando alle prese con il contraltare di un loquacissimo interlocutore, sia uomo che donna, non cercato, ma su cui inevitabilmente inciampa. Tratto laconico che abbraccia fin dal titolo del film, Horizon, ovvero, ‘orizzonte’: in una parola sola Costner abbraccia un intero universo, che odora della ricerca di un posto dove tentare di sopravvivere, un’aspirazione legittima a patto di non usurpare territori già di altri. Parola che indica una prospettiva e aspirazioni a grappolo.
nativa. Ma Horizon è sopra ogni cosa un western dove le donne, e in parte anche i bambini, sono protagonisti, mostrando un carattere e un coraggio tanto eccezionali quanto necessari, considerate le circostanze. Le circostanze di un’epoca senza una vera legge, in cui la violenza - mai gratuita e accondiscendente, nervo scoperto di quelli che diventeranno gli Stati Uniti - era allora spesso il mezzo su cui imbarcarsi per trovare la propria strada. Lo spettatore potrà farsi largo tra i vari punti di vista - nel cesello di una sceneggiatura accurata e profonda cui hanno dato vita lo stesso Kevin Costner con Joan Baird - e troverà , come per incanto, una lezione importante per ogni conflitto contemporaneo, e non solo americano. Pillole di saggezza, riflessioni filosofiche che ci giungono da entrambe le parti sul campo - come già , in altro modo, aveva fatto Clint Eastwood in Lettere da Iwo Jima
Horizon è dunque un’operazione di cesello in cui ogni nota è al posto giusto, pronta a levarsi in una melodia unica, feroce e delicata allo stesso tempo. Cesello minimalista fin nei dettagli, come ad esempio la stessa lingua degli apache
in originale con i sottotitoli in italiano, ambientazioni, scenografie e costumi, laddove i luoghi più impervi, scartando dall’effetto cartolina, grazie ad un superbo montaggio e ad una fotografia deliberatamente ‘vintage’, dicono la loro, usando lo stesso laconico linguaggio del loro regista e attore. Sullo stupendo fascino dei temporali di quelle zone andrebbe scritto un capitolo a parte. Ma Horizon non è un affresco estetizzante, è quel genere di Storia in celluloide che doveva uscire il 4 luglio, e non poteva essere altrimenti.
dopo tre ore che stranamente passano veloci, sarà ancora meglio. Un cesello, dove tutto è misurato, voluto, e con una sua precisa, chiara, ragione di essere: ogni personaggio ha la sua dote di carisma e se qualcuno viene lasciato per strada, possiamo immaginarne il motivo, considerando che, d’altra parte, non siamo che al primo atto di questa storia poliedrica.
Presso un piccolo promontorio-santuario diroccato sopraggiunge qualcuno che si è perso e cerca di raccapezzarsi con il volantino in mano con su scritto per l’appunto ‘Horizon’. Ricevute malamente indicazioni proprio per ciò che va comportando quel luogo, giunto in prossimità del fiume, scopre i primi due cadaveri del film. E, come c’era da immaginarsi, sono quell’uomo e suo figlio che all’inizio andavano picchettando. E’ su quest’ultimo che il ‘viandante’ si sofferma e, inchinandosi, gli sfiora la fronte. Le parole sono superflue e il momento è come una di quelle anticamere che
preparano al peggio. Ma non sarà che il primo tra i molti momenti di tenerezza a galleggiare in un mare di violenza e crudeltà , tra cui si annoverano ad esempio le carezze ad un cavallo agonizzante a terra. E’ la stessa empatia che Kevin Costner aveva già trasmesso al suo Tenente John J. Dunbar per il lupo ‘due calzini’ nel mitico Balla coi lupi, pure diretto e interpretato, nel lontano 1990.
Tra i primi territori spunta il Montana e una agguerrita giovane donna estrae il fucile dalla neve: è la ‘Ellen’ Harvey di Jena Malone che giustizierà nel suo letto un uomo. Una delle prime donne di carattere e un primo canale narrativo cui se ne aggiungeranno altri, tra cui quello della famiglia Kittredge con la Frances di Sienna Miller - Kevin Costner ingaggia pure il suo stesso figlio Hayes, qui al suo debutto, per il personaggio di Nathaniel Kittredge -
ma anche come la granitica e rustica Mrs. Sykes di Dale Dickey, madre dei due fratelli che promettono vendetta e che si mettono sulle tracce di Ellen/Malone. In ogni West che si rispetti ci sono sempre anche un saloon e un bordello. Ma sorvolando sull’insieme, merita attenzione l’indole di un’altra giovane donna, la Marigold di Abbey Lee e il suo approccio con il nuovo arrivato, Hayes/Costner: curioso che il suo personaggio si chiami Hayes come suo figlio nella vita reale! E se il suo è un approccio sinuoso che sa di sfacciato abbordaggio, quello con il quale più tardi dovrà confrontarsi il nostro Hayes/Costner sarà di ben altro genere: al profumo di arrogante insolenza, pretesa di sottomissione ai detentori del controllo di zona e puntigliose e provocatorie domande a raffica cui seguiranno ben poche esaustive risposte, piuttosto un tragico dato di fatto. Si tratta del corposo confronto tra Hayes/Costner e
il Caleb Sykes di Jamie Campbell Bower, alla ricerca di Ellen/Malone e del bambino. Regolazione di conti ad ogni angolo, sempre diverse e fondamentalmente figlie della stessa sete di rivalsa con cui i giovani rampolli di famiglia hanno difficoltà a misurarsi: la sequenza dell’istigazione alla violenza in un bar tra un bambino - il Russell di Etienne Kellici - cui sono stati uccisi i genitori, e un apache con il proprio figlio, la dice lunga su chi detiene la vera saggezza.
Si potrebbe scrivere un romanzo nel romanzo volendo entrare in ogni piega narrativa, sfumatura caratteriale degli innumerevoli personaggi costretti a difendersi per sopravvivere al meglio delle loro possibilità , in questa saga al primo atto. Aggressioni, incendi di villaggi posti a ferro e fuoco dominano i rari momenti distensivi con feste da ballo che hanno il fiato corto e restituiscono il comando alla difesa personale e dei propri cari, accettando
il dolore delle inevitabili perdite, senza poter confidare troppo nell’aiuto militare dell’esercito. E la ragione è presto detta e si spalma sul motivo di ritorno di quel volantino con su scritto Horizon come propaganda dei vari lembi di terra posti indebitamente in vendita: il seme della discordia. E che dire della indegna mercificazione di scalpi? Alla taglia super posta su quelli degli uomini si contrappone quella minoritaria per donne e bambini che, d’altra parte, non per questo vengono risparmiati. Proprio come nelle vergognose guerre odierne. Per questo il discorso dell’anziano apache ai suoi ragazzi, l’uno ansioso di rivalsa, l’altro grato al padre per quello che gli offre, assume tanta importanza ed è un qualcosa che non si dimentica. Ne scaturisce una riflessione filosofica sull’identità , fondamentale per ogni uomo.
Ci sarà sicuramente chi storcerà il naso gridando all’orgoglio patriottico nazionalista ma è storia che qualsiasi soldato, accingendosi a partire per la guerra,
La carrellata finale composta da scorci di sequenze e fotogrammi dominata solo dalla musica - un mix di sintesi e anticipazioni, emblema elettivo di un’autentica saga - e da quel reiterato, incalzante, colpo di pedale che era il top per la stampa dell’epoca, è infine uno di quei tocchi da Maestro che fanno il vero cinema e Kevin Costner non poteva chiudere questo suo primo atto in un modo migliore.
Voce off(Glynn Turman): Siamo i custodi di una delle ultime lande libere rimaste. Sembra un luogo promettente!
Hayes Ellison: Un luogo dove riesco a immaginarmi.
Voce off: I cacciatori di questa terra non la divideranno con voi: quello che costruite, loro lo bruceranno.