I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dalla 21. Festa del Cinema di Roma - Alice nella Città - Dal 29 Febbraio e Dal 24 Aprile in streaming su Disney+
"La cosa che ho amato di più del romanzo è il suo concetto centrale: cosa succederebbe se incontrassi di nuovo i tuoi genitori molti anni dopo la loro morte e ora avessero la tua età ? Era un modo davvero emozionante per esplorare la natura della famiglia. Questo è diventato il mio punto di partenza... Adattare il libro è stato un processo lungo e talvolta doloroso. Volevo esaminare il mio passato proprio come fa Adam nel film. Ero interessato a esplorare le complessità dell’amore familiare e dell’amore romantico, ma anche le peculiari esperienze vissute da una specifica generazione di persone gay cresciute negli anni Ottanta. Volevo allontanarmi dalla tradizionale storia di fantasmi del romanzo per trovare qualcosa di più
psicologico, quasi metafisico"
Il regista e sceneggiatore Andrew Haigh
(All of Us Strangers; Regno Unito, Usa 2023; Dramma romantico; 105'; Produz.: Blueprint Pictures, Film4, Searchlight Pictures; Distribuz.: The Walt Disney Company Italia)
Soggetto: Dal romanzo Estranei dello scrittore giapponese Taichi Yamada, già adattato cinematograficamente in The Discarnates (1988).
Preliminaria - Premi e Riconoscimenti:
2024 – Golden Globe
Candidatura per il miglior attore in un film drammatico ad Andrew Scott
2024 – BAFTA
Candidatura per il miglior film britannico
Candidatura per il miglior regista ad Andrew Haigh
Candidatura per il miglior attore non protagonista a Paul Mescal
Candidatura per la migliore attrice non protagonista a Claire Foy
Candidatura per la migliore sceneggiatura non originale ad Andrew Haigh
Candidatura al miglior casting
2023 – British Independent Film Awards
Miglior film indipendente britannico
Miglior regista ad Andrew Haigh
Miglior interpretazione non protagonista a Paul Mescal
Miglior sceneggiatura ad Andrew Haigh
Miglior fotografia a Jamie D. Ramsay
Miglior montaggio a Jonathan Alberts
Miglior direzione musicale a Connie Farr
Candidatura per la miglior interpretazione protagonista ad Andrew Scott
Candidatura per la miglior interpretazione non protagonista a Jamie Bell
Candidatura per la miglior interpretazione non protagonista a Claire Foy
Candidatura per il miglior casting a Kathleen Crawford
Candidatura per il miglior trucco e acconciature a Zoe Clare Brown
Candidatura per la miglior scenografia a Sarah Finlay
Candidatura per il miglior sonoro a Per Bostrom
E' ambientato a Londra dove una notte, in un palazzo semivuoto, Adam (Andrew Scott), fa la conoscenza del suo vicino Harry (Paul Mescal). È un incontro casuale ma che a entrambi sembra essere avvenuto per un motivo. I due iniziano a frequentarsi e la vita monotona di Adam sembra cambiare in fretta. La loro profonda relazione risveglia i fantasmi del suo passato che decide di voler affrontare insieme a Harry. Primo tra tutti, tornare nella sua casa d’infanzia dove non è più stato da oltre trent’anni, e cioè da quando sono morti i suoi genitori (Claire Foy e Jamie Bell) e lui era ancora un bambino. Arrivati lì, Adam scopre sconcertato che sua madre e suo padre abitano ancora in quella casa, sono vivi e hanno la stessa età dell'ultima volta che li ha visti...
In dettaglio:
Adam è uno sceneggiatore col blocco dello scrittore che vive in un nuovo condominio praticamente disabitato a nord di Londra. Una sera gli bussa alla porta Harry, un giovane vicino che si sente solo e vorrebbe trascorrere la notte in compagnia. Ma per timidezza Adam rifiuta e gli chiude la porta in faccia.
Per cercare di superare il blocco che lo affligge, Adam decide di tornare a Croydon per vedere la casa dove aveva vissuto coi genitori prima che morissero entrambi in un incidente stradale quando aveva dodici anni. Stranamente, viene accolto in casa proprio dalla madre, identica all'ultima volta che l'aveva vista una trentina d'anni prima. Nel corso di alcune visite, Adam ricostruisce il rapporto coi genitori, aggiornandoli sulla sua vita e facendo coming out con loro. Mentre la madre inizialmente fatica ad accettare la notizia, il padre confessa di averlo sempre saputo e di averlo sentito piangere spesso di notte a causa del bullismo omofobico, ma di non aver mai avuto il coraggio di entrare in camera sua a confortarlo.
Al suo risveglio, Adam è in casa, amorevolmente accudito dai genitori. I due gli comunicano che quella sarà l'ultima volta che potrà rivederli e Adam, disperato, supplica di avere più tempo insieme. I genitori decidono allora di fare un'ultima cena insieme in un centro commerciale e, durante il pasto, il padre gli chiede se la loro morte è stata rapida e indolore. Adam, mentendo, afferma che entrambi sono morti sul colpo senza accorgersi di niente e mentre narra l'evento i genitori sembrano riviverlo, morendo ancora una volta.
Dietro questo metafisico ed ammaliante affresco della solitudine, una fotografia spiccatamente umbratile (Jamie Ramsey), due interpreti ineccepibili (Andrew Scott e Paul Mescal) e una regia, come dire, ‘militante’ (il regista britannico Andrew Haigh). Militante a tal punto da far virare il romanzo di riferimento, Estranei, dello scrittore giapponese Taichi Yamada, proprio sul quel versante, per quanto, di fatto, si tratti di un film tutto mentale. Il lato visionario di presenze del passato (i genitori Jamie Bell e Claire Foy) che tornano dal trapasso, in una sorta di dimensione parallela percepita come assolutamente reale, per condividere l’età adulta di colui che fu già il loro bambino (l’Adam di un intenso Andrew Scott), è il binario più straordinario della linfa narrativa della storia, qui peraltro straordinariamente realizzato e interpretato. Binario talmente autoportante che non avrebbe avuto bisogno di soffermarsi più di tanto sul registro dell’omosessualità del primo protagonista – l’Adam di Andrew
Ne esce una parabola di dolore e solitudine tracciata da una dimensione privata fatta di silenzi assordanti, contrapposti ad una Londra frenetica che non si sente, che si nega, mantenendosi a distanza. Ora il nostro Adam/Scott è un uomo adulto, uno
sceneggiatore con il blocco dello scrittore, ma che si direbbe in una sorta di stand by vitale, sospeso, nel cercare di ritrovarsi. E non è facile, per quanto l’isolamento per scrivere sia stato in qualche modo cercato, ritrovarsi in un condominio sostanzialmente vuoto, abitato solo da quell’Harry (Paul Mescal), disinvolto e talmente solo, non sopportando tutto quel silenzio, da bussare alla porta del vicino per un po' di compagnia. Il cortese rifiuto di Adam/Scott innesca una parabola che sembra aprire a un ripensamento e a una relazione affettiva tra i due, anche sessuale e fin troppo insistita, si direbbe quasi ossessiva, per quanto espressa con una certa eleganza formale. Eleganza formale felicemente superiore e dominante ad esempio in A Single Man di Tom Ford. Sugli eccessi di droga e alcool poi - non c'è solitudine che tenga! - si poteva anche soprassedere. Ma solo il drammatico finale in Estranei, rivelerÃ
quella parabola esistenziale declinata passionalmente a due, per quello che è veramente.
Così il film mentale, la proiezione metafisica di un dolore mai completamente metabolizzato, corre sul doppio binario - genitoriale e affettivo omosessuale - per andare a ricomporsi in un'unica, nuova identità ritrovata, redenta da un amore senza limiti e confini. Non a caso The Power of Love dei Frankie Goes To Hollywood si erge a canzone simbolo del film, rivendicando il potere salvifico dell’amore. Amore metaforicamente e spiritualmente ricreato con magistrale effetto visivo da quell'ultimo fotogramma da cui si allontana a poco a poco la macchina da presa, fino a che non è ridotto ad un puntino luminoso che si confonde con le altre stelle di un cielo stellato, pronto a dare vita ad un ultimo, brillante bagliore di luce, prima di cedere il passo ai titoli di coda. Una delicata perla di regia.
All of Us Strangers -
Estranei - era già stato adattato per il cinema con The Discarnates (I disincarnati, 1988), dal regista Nobuhiko Obayashi, giapponese come lo scrittore Yamada del romanzo, e indubbiamente più rispettoso e fedele alla traccia letteraria, laddove sul campo, fondamentale differenza con l’Estranei odierno del britannico Andrew Haigh, c’era una vicina di casa e non un vicino. E così nel precedente in celluloide giapponese, il protagonista, in preda a una profonda crisi personale, sceneggiatore di fiction tv ‘rivede’ i genitori morti da tempo e ha una storia con una vicina di casa. Dramma di "presenze" tipiche del cinema di Obayashi, il cui canone malinconico vira in un'angoscia che l'esistenza "disincarnata" del protagonista (in un limbo professionale e umano) sintetizza in modo piuttosto esplicito, prima di raggiungere un cupo finale che sfocia nell’horror. Una visione altra che abbraccia la fonte letteraria senza stravolgimenti di militanza autobiografica.