Dall'XI. Festa del Cinema di Roma (13-23 Ottobre 2016) - RECENSIONE ITALIANA e Preview in English by Guy Lodge (www.variety.com) - Dal 13 OTTOBRE
"Nel film ci sono personaggi che adoro come Robert Langdon, anche se io ho sempre voluto fare cose diverse. Credo sia più interessante che ripetersi ma c’è una cosa che mi affascina nei film tratti dai libri di Dan Brown, ognuno è diverso dall’altro e lui affronta sempre temi diversi in ogni avventura. Inferno è anche il più diverso dal punto di vista. Per questa serie, devo guardare al passato e rivisitare il personaggio che amo, pur continuando a dirigermi verso nuove direzioni... La mente allucinata di Langdon è tormentata da un uomo ossessionato da Dante. Viene costretto a mettere insieme i pezzi del puzzle e dare un senso agli indizi che gli si presentano di volta in volta".
Il regista Ron Howard
"Ho pensato che sarebbe stata una grande idea avere un malvagio che ha scoperto che la popolazione del pianeta è triplicata negli ultimi 80 anni, e che decide di risolvere il problema ritenendola una grande idea. Ho studiato Dante da ragazzo, sia alle superiori che all’università , ma ho dovuto leggerlo di nuovo diverse volte, per capire come un poema del tredicesimo secolo potesse diventare applicabile ad un thriller".
Lo scrittore Dan Brown
(Inferno; USA/GIAPPONE/TURCHIA/ITALIA 2016; Thriller del mistero; 122'; Produz.: Imagine Entertainment; Distribuz.: Warner Bros. Pictures Italia)
Soggetto: Dall'omonimo romanzo di Dan Brown, con l'adattamento di David Koepp.
Cast: Tom Hanks (Robert Langdon) Felicity Jones (Dr. Sienna Brooks) Ben Foster (Bertrand Zobrist) Sidse Babett Knudsen (Dr. Elizabeth Sinskey) Irrfan Khan (Harry Sims 'The Provost') Omar Sy (Christoph Bruder) Ana Ularu (Vayentha) Kata Sarbó (Gate Keeper) Ida Darvish (Marta) Wolfgang Stegemann (Agente Bouchard) Attila Ãrpa (Agente) Jon Donahue (Richard Savage) Christian Stelluti (Agente Rogue Bruder) Björn Freiberg (Affarista) Xavier Laurent (Antoine)
Musica: Hans Zimmer
Costumi: Julian Day
Scenografia: Peter Wenham
Fotografia: Salvatore Totino
Montaggio: Tom Elkins e Daniel P. Hanley
Effetti Speciali: David Watkins (supervisore effetti speciali); Jody Johnson
Makeup: Csilla Blake-Horváth (supervisore)
Casting: Nina Gold
Scheda film aggiornata al:
23 Novembre 2016
Sinossi:
IN BREVE:
Le avventure del simbolista di Harvard non sono finite. Il professor Robert Langdon (Tom Hanks) si risveglia in un ospedale di Firenze, vittima di una profonda amnesia, dopo che alcuni uomini misteriosi hanno tentato di ucciderlo e sembrano voler portare a termine il lavoro.
Alla base di tutto c'è un genio della genetica che ha deciso di salvare l'umanità dalla sua altrimenti inevitabile dissoluzione diffondendo un virus che riduca drasticamente il numero degli abitanti della Terra.
Robert Langdon si affida così al medico Sienna Brooks (Felicity Jones) per recuperare i suoi ricordi e svelare ancora una volta i misteri che si annidano intorno all’opera immortale di Dante, le cui immagini criptiche sembrano non voler abbandonare la mente dello studioso. Il Consortium, un’organizzazione segreta, sarà il nuovo nemico da sconfiggere.
Un ritmo ricco di tensione in una battaglia tra il bene e il male che sembrano avere confini molto sottili.
SHORT SYNOPSIS:
After waking up in a hospital room in Florence, Italy, with no memory of what has occurred for the last few days. Robert Langdon suddenly finds himself the target of a manhunt. With the help of Sienna Brooks, a doctor, and his knowledge of symbology he will try to escape whilst they have to solve the most intricate riddle Langdon ever faced.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Che la razza umana si sia fatta una brutta reputazione, soprattutto di questi tempi, non è un mistero per nessuno! Figuriamoci se lo è per Dan Brown, scrittore che sa come cavalcare l'onda del momento affilando ogni volta i ferri del mestiere, avanzando sulle sue intriganti mappe del mistero tra leggende popolari, fonti apocrife e dogmi accreditati o presunti. La fantasia non gli ha mai fatto difetto e quand'anche gli venisse a mancare sa bene dove andare a pescare. Così dopo Il codice da Vinci ed Angeli e demoni Dan Brown ha lasciato per un momento gli anfratti del Vaticano e le radici della cristologia per tastare il lato più laico - si fa per dire! - pescando nella cornucopia dell'imperatrice delle fonti storico-letterarie per eccellenza. E' difatti Dante Alighieri, e non solo con la sua Divina Commedia, a dettare legge nell'Inferno di Dan Brown, naturalmente un altro best seller
Ora, conclusa la pruriginosa premessa, sembrerebbe che mi
contraddicessi dicendo che gli inizi e gran parte della prima parte del film non solo risultano di grande impatto, ma sono pure senz'altro rivestiti dal velo di un'estetica ammaliante, forgiata nella fucina di un intrigante e affascinante montaggio. E' in quei paraggi che si intrecciano tra loro con notevole maestria diversi registri visivi: la visione carica di pixel e linee orizzontali tipica di un video a bassa frequenza come quello del monologo del famigerato Bertrand Zobrist di Ben Foster - individuo che avrebbe sicuramente fatto strada nelle file più blasonate di marca nazista ("Che c'è di male a sfoltire il gregge?") - con la realtà netta e cruda del risveglio traumatico in un ospedale di Firenze del medesimo professor Robert Langdon, il famoso simbolista di Harvard di nuovo incarnato da Tom Hanks, con rafforzata verve, e sempre più sofisticata ed incisiva intensità introspettiva, a cavallo di un trauma cranico che
La battaglia di Marciano, il calco maschera del volto di Dante), Venezia ed Istanbul. Indizi, tracce, simboli e un bel colpo di scena tra il grappolo dei più scontati che si lega al personaggio femminile della Dottoressa Sienna Brooks di Felicity Jones. Così, mentre per Indiana Jones il diktat 'cerca-trova' si appuntava sull'Arca dell'Alleanza, nell'Inferno di Ron Howard si impone all'attenzione la cassa stagna di vetro atta a sigillare un virus letale creato da chi aveva pensato ad una sorta di epurazione della razza umana. Una novella peste del terzo millennio diffusa di proposito per 'sfoltire' il genere umano, a beneficio di pochi sopravvissuti. Della serie abbasso il sovrappopolamento con tutto quel che ne consegue.
Detto questo, ammettiamo pure che nessuno qui manchi di talento per far scorrere il tutto verso la foce senza intoppi, in un'aura di appagante intrattenimento - effettivamente tradurre un poema del tredicesimo secolo, e non
solo, in un thriller poteva non essere così facile - peraltro orgogliosamente farcito di citazioni d'autore, tra Hitchcock (La donna che visse due volte) e Il fuggitivo appuntato sempre sulla gettonatissima sequenza di imboscamento del protagonista in una manifestazione di piazza (sono ormai in molti a riprenderne il motivo per adattarlo ad altri, diversi, contesti filmici). Un talento d'altra parte pari, si direbbe, all'arroganza che tracima da un passo raggelante. Come non accorgersi di quella clamorosa caduta di stile!? Di quelle che proprio non si riesce a mandar giù. A un certo punto, inoltrati ormai abbondantemente nella matassa di fughe e controfughe in un variegato inseguimento 'al gatto e topo', come si suol dire, arriva, inatteso, impensabile, il fendente. Del tutto gratuito, offensivo, inconsulto: quello che a un certo punto ferisce improvvisamente lo spettatore (italiano) dalle righe di una sceneggiatura come contaminata da una folata di scelleratezza. E' come una
pugnalata sferrata senza motivo (ma un motivo ci sarà sicuramente!), a tradimento, che sopraggiunge una battutaccia sugli italiani, appiccicata come un post it a lunga tenuta, a proposito dell'incoerenza di una cosa ma che "... per gli italiani andrà bene". Ecco, questo è l'unico enigma che per me è rimasto irrisolto di tutto l'infernale 'rebus' allestito dall'evidentemente supponente trittico, se non permaloso per qualche rospo sconosciuto che sia sopraggiunto a far loro visita magari proprio sul set italiano. E, come il gorgoglio delle battute e sequenze nell'approssimarsi di un finale sin troppo gigione, devo dire che non mi è piaciuto. E ancora mi chiedo quale sotto testo si nasconda dietro le cortine di quello zotico colpo basso.
Secondo commento critico (a cura di Guy Lodge, www.variety.com)
Ron Howard's third Dan Brown adaptation holds true to the letter and spirit of its source, though that's not necessarily a compliment.
In the long and spotty history of movie taglines, there have been few quite as noncommittal as the one dreamed up for “Inferno,†the third in director Ron Howard’s series of schlockbusters drawn from the nominal literary oeuvre of Dan Brown. “‘The Da Vinci Code’ and ‘Angels & Demons’ were just the beginning,†proclaim the posters — pretty inarguably, since “Inferno†is nothing if not a continuation of what they started. But there’s a hint of threat in those words too: If you found the first two films soulless and joyless, they imply, prepare for things to have gotten a little bit worse this time. And so it largely proves in the latest installment of perennially endangered symbologist Robert Langdon’s cryptic-lite adventures. As the addled professor dashes
around Europe trying to prevent a humanity-culling plague cooked up by a Dante-spouting madman, the film more or less goes through the popcorn motions, but with less technical finesse (and even less mischievous irony) than one might expect from the Howard imprint.
It’s left to a refreshingly diverse international cast of consummate professionals — led, once more, by an increasingly disconsolate-looking Tom Hanks — to breathe what conviction they can into this hoary material, but the result still gives the lie to the old industry maxim that great cinema can spring from trash literature. Sometimes film and novel can be alike in half-heartedly following a template; perhaps the most glowing thing that can be said about “Inferno†is that reliable screenwriter David Koepp (returning from 2009’s “Angels & Demonsâ€) has fully captured the essence of its source. Brown acolytes and adult audiences starved for non-supernatural genre fare might respond in sufficient
numbers to greenlight another jaw-clenched jaunt for Langdon, though it has been 10 years since “The Da Vinci Code†thudded onto screens — and seven since its follow-up suffered a notable dip in box office.
Already a long time in Hollywood years, that gap feels, if anything, even longer as “Inferno†gradually — very gradually — gets into gear. Now we’re past its pop-cultural zenith, Brown’s brand of cod-educational, cloak-and-dagger storytelling feels slightly dated, while Koepp’s script shows some self-awareness in this regard: “That’s quaint, I use Google,†responds early-millennial doctor Sienna Brooks (Felicity Jones), when Langdon cites a particular reference book. Howard, for his part, appears to have shot proceedings through a slightly yellowed 1990s filter: The tone and aesthetic here often recall that era’s odd spate of gaudily portentous, pseudo-theological thrillers in the vein of “End of Days†and “Stigmata.â€
Howard kicks things off, however, with a more incongruous “Vertigoâ€
reference — one of a couple, in fact — as crazed billionaire geneticist Bertrand Zobist (Ben Foster) falls to his death from the top of a bell tower in Florence. We already know he’s a deranged megalomaniac: A pre-credits sequence flashes through YouTube footage of one of his public addresses on the evils of over-population, in which he none-too-encouragingly advises that “pain can save us.†(In case viewers need additional visual shorthand, he’s also played by a sharply bearded Foster in his signature mode of unblinking intensity.) Days later, across town, Langdon is admitted to hospital with an apparent gunshot wound to the head; when he comes to, he has no recollection of how he came to be in Florence at all, let alone with the Carabinieri seemingly out for his blood.
In place of these more useful reserves of memory, however, he’s tormented by copious gungy CGI hallucinations rooted in
the eponymous first part of Dante’s “Divine Comedy†— rendered by Howard, d.p. Salvatore Totino and the effects team as a glossy, bile-hued disco Inferno in which assorted demonic beings gather to gurn, baby, gurn. “I’m having visions!†he pleads to assigned medic Brooks, who whisks him away from hospital when his pursuers arrive; “It’s the head trauma,†she replies helpfully. “Inferno’s†lurching, character-heavy plot is rife with supposedly brilliant minds being under-tested in this manner. Once more, Langdon’s reputedly unrivaled puzzle-solving skills are called upon as he traces the circumstances behind his peril, though they don’t get more challenging than picking and arranging letters out of a modified print of Boticelli’s “Map of Hell†— a game of Florentine Wheel of Fortune, if you will.
Such clues wind up leading Langdon and Brooks on the posthumous trail of Zobist, which threatens to end in the dead man’s rather drastic solution
to the global population crisis: a global plague of advanced design and Medieval proportions. As this apocalyptic treasure hunt leads them from Italy to Switzerland to Turkey, assorted parties of ambiguous allegiance join the race: World Health Organization director Elizabeth Sinskey (Sidse Babett Knudsen), who has some manner of history with Langdon, her French consort Christoph (Omar Sy) and the enigmatic Provost (a ripe Irrfan Khan, having the most fun of anyone here), head of a shady consulting group on no one’s exact side. The ensuing tangle of crossings and double-crossings is convoluted but not exactly complicated, while there’s a stern, let’s-get-to-work air to the film’s craft and conception that hampers whatever thrill of the chase “Inferno†has to offer. Fundamentally silly the film may be, but it never graduates to spryness.
It says a lot about the multiple blank spaces in Brown’s conception of Robert Langdon that Hanks, the ultra-genial
Jimmy Stewart of our day, hasn’t managed in three films to make him any less of a stiff; even with the fate of humanity at stake, it’s hard to work up much emotional investment in this humorless human composite of mansplaining and flannel. Jones, at least, provides some peppery zip to their scenes together, but it’s only the reliably worn-in (and currently, happily, ever-present) Knudsen who projects the blueprint here of an actual person. Her quiet exasperation and steely smarts might even mildly sweeten the prospect of a fourth film in this fusty franchise — that tagline may claim the first two films were the beginning, but promises nothing about “Inferno†being the end. “I need better from everyone! Better!†Knudsen barks at her orderlies in one scene of lukewarm pursuit. You heard the lady, folks.
Perle di sceneggiatura
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Warner Bros. Pictures Italia e Silvia Saba (SwService)