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    L'INTERVISTA

    63° Mostra (Lido di Venezia 30 agosto-9 settembre 2006) ROUND TABLE: THE QUEEN di STEPHEN FREARS

    3/09/2006 - ROUND TABLE con: il regista STEPHEN FREARS, lo sceneggiatore PETER MORGAN e l’interprete protagonista HELEN MIRREN:

    HELEN MIRREN

    Quale qualità apprezza nella Regina Elisabetta e quali difetti le danno più fastidio?

    HELEN MIRREN: “Direi che le qualità positive che le riconosco sono coerenza, dignità, senso del dovere, senso della responsabilità, questa sensazione che lei consente alla gente di essere ciò che è, e alle altre persone di essere ciò che sono senza tentare di controllarle. D’altro canto queste cose che ho detto potrebbero avere un risvolto diciamo meno positivo, diventando dei difetti. E cioè forse una mancanza di immaginazione. Non è certo un’artista nel senso tradizionale del termine. E’ una donna che ama gli animali, questo non vuol dire che non si occupi e non si interessi degli esseri umani. Ma non è un’artista nel senso tradizionale e forse però questa è una cosa buona perché non ha neanche le nevrosi che caratterizzano gli artisti”.

    Lei è l’unica attrice che interpreta sia Queen Elizabeth I (per al TV) che Queen Elizabeth II.in questo The Queen cinematografico:

    HELEN MIRREN: “Si è stata un’esperienza davvero straordinaria interpretare entrambe queste figure nel giro di pochissimo tempo, perché ho terminato di girare il film televisivo e due settimane dopo ho iniziato Elisabetta II in questo film, e devo dire che questa vicinanza nel tempo mi anche ha dato l’opportunità di vedere sia le somiglianze che le differenze. Pur avendo vissuto Elisabetta I in un panorama politico e storico totalmente diverso e avendo anche una personalità totalmente diversa da quella dell’attuale regina, ho trovato delle somiglianze in queste due donne. Prima di tutto entrambe sono giunte al trono a venticinque anni. Quindi molto molto giovani hanno dovuto cominciare a sopportare l’incredibile pressione e responsabilità che questo comportava, ma c’era anche quest’altro elemento che le univa, cioè questa fortissima volontà, questa fortissima determinazione dopo essere state, non per scelta loro, costrette ad assumere questo ruolo, di portarlo avanti fino in fondo con una dedizione totale, assolutamente non nevrotica. Quindi questo peso vissuto come un qualcosa che va accettato, è un volere di Dio e fino alla fine della vita va portato avanti, per cui non ha causato le nevrosi che magari in altri sovrani o sovrane nel tempo li ha portati a diventare un po’ folli. L’idea che la regina intendesse abdicare non ha fondamento. In realtà lei non ha mai pensato di farlo, perché come dice il giuramento, ‘finchè tu sarai in vita, Dio ti ha dato questo compito e tu lo porterai avanti’, ed è esattamente quello che lei fa. E’ veramente una volontà molto forte, ripeto, forse questo a spese dell’immaginazione, ma è anche una necessità per poter assolvere a questo doveroso compito”.

    Quanto tempo le è occorso come trucco al mattino per costruire questo personaggio?

    HELEN MIRREN: “Venti minuti o anche meno”.

    Lei è stata insignita di un’onorificenza corrispondente a Sir. Ha incontrato la regina in quell’occasione?

    HELEN MIRREN: “No, il Principe Carlo. Mi piace molto. Oltre che in quell’occasione l’ho incontrato anche in altre occasioni perché sono coinvolta in parte in un’associazione che fa parte di un Trust della Principessa ed è una persona notevole, intelligente, una persona molto impegnata nei confronti del proprio Paese e condive con la madre questo senso del dovere e della responsabilità. Mi piace anche perché quando non era ancora di moda lui era già un agricoltore biologico”.

    Come pensa che Elisabetta potrebbe giudicare il film? Probabilmente non lo dirà mai …

    HELEN MIRREN: “Come posso saperlo? Non ne ho la più pallida idea. Diciamo che nell’interpretare la regina sono stata molto attenta a livello umano. Intendo dire che se mi avessero offerto il ruolo dell’assistente di un dentista in una regione provinciale del mio paese, ugualmente mi sarei sentita con lo stesso obbligo di essere il più veritiera possibile, per non tradire la persona, il cui personaggio io interpretavo. Essere veritiera sapendo nello stesso tempo che quella è la mia interpretazione e non quella definitiva, quella finale. Spero in questo senso di non aver tradito la regina. Non saprò mai né devo sapere, credo, quello che lei pensa. Sarebbe un’invasione cercare di sapere ciò che lei pensa di me e di questo film. Posso solo aggiungere che in quella settimana si è trattato di un momento estremamente difficile per la famiglia. Parlo del trauma psicologico che la perdita di un membro della famiglia comporta in ogni caso, ma soprattutto quando ci sono delle situazioni non risolte. Noi tutti sappiamo che quando muore una persona in una famiglia e ci sono delle cose che non sono state ancora risolte, la situazione se vogliamo è ancora più drammatica, ancora più difficile, e sicuramente la famiglia inizialmente ha teso a proteggere i ragazzi, i figli. Non so cosa penserà lei, io posso soltanto dirmi felice, onorata, di appartenere ad una cultura e ad una società dov’è consentito, grazie alla libertà di espressione, di realizzare film come questo, ho avuto l’onore di parteciparvi e sono felice di vivere in un Paese dove tutto questo è possibile”.

    In occasione della morte di Diana ci sono state delle critiche, nel senso che qualcuno avrebbe potuto fare qualcosa di più. Ha avuto modo di capire meglio quali sono le regole di protocollo in una situazione del genere? Tanto per capire e far capire a chi non è nato in Inghilterra come vanno le cose in circostanze del genere e quali sono i rapporti tra monarchia e governo.

    HELEN MIRREN: “L’unica questione vera e propria di protocollo, di cui si parla anche nel film è quella della famosa bandiera mai messa a mezz’asta. Allora, nella realtà dei fatti, anche se morisse la regina, quella bandiera, non verrebbe messa a mezz’asta, perché quella è una bandiera che non ha niente a che fare con la bandiera britannica… E’ una bandiera che sta solo a significare se la regina è a Buckingham Palace oppure no. Non serve a dare nessun’altra indicazione. Quindi questo è l’unico punto di protocollo che deve essere chiarito. Per quanto riguarda invece tutto il resto, io credo che ci sia stata la reazione di una famiglia in quel momento, rispetto alla protezione dei due figli che erano all’epoca molto giovani e che all’improvviso avevano perso la madre in una maniera così terribile. Forse, rispetto alla bandiera, posso dire che la famiglia reale non aveva capito in quel momento che la gente non era a conoscenza del suo fattivo significato, e perciò si aspettava la bandiera a mezz’asta. Non avevano capito questo. Ma per il resto la reazione è stata semplicemente la reazione di una famiglia vera e propria nei rispetti della perdita di un suo membro in un modo terribile, ma soprattutto della madre dei due ragazzi. E loro erano ben consapevoli che al di fuori di Balmoral c’era un mondo pronto, anche a fini di bene, anche a fini di informazione, a gettarsi come avvoltoi su questi due ragazzi e sugli altri membri della famiglia attraverso i media. Sarebbe successo a livello umano, ben oltre i confini del dovere di informazione. Qui il protocollo non c’entra niente, qui si tratta semplicemente di sentimenti umani e del bisogno, tipico di ogni famiglia, di proteggere i piccoli”.

    Lei ci mostra squarci di intimità quotidiani della regina, con queste immagini che la ritraggono, ad esempio, con la borsa dell’acqua calda, i capelli appuntati con delle forcine, in vestaglia, a letto con il principe Filippo, lei che guida personalmente l’automobile eccetera. Sono cose che rispecchiano un suo apporto personale interpretativo o attingono dalla realtà?

    HELEN MIRREN: “Sicuramente guida (la regina) personalmente la sua auto. Nella seconda guerra mondiale ha lavorato davvero come meccanico di auto e quindi conosce la meccanica delle auto. Sicuramente non sappiamo per quanto attiene all’acconciatura dei capelli con delle forcine. Non sappiamo se è vero, ma sappiamo sicuramente che a Balmoral fa molto freddo, perciò pur non avendo certezze in proposito, è probabile che una borsa di acqua calda possa servire”.

    Il film salva un po’ tutti. I personaggi ne escono tutti bene. L’unico che esce un po’ dal coro è quello della Principessa Diana che viene più vista come fenomeno mediatico. Che ne pensa?

    HELEN MIRREN: “Il film non è su Diana. Il film tratta essenzialmente di ciò che la morte di Diana ha rivelato circa i rapporti tra la monarchia e la società britannica di quel periodo… Diciamo che nel film la sua morte è il punto catalizzatore che dà l’avvio all’intera vicenda che tratta le cose che vi ho detto”:

    Ha mai incontrato la regina? E se l’operazione di maquillage per ricreare il personaggio è stato così breve, le ha richiesto poco tempo, su cosa si è concentrata a livello preparatorio?

    HELEN MIRREN: “L’ho incontrata una trentina di secondi cinque o sei anni fa e ne sono rimasta affascinata, come del resto avevo sentito dire da altre persone che l’avevano incontrata anche brevemente, perché di persona è divertente, affascinante e molto vivace. Chiaramente non ho potuto usare questo breve momento di incontro per costruire, impersonare, la regina. Per prepararmi al ruolo mi sono rifatta a tutte le pellicole e a tutte le immagini che ho potuto trovare, tutti i libri che sono stati scritti sull’argomento, e poi ho usato molto la mia immaginazione. Dopo tutto questo, il punto di partenza è stato la voce, ma non tanto la voce in sé, quanto il cercare di capire da dove questa veniva, da dentro quale persona veniva questa voce. Una volta messo a fuoco questo, tutto l’aspetto fisico è stato poi siglato e suggellato dai costumi, dagli abiti”.

    Lei ama gli animali come…, i leoni d’oro?

    HELEN MIRREN: “Amo molto gli animali ed è stato bello lavorare con i cani nel film… Per me un Premio è un po’ come una bolla che catturi mentre vola nell’aria, per un momento la tieni in mano finchè improvvisamente non scoppia. Beh, però per quel momento che la tieni, può essere certamente gratificante”.

    Personalmente, lei che sentimento ha provato con la morte di Diana?

    HELEN MIRREN: “Non ricordo molto bene. Non credo di essere stata né in Inghilterra, né in America quando è morta… Diciamo che la prima reazione è stata di incredulità. La notizia mi è arrivata subito attraverso i media, perché proprio attraverso i media Diana era diventata talmente parte della nostra vita… Era un’ossessione quella che i media avevano sviluppato… Era impossibile sfuggire alla sua immagine. Perciò questo taglio improvviso, questa sua improvvisa scompara è stata molto scioccante”.

    STEPHEN FREARS e PETER MORGAN

    Avete mai pensato di fare il film partendo da una fase precedente alla morte di Diana?

    PETER MORGAN: “In realtà neanche per un attimo. Quando i produttori mi hanno avvicinato mi è stato chiesto di scrivere un film che parlasse della morte di Diana. Però il discorso è questo. Se tu scrivi la storia prima della sua morte, allora è una storia di complotto, con le relative spiegazioni, se tu scrivi la storia dopo la sua morte, a quel punto diventa una storia politica, che riguarda il conflitto costituzionale tra la Regina e il Primo Ministro, e devo dire che per me, la seconda parte risultava di gran lunga più interessante di quanto non lo fosse la prima. Io ho fatto anche un pochino di ricerca sul momento che precede la morte di Diana, però non sono riuscito a trovare un modo che risultasse per me interessante, non riuscivo a trovare nulla tale da spingermi a scrivere un film che valesse la pena, una sceneggiatura che valesse la pena di realizzare”.

    Questo feeling che si instaura tra la Regina e Tony Blair è un risvolto articolato sul piano privato o anche su quello politico?

    STEPHEN FREARS: “In realtà non credo che da parte di Blair ci sia stato tutto questo calcolo… Quando la regina decise di lasciare il castello di Balmoral e di tornare a Londra, nessuno sapeva quale sarebbe stata la reazione da parte dell’opinione pubblica, della gente che era fuori per strada, anzi, temevano atteggiamenti ostili, contro la regina. E credo che quella sia stata l’unica occasione… Non ricordo nessun altro momento, in cui ci sia stato nei confronti della regina, ossia nei confronti della monarchia, un atteggiamento di ostilità come invece si percepiva in quei momenti, e anche un atteggiamento critico da parte dell’opinione pubblica. Quelli sono stati gli unici momenti. D’altra parte quelli erano i giorni in cui c’era questo tipo di atteggiamento e Tony Blair era il Primo Ministro, quindi qualcosa doveva cercare di fare. Io presumo che anche lui temesse la possibilità magari di qualche protesta da parte del pubblico durante il funerale”.
    PETER MORGAN: “Oltretutto, mentre mi accingevo a scrivere, all’interno del film, la storia su Tony Blair, non volevo che facesse esclusivamente riferimento al 1997 e quindi a quel momento e a quel periodo, perché il mio timore e la mia idea erano che probabilmente io e Stephen (Frears) non avremmo più avuto la possibilità di fare un film che raccontasse quello che Tony Blair è diventato oggi. Quindi, all’interno di questa storia, ho voluto raccontare un piccolo microcosmo e mostrare questa trasformazione, questo passaggio da uomo arrivato al premierato con grandissime promesse di rivoluzione, di ammodernamento che alla fine si trasforma in una specie di tradizionalista conservatore. Ho cercato, in un certo senso, di raccontare anche quello che Tony Blair sarebbe diventato poi, quella che è stata la sua parabola, e non ho certo bisogno di dirvi quello che Tony Blair è oggi, quello che la gente pensa di lui, come viene percepito, come viene visto”.

    Non avete mai avuto timore, scegliendo un’attrice così carismatica come Helen Mirren per interpretare la regina, di porgere un ritratto del personaggio in una luce più affascinante di quanto non lo sia nella realtà? La regina Elisabetta sembra essere un personaggio più ‘grigio’, indubbiamente meno carismatico di Helen Mirren.

    S. FREARS: “Dovete capire una cosa, che la regina è parte integrante dell’inconscio, del DNA dell’inglese, del britannico, l’abbiamo proprio scolpita in mente, nella nostra testa. E’ una cosa ineludibile, non puoi sfuggire, non ne puoi fare a meno. E’ questo un tipo di film, se vogliamo, freudiano, o che comunque che ha qualcosa a che fare con Freud. La regina è lì, non la puoi eliminare, c’è , fa parte della nostra vita, fa parte del nostro essere…”.

    Stando così le cose, come reagiranno gli inglesi a una possibile sparizione della loro regina, dopo cinquant’anni di regno?

    S. FREARS: “Sicuramente sarà un evento di portata eccezionale… La morte della regina segnerà un evento straordinario, particolare nella vita dell’Inghilterra, e sicuramente ci saranno cambiamenti, mi auguro”.

    L’idea che si ha uscendo da questo film è che il personaggio meno amato sia proprio quello di Diana. Sembra che chi ha scritto il film si sia sentito dalla parte della regina.

    S. FREARS: “Non credo che sia così. In realtà il film è anche estremamente critico nei confronti del matrimonio tra Carlo e Diana e nei confronti di coloro che hanno organizzato questo matrimonio, perché questo è un matrimonio combinato dagli adulti, ovviamente con la conduzione di Carlo e Diana. Il film in questo senso è estremamente critico anche perché poi di fondo è da questo matrimonio che cominciano i guai”.

    Nei primi film della sua carriera sembrava che lei fosse contro l’establishment. Vorrei chiedere se ha seguito un percorso come quello di Tony Blair, visto che qui è molto più buono con l’establishment.

    S. FREARS: “Non credo che l’establishment sarebbe daccordo con quello che ha appena detto. Non è così. E’ estremamente complicato. D’altra parte Tony Blair all’epoca aveva vinto con una stragrande maggioranza di voti. Una percentuale altissima. Veniva un po’ considerato una specie di Gesù Cristo, incapace di fare alcunché di sbagliato. Da parte mia può essere considerato estremamente eroico il fatto di aver fatto un film su Tony Blair che lo loda nel momento in cui egli è al passo in termini di consensi, soprattutto in riferimento a quello che è successo in questi ultimi cinque anni. In realtà viene tutto filtrato da questa sensazione di delusione che si prova rispetto a quello che è successo…”.

    A un certo punto in conferenza stampa lei ha detto che avete cercato di documentare tutto il possibile. Poi però ha aggiunto di aver scoperto anche mondi molto pettegoli, pronti a parlare gli uni contro gli altri.

    P. MORGAN: “Si odiano a vicenda… - le cerchie, gli ambiti di riferimento di Carlo (…), Diana (…) e della regina (Buckingham Palace) - sono assolutamente autonomi, indipendenti, ciascuno con il proprio budget, ciascuno con il proprio staff con decine e decine di dipendenti addetti. E proprio in virtù di questa indipendenza, ciascuno di loro ha orde e orde di ex dipendenti più che contenti di parlare e rivelare quello che succedeva. E quindi la prospettiva, l’opinione di quello che era successo in quei giorni variava considerevolmente da una versione all’altra. Sembravano delle vere e proprie fazioni che facevano a gara nel dare informazioni, l’una contro l’altra. Tutte queste persone poi hanno addetti alle pubbliche relazioni, addetti stampa, e cose di questo genere, e in un certo senso, hanno veramente messo in estremo imbarazzo anche gli stessi politici”.

    Malgrado tutto sia stato ampiamente documentato e provato, vi è mai capitato, mentre facevate il film, di trovarvi di fronte a dei buchi non documentabili, che vi siete ritrovati a riempire in qualche modo?

    P. MORGAN: “Me lo auguravo fortemente perché a quel punto potevo utilizzare la mia immaginazione, ma così non è stato”.

    Siete venuti accompagnati da avvocati?

    P. MORGAN: “No. Quando gli avvocati hanno letto la sceneggiatura del film, la persona che temevano di offendere più di tutti era Cherie Blair. E’ lei che soprattutto temevano di offendere perché sa essere molto aggressiva con la stampa. Poi, comunque, in un Paese in cui regna la satira, i fumetti e cose di questo genere, questo film è assolutamente ed estremamente innocente. Se soltanto andate a guardare quello che viene pubblicato quotidianamente dai tabloid, questa è veramente una cosa da educande. Nessun altro come Stephen (Frears) avrebbe potuto fare un film di questo genere, perché lui è una persona sufficientemente matura e capace da essere in grado di trattare questi personaggi come degli esseri complessi, tridimensionali, intelligenti, umani, con dei sentimenti. Secondo me è in questo che il film è in qualche modo rivoluzionario. Non è affatto un film conservatore”.


    (A cura di PATRIZIA FERRETTI)


     
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