RECENSIONE - Olivia Colman e Jessie Buckley - di nuovo insieme dopo La figlia oscura, opera prima di Maggie Gyllenhaal - vestono qui i panni di due donne agli antipodi che il destino renderà complici - Dal 18 Aprile
(Wicked little letters; Francia, Regno Unito 2023; Dramedy; 100'; Produz.: Blueprint Pictures, South of the River Pictures, StudioCanal; Distribuz.: BIM Distribuzione in collaborazione con Lucky Red)
Soggetto: Il film racconta di come gli abitanti del piccolo paesino inglese di Littlehampton si ritrovino da un giorno all'altro a ricevere lettere scandalose e oscene. In breve tempo si diffonde nella comunità la voce secondo cui dietro la misteriosa identità del mittente possa celarsi l'intraprendente e single Rose Gooding (Jessie Buckley). A causa delle accuse, però, quest'ultima rischia di perdere la custodia di sua figlia, ma prima che ciò possa accadere un gruppo di donne si propone di investigare per risolvere il mistero.
1922. Una cittadina affacciata sulla costa meridionale dell’Inghilterra è teatro di un farsesco e a tratti sinistro scandalo. Basato su una bizzarra storia vera, Cattiverie a domicilio segue le vicende di due vicine di casa: Edith Swan (Olivia Colman), originaria del posto e profondamente conservatrice, e Rose Gooding (Jessie Buckley) turbolenta immigrata irlandese.
Quando Edith e altre sue concittadine iniziano a ricevere lettere oscene piene di scabrosità , i sospetti ricadono immediatamente su Rose. Le lettere anonime scatenano una protesta a livello nazionale che scaturisce in un processo. Saranno le donne – guidate dalla poliziotta Gladys Moss (Anjana Vasan) – a indagare sul crimine, sospettando che le cose potrebbero non essere come sembrano.
Siamo nel 1922 a Littlehampton, una cittadina costiera dell’Inghilterra, evidentemente terreno fertile per gli scandali, soprattutto se costruiti ad arte, e ancor più se ai danni di una donna a dir poco anticonformista. Ottimo materiale per un irresistibile dramedy, che qui si fregia di interpreti ultra consumati, cui è stato peraltro chiesto di sporgersi, un tantino oltre i limiti, sortendo in un affresco farsesco, quando, di fatto, è di un dramma vero e proprio che si tratta. Gli anni Venti si sa, non sono certo il massimo per l’emancipazione femminile, e in una cittadina di provincia è facile scadere dalla fede
e dalla religione integrali al bigottismo tra i più ottusi e degeneranti. Ne abbiamo già viste di belle nel cuore rurale dell’Irlanda, e persino molto più avanti negli anni - i Sessanta, e dunque quaranta dopo l’epoca di Cattiverie a domicilio - (il Magdalene di Peter Mullan docet), e l’Inghilterra non è certo da meno.
Olivia Colman e Jessie Buckley tornano dunque a fare coppia in celluloide dopo La Figlia oscura di Maggie Gyllenhaal, e si confermano due leonesse, solidali e antagoniste ad un tempo, straordinarie competitor sul ring di quel che si afferma di lì a poco quale protesta a livello nazionale,
e a trovare quella inimmaginabile quadra, cui allo spettatore viene concesso il beneficio dell’anteprima.
Umori e toni della vicenda, almeno da un certo punto in poi, sembrano ispirati, ai noir di Agatha Christie, cui ammicca pure il titolo originale del film, che ne rievoca un romanzo: dinamiche noir e processuali, con la più improbabile e dilettante dei detective, ne sono del resto gli ingredienti pilota, ma Cattiverie a domicilio si direbbe nutrirsi di un mix tragicomico di generi, sfuggevoli come anguille, sempre pronte a scambiarsi di posto. Eppure, l’esasperazione dei toni, quasi sempre sopra le righe, tradisce sostanzialmente una cornice… platealmente teatrale.