Mar Adentro
04/09/2004 -
Press Conference & Dintorni
Mar Adentro - Mare dentro (Regia: Alejandro AMENÁBAR)
Alejandro AMENÁBAR, Javier BARDEM, BELÉN RUEDA (…)
LA GRANDE SFIDA DI AMENÁBAR E DELL’INTERPRETE PROTAGONISTA BARDEM: FILMARE L’ANIMA DI RAMÓN SAMPEDRO, RIPRODURNE L’ESSENZA CON ESTREMO RISPETTO NEI SUOI TRATTI PIU’ UMANI, RIFUGGENDO DA TRAPPOLE DEMAGOGICO-FILOSOFICHE
L’ovazione che ha accolto Mar Adentro in sala di proiezione prima e in conferenza stampa poi, è rivolta in particolare al regista Alejandro Amenábar (Tesis, Abre los Ojos, The Others) Javier Bardem (Le età di Lulù, Tacchi a spillo, Prosciutto Prosciutto, Carne tremula…). Non si può che rimanere stupefatti dalla capacità di trattare magnificamente un argomento
così difficile come l’eutanasia, che di per sé già conta annose controverse visioni, facendoci uscire con un sentimento positivo, malgrado tutto. Come puntualizzato nel corso della conferenza stampa, il film non vuole entrare nel merito della questione dando un giudizio personale perché con Mare Dentro si è trattato di entrare nel mondo interiore di Ramón Sampedro, protagonista della drammatica vicenda, che nella realtà ha voluto porre fine alla propria vita il 12 gennaio del 1998. Il regista non voleva che raccontando questa storia “il personaggio rimanesse ingessato lì, la sfida era quella di creare un film dinamico e non è
muovendo semplicemente la telecamera che si fa questo. Era possibile farlo solo entrando nel suo mondo interiore. Questi suoi viaggi al mare, questi sogni, questi voli sono stati la chiave di volta che ha permesso di far uscire il protagonista dalla stanza. Il nostro obiettivo era che il film stesso prendesse il volo… La storia di Sampedro - prosegue Amenábar - è stata molto nota in Spagna qualche anno fa e la pace e la serenità che traspaiono sono secondo me abbastanza scioccanti, poi c’erano alcuni elementi di fondo come il fatto che Ramón ha scritto un libro con la
bocca, era dotato di una certa sensibilità poetica, c’erano delle idee molto chiare alla base… credo che Ramón fosse capace di metterti di fronte al baratro della morte dicendo: ‘io posso farlo, non ti obbligo a farlo, ma io posso farlo’, quindi si tratta di un universo emotivo e noi volevamo che lo spettatore potesse sentirlo, quindi ho analizzato la sua figura e abbiamo scoperto il Sampedro intimo, umano, che faceva innamorare le donne attorno al suo letto, e poi il suo senso dell’umorismo di fronte alla morte…quel che è fondamentale per il film è il suo pensiero… per questo
la storia doveva essere raccontata in Spagna e ovviamente in lingua spagnola”. E’ più facile comprendere questo sorprendente senso dell’umorismo attraverso le parole di Javier Bardem: “Ramón aveva passato un tale inferno da considerare sacre poche cose. Vedeva le cose più drammatiche con un sano distacco, che a noi comuni mortali sembra persino offensivo, poiché abbiamo la tendenza a fare un dramma di ogni piccolo problema”. Dunque una grossa sfida cercare di far propri e riprodurli in maniera rispettosa e plausibile, in tutta la loro profondità. Per Javier “il film non vuole essere la difesa di nulla, semplicemente della libertà
di ciascuno di noi, secondo la visione di Sampedro, per cui ‘la vita è un diritto, non un obbligo’. L’impegno della vita nei confronti della vita”. Così Amenábar spiega l’inserimento nel film del dialogo tra Sampedro e il sacerdote: “Noi ritenevamo che la presenza della Chiesa in questo film fosse fondamentale perché ha molta influenza sulla vita sociale spagnola e quindi doveva essere rappresentata per tentare di essere equo e comunque rispettoso del suo discorso, che io non condivido peraltro. Per realizzare questo abbiamo preso i dialoghi di alcuni dibattiti fra un filosofo spagnolo e un rappresentante della Chiesa, utilizzando
gli argomenti dell’uno e dell’altro, e non abbiamo voluto che la conversazione assumesse il tono filosofico ma umano. Qui entra in ballo la famiglia di Ramón che ha sofferto molto quando è stata accusata dalla Chiesa semplicemente di non amarlo…”.
(a cura di PATRIZIA FERRETTI)
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