LA RIVENDICAZIONE FEMMINILE DI CRISTINA COMENCINI
Perchè la sua nuova piece teatrale 'Due partite' potrebbe anche diventare un film?
27/06/2006
- E' avvenuto a Fiano Romano, il paese di Sabrina Ferilli, in seno al piccolo Festival Lo schermo è donna, quando Simonetta Robiony ("La Stampa", 10 giugno 2006, p. 26) ha chiesto a CRISTINA COMENCINI "se una differenza esista tra il modo in cui un autore maschio racconta la donna e quello in cui lo fa un autore femmina".
La risposta di Cristina Comencini:
"Le feste di famiglia, la cucina, i figli, i parti, la fatica del lavoro fuori casa, mi sembra riguardino più noi. O almeno mi pare diverso lo sguardo con cui li osserviamo, l'attenzione con cui li descriviamo. E' il mondo femminile ch eoggi va affrontato e esplorato di nuovo al cinema perché è come se ce lo fossimo dimenticato... Ho appena messo in scena 'Due partite', a teatro, dove confronto la nostra generazione e quella delle nostre madri. Ho riflettuto a lungo sulla questione. Forse ne farò addirittura un film. Siamo noi stesse che per lo sforzo di omologarci, di stare alla pari, di rivendicare diritti negati, abbiamo dimenticato cos'è la femminilità. Stiamo sempre in pantaloni e se ci vien da piangere in ufficio rimandiamo indietro le lacrime, scordandoci che Ulisse, il grandioso, eroico Ulisse dei greci, piangeva quando faceva i suoi racconti".
Alquanto opportuna l'osservazione della Robiony: 'C'è proprio bisogno di tornare a quel mondo, visto che quest'altro non l'abbiamo ancora conquistato?'
La risposta di Cristina Comencini:
"Secondo me sì. Per noi donne, perché non possiamo continuare a negare l'appartenenza al nostro sesso per essere uguali a ciò che non siamo. Per gli uomini, perché hanno nostalgia di alcune qualità femminili sbiadite e cancellate da un'esistenza che per entrambi è ormai incentrata sul lavoro, negando a tutti e due il tempo della vita".
Ci uguriamo, dato l'interesse del tema che riguarda il pianeta donna così da vicino, che Le due partite di Cristina Comencini non resti riflessione limitata ad una piece teatrale e che trovi la chiave e i mezzi per crescere e svilupparsi in un progetto in celluloide, e dunque concretizzarsi in un film. A giudicare dalle premesse potrebbe essere un qualcosa di cui si sente davvero il bisogno, soprattutto di questi tempi: riflettere, evitando l'omologazione globalizzante anche della persona, come sempre più spesso, purtroppo, sembra verificarsi.
(A cura di Patrizia Ferretti)
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