RECENSIONE in ANTEPRIMA - Dalla 79. Mostra del cinema di Venezia - Ancora inedito in Italia - Prodotto da Martin Scorsese, in questo dramma altamente intimista sul legame madre-figlia di Joanna Hogg (The Souvenir) brilla come non mai la protagonista assoluta Tilda Swinton - 2024 (?)
"Nel 2008 decisi di scrivere la sceneggiatura di un film che potesse cogliere, almeno in parte, il legame che ho con la mia anziana madre. Cresciuta durante la Seconda guerra mondiale, lei appartiene a una generazione di donne che teneva nascosti i sentimenti, aveva sperimentato la perdita senza sapere come trasformare il dolore, e a volte viveva tra rimpianti e sensi di colpa. Alla fine ho scoperto che il mio personale senso di colpa, naturalmente legato a quello di mia madre, mi impediva di creare una storia simile. Quando però, due anni fa, ho deciso di ambientarla in un hotel inquietante e misterioso, qualcosa è cambiato: ho capito che i fantasmi possono intrecciarsi alle nostre emozioni più profonde e intime"
La regista e sceneggiatrice Joanna Hogg
(The Eternal Daughter; USA/REGNO UNITO 2022; dramma del mistero gotico; 96'; Produz.: Element Pictures, A24, BBC Films, JWH Films, Sikelia Productions)
Cast: Tilda Swinton (Julie Hart/Rosalind Hart) Joseph Mydell (Bill) Carly-Sophia Davies (Addetta alla reception) Louis (Louis il cane) Crispin Buxton (Cugino) August Joshi (Tassista)
Una figlia di mezza età e la sua anziana madre devono confrontarsi con segreti nascosti da tempo quando tornano nella loro ex casa di famiglia, un maniero un tempo grandioso che è diventato un hotel quasi vuoto pieno di mistero.
In dettaglio:
La regista di mezza età Julie porta l'anziana madre, Rosalind, in un hotel appartato. Il padre di Julie è morto di recente e Julie vuole trascorrere del tempo con sua madre nella speranza di fare un film su di lei. L'hotel è un'ex casa di famiglia di Rosalind e racconta ricordi dolorosi che si sono verificati sul posto, tra cui un aborto spontaneo e la morte di un membro della famiglia durante la seconda guerra mondiale. Julie inizia a rimpiangere di aver dragato questi ricordi, ma Rosalind le assicura che non è colpa sua e che ha avuto ricordi felici anche nella casa d'infanzia.
Il giorno seguente, Julie lavora alla sua sceneggiatura e poi torna a casa.
Synopsis:
Middle-aged filmmaker Julie takes her elderly mother, Rosalind, to a secluded hotel. Julie's father has recently died and Julie wants to spend time with her mother in the hopes of making a film about her. The hotel is a former family home of Rosalind's and she recounts painful memories that occurred at the location, including a miscarriage and the death of a family member during WWII. Julie begins to regret dredging up these memories but Rosalind assures her that it's not her fault and she has had happy memories at the childhood home as well.
One night, Julie walks into her room to find her mother's dog gone. She searches the grounds frantically, enlisting the help of Bill, a hotel employee. Rosalind returns to the room and finds the dog sitting on the bed. She thanks Bill for his help and they share a drink as they bond over their shared grief; Julie's father and Bill's wife have both died recently. The following day, Julie overheards Rosalind talking with Bill. Rosalind says she feels sorry for Julie because she has no children of her own and dotes on her mother rather than her own children.
On Rosalind's birthday, Julie prepares a special supper for her, but when Rosalind says she is not hungry, Julie breaks down. She feels she cannot be happy when her mother is not happy and that she fears for the future as she has no children to take care of her when she is older. While bringing her mother a birthday cake, she cries and reveals that she is alone at the table and that her mother died in the past.
The following day, Julie works on her screenplay and then goes home
Tilda Swinton, protagonista assoluta è qui lo spettacolo nello spettacolo: è il doppio, ma se vogliamo includere proprio tutto, anche il triplo, pilastro,
su cui poggia l’intera architettura filmica. Una sorta di pseudo-thriller spalmato su uno scenario ‘goticheggiante’, che invece altro non è se non un percorso interiore intensissimo, popolato da fantasmi reali o immaginari: proiezione fisica della sofferta ricerca mentale ed affettiva della protagonista che, mentre si aggira sospettosa, e come rapita da un rarefatto stato di ‘sospensione’, spesso demoralizzata, con la sensazione di impotenza, raggira lo spettatore, con la piena complicità della regista Hogg, su una certa presenza-assenza. E lo fa in modo assolutamente credibile, con uno stato di emotività che non di rado raggiunge i suoi climax con le lacrime sincere di pianti improvvisi, necessari e, in qualche modo, confortanti, se non proprio rigeneranti. E’ questo il doppio sguardo che la regista Julie Hogg volge a se stessa e al legame con la propria madre nella vita reale, usando lo strumento che meglio conosce e che meglio la rappresenta: l’arte
della scrittura e della regia per il cinema. Un affresco d’introspezione piena al quadrato dunque - nella vita e nell’arte - per una pellicola autoriale tanto quanto la magistrale interpretazione che ha consentito tutto questo, compresso nell’immagine simbolo per eccellenza: quelle mani che si sfiorano in una carezza… ‘eterna’, tanto quanto le immagini fisse, ‘memory-card’ in bianco e nero seppiato, su cui scorrono i titoli di coda.