La Damigella d'Onore
07/09/2004 -
Press Conference & Dintorni
La Demoiselle d’Honneur/La damigella d’onore (Regia: Claude CHABROL)
Claude CHABROL, Laura SMET
FEDELE ALLA SCRITTURA CON POCHI, ESSENZIALI E SOTTILI, TOCCHI DI ORIGINALITA’. E IL NOIR E’ SERVITO
Claude Chabrol (Madame Bovary, Betty, L’inferno, Il buio nella mente, Grazie per la cioccolata, solo per citare qualche esempio tra i più recenti), si conferma un Maestro nell’elaborazione del genere giallo, e il parallelo con Alfred Hitchcock sorge, e non solo da oggi, legittimo e spontaneo, e ci si chiede se negli anni a venire resterà un punto di riferimento importante per il noir alla francese secondo Chabrol. La nostra domanda
raccoglie conferme: “Ciò che adoro in Hitchcock, e che ho anche utilizzato in questo caso, è la sua capacità di presentare in modo rapido e chiaro i personaggi secondari. Mi ricorderò sempre in uno dei suoi ultimi film, Frenzy, il personaggio della coppia che sale dal balcone e vedendo questa coppia si capiscono delle cose… Sono persone che non hanno nessun’altra importanza nella storia ma che finiscono per arricchirla, con qualche tocco qua e là e personalmente ho utilizzato molto di questo nel mio film. Cioè i personaggi secondari che portano al contempo un po’ di verità e di spessore,
perché esistono. Ed è per questo che ho voluto dagli attori l’esperienza, per questi ruoli, perché mi sembrava di dover dar loro l’importanza anche agli occhi dello spettatore ed è un modo per mettere lo spettatore nella direzione giusta rispetto al film”. Naturalmente per questa storia c’è un testo di riferimento che il regista ha fondamentalmente rispettato senza tradimenti: “A dire il vero - dichiara Chabrol - sono rimasto abbastanza fedele al libro, avevo già tratto da questo autore un altro mio film, La Cérémonie/Il buio nella mente, e in tal caso, pur rimanendo sempre fedele alla scrittura avevo apportato
senz’altro trasformazioni maggiori di quanto non abbia fatto con La damigella d’onore, dove la mia principale preoccupazione è stata quella di trasporre il romanzo inglese in un’ambientazione francese. Un’idea particolare non presente nel libro l’ho avuta con il dettaglio dell’abito azzurro da damigella d’onore usato come pretesto per la protagonista per andare a ricercare Philippe (Benoît Magimel)…non c’è alcuna suspense in realtà, ma si prova una sorta di angoscia misteriosa che sale, forse perché si perde la ragione nel senso stretto del termine…e con l’altro problema di trovare giovani attori validi per il film sono stato fortunato”. Gli attori sono fondamentali per una storia e Chabrol li studia a dovere per poter far tesoro di ogni loro naturale connotazione comportamentale, sfruttando anche circostanze di quotidianità al di fuori del set: “Con gli attori pranzo, ed è un ottimo sistema per studiarli, per osservare la loro gestualità, le loro attitudini comportamentali…sono cose che emergono in un pasto e che sono importanti…L’ideale per un regista, è che gli attori facciano ciò che sogna di veder realizzato senza doverlo chiedere e io ho avuto questa fortuna con Laura Smet e Benoît Magimel…”.
Chabrol è un meticoloso regista affascinato dal suo lavoro, un’entusiasta delle sue ricerche di approfondimento per il set, in cui tornano alcuni leiv-motif: oltre alla madre, nel caso specifico di questo film (quella mai conosciuta dalla protagonista Senta, quella di Philippe che li vede coinvolti in un legame profondo), vi è l’incarnazione del male affidata a una giovane donna e la presenza di casi-limite. Si tratta di psicologie umane dominanti, casi-limite che a un certo punto passano alla violenza e diventano patologici, elementi che Chabrol trova chiavi di particolare interesse, rispetto alla normalità, per far capire e per tenere incollato alla sedia lo spettatore, così come la predilezione per un’ambientazione di provincia, terreno fertile per presentare un caleidoscopio di possibilità umane senz’altro più interessante rispetto ad una grande città, come ad esempio Parigi, dove l’incomunicabilità regna sovrana.
(a cura di PATRIZIA FERRETTI)
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