I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Da Venezia 80. - Orizzonti - Debutto alla regia di Micaela Ramazzotti (anche co-sceneggiatrice) che comunque interpreta anche la protagonista - Dal 21 Settembre
"Felicità è la mia opera prima e sono così orgogliosa e onorata che proprio la Mostra del Cinema di Venezia sia il primo festival ad accoglierla e a volerle bene. La storia, che è in parte ispirata a qualcosa di autentico, parla di una famiglia patologica, di un percorso psichiatrico, di una relazione squilibrata, di mediocrità educativa e sociale e di come lo spirito dell’Italia di questi anni si rifletta sulle persone meno attrezzate. C’è voluta da parte mia un po’ di faccia tosta a interpretare Desirè, perché non è certo il ritratto edificante di una donna virtuosa, anzi è decisamente imperfetta, ingenua, un po’ bugiarda e anche patetica"
La regista, co-sceneggiatrice e attrice Micaela Ramazzotti
(Felicità; ITALIA 2022; drammatico; 104'; Produz.: Lotus Production con Rai Cinema; Distribuz.: 01 Distribution)
Cast: Micaela Ramazzotti (Desirè Mazzoni) Max Tortora (Max Mazzoni) Anna Galiena (Floriana Mazzoni) Sergio Rubini (Bruno) Matteo Olivetti (Claudio Mazzoni) Beatrice Vendramin (Ludovica) Marco Cocci (Riccardo Montero) Massimiliano Franciosa (Luciano) Giovanni Veronesi (Giovanni Veronesi)
Musica: Carlo Virzì
Costumi: Catia Dottori
Scenografia: Paolo Sansoni
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Jacopo Quadri
Makeup: Chiara Fulli
Casting: Armando Pizzuti
Scheda film aggiornata al:
28 Gennaio 2024
Sinossi:
In breve:
Questa è la storia di una famiglia storta, di genitori egoisti e manipolatori, un mostro a due teste che divora ogni speranza di libertà dei propri figli. Desirè è la sola che può salvare suo fratello Claudio e continuerà a lottare contro tutto e tutti in nome dell’unico amore che conosce, per inseguire un po’ di felicità.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Si direbbe che delle ‘storture’, caratteriali, familiari, sociali, Micaela Ramazzotti abbia fatto il suo cavallo di battaglia: ne sono testimoni i suoi personaggi. E questa nuova donna, Desiré, non fa eccezione. Questa volta però, Micaela Ramazzotti la esplora con una profondità maggiore, ponendosi davanti, ma anche dietro la macchina da presa, dando vita al suo debutto come regista. Felicìtà è passato per la 80. Mostra d’arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti-Extra, e parla di un miraggio, perseguito con tenacia, per quanto sfugga puntualmente di mano, mentre si cavalca un disagio psichico importante che nasce proprio in seno alla famiglia di origine.
Non lasciamoci fuorviare dagli inizi, perché ridurrebbero la reale portata sia della persona ‘raccolta’ dalla Ramazzotti nel personaggio di Desirè, parrucchiera per le star del cinema, per quanto non certo delle alte sfere, che della disfunzionale famiglia di origine, cui è ancora molto legata per quanto conviva con l’attempato
professore universitario Bruno di Sergio Rubini. La scena iniziale in camerino la ritrae sbozzata in una persona superficiale, che non riesce a dire di no, incapace a porsi dei limiti e a di arginare gli altri con degli stop. Anche con Bruno/Rubini, Desiré/Ramazzotti, non riesce a parlare se non offrendo il proprio corpo, pensando così di risolvere tutto, cercando in qualche modo di nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma Desirè/Ramazzotti è sempre pronta a correre in aiuto della famiglia: per i genitori - il padre, attorucolo e cabarettista Max Mazzoni di Max Tortora e la madre, la casalinga Floriana di Anna Galiena che si riveleranno truci manipolatori, egoisti ed alquanto sciacalli - e, soprattutto, per il fratello Claudio (Matteo Olivetti), rimasto come dire, in ostaggio della visione ‘populista’, razzista e retrograda dei due relitti umani che lo hanno messo al mondo. Genitori che mortificano e chiedono, chiedono sempre. Ma
non sapremo mai quanto, finché non arriviamo nella seconda parte del film, in cui la Ramazzotti dona al suo personaggio sfumature altre di carattere, in un dramma in cui la vittima elettiva è proprio lei, e non altri: perché è lei che ha sempre pagato per gli altri, fin dall’età di dieci anni ed è ancora lei a perdere ogni cosa alla fine. E se tra lei e il compagno poteva comparire un barlume di comprensione e di sostegno, per come andranno le cose, sfuma tutto come neve al sole, all’ombra di un’illusione, peraltro nutrita male.
Dei personaggi borderline la Ramazzotti ha fatto il suo fiore artistico all’occhiello ma, mentre in Felicità lo ricorda allo spettatore in una sorta di resumé iniziale, proprio in punta di disagio psichico, esasperando pure alcune linee narrative che ne scompigliano l’armonia - ma forse è pure una scelta - a poco a poco si
porta sempre più oltre, per spingere la sua Desirè verso una generosità superiore, che scarta dalla pura ingenuità: pensa prima agli altri che a se stessa, malgrado tutto, costi quel che costi. Come regista poi, la Ramazzotti tocca le corde più melodrammatiche accordandosi con tratti di musica altisonante, e scegliendo un montaggio alternato straziante che, verso la fine, parla da solo. E in una sconcertante scena di 'derisione sul set' regala al padre Max/Tortora una eccellente maschera tragica, sia pure indossata in modo inconsapevole. A tirar le fila di questo dramma a tutto tondo, il suo primo piano, in cui filma il vuoto interiore della sua Desirè alla stazione, dopo che ha aiutato il fratello a prendere il treno: il miraggio di una felicità possibile, ancora una volta per gli altri, ma non per se stessa.