“Pone delle domande veramente difficili su cosa saresti disposto a fare per le persone che ami, ma guarda anche da vicino le varie relazioni interpersonali di una cittadina, quando succedono cose di questo tipo, inclusa la prospettiva di un poliziotto, che per alcuni è la soluzione del problema, mentre per altri è parte del problema... (il mio personaggio) Dopo essersi trovato nel sistema di detenzione minorile, alla fine ha trovato la sua via in un altro tipo di istituzione, il dipartimento di polizia. Credo che questo che lo renda impavido nel frequentare questo mondo: ha già vissuto queste situazioni; è un territorio a lui familiare... Tiene nascosta la sua storia, in particolare nel modo in cui si veste, anche se si intravedono i suoi tatuaggi. Passa molto tempo da solo, osservando gli altri, tenendo tuto per sé piuttosto che conversare con altre persone, tranne che sul lavoro. Ha intenzione di entrare nella mente del sospetto, per scavare nei recessi più bui della psiche criminale. Ha concentrazione, riserbo ed intensità, ma anche una ribollente rabbia interna e tutto ciò lo rende insistente, molto scettico a volte ed anche molto bravo nel suo lavoro. E lui lo sa... Dal punto di vista del mio personaggio, quello che vive un genitore in tali situazioni, è incomprensibile. Ma c’è anche una certa ingenuità in quello che Keller si trova ad affrontare; non ha esperienza nella risoluzione di questi casi, o conoscenza di quali dettagli bisogna tener conto. Abbiamo lo stesso scopo, ritrovare sua figlia, ma è l’esperienza a fare la differenza”. Jake Gyllenhaal
JAKE GYLLENHAAL (Cielo d’Ottobre, Donnie Darko, L'alba del giorno dopo, Nomination all’Oscar e ai SAG per I segreti di Brokeback Mountain, Proof-La prova, Jahered, Zodiac, Rendition), è Tommy, il fratello minore del pluridecorato marine Sam Cahill (TOBEY MAGUIRE ), nel film BROTHERS di JIM SHERIDAN (Il mio piede sinistro, Nel nome del padre, The Boxer, In America). Il fratello minore e anche ‘quello che ha sempre combinato casini’, ovvero, la pecora nera della famiglia:
“Io desideravo moltissimo lavorare… in particolare a un personaggio che era diverso da quelli che avevo incarnato fino a ora. Tommy è cresciuto all’ombra di Sam e non si sente amato. E’ arrabbiato e chiuso in se stesso. Attraverso delle circostanze orribili, il suo cuore si apre nel modo più innocente… Questo film parla veramente di una famiglia. Talvolta, l’unica persona a cui ti puoi rivolgere è quella con cui sei cresciuto, attraverso le gioie e i dolori che sono presenti in una famiglia. Sam e Tommy sono assolutamente diversi, ma in un certo senso molto simili. E alla fine, l’unica persona che potrà salvare la vita di Sam è Tommy”. Jake Gyllenhaal
JAKE GYLLENHAAL è il Principe Dastan in PRINCE OF PERSIA-LE SABBIE DEL TEMPO di MIKE NEWELL. Quali sono le qualità che caratterizzano un eroe? Il ruolo di Dastan richiedeva un attore poliedrico: che fosse astuto, affascinante e divertente allo stesso tempo. Il principe Dastan è oppresso dal complesso della povertà, spinto a diventare un uomo migliore e JAKE GYLLENHAAL (Zodiac, Jarhead, I segreti di Brokeback Mountain), aveva tutte le carte in regole per riuscire a scolpire quel profilo, per il quale non si è certo risparmiato nel duro lavoro di preparazione 'mettendo su muscoli, allenandosi per i combattimenti, per gli scontri con la spada, per cavalcare e continuando il suo allenamento anche durante gli oltre cento giorni di riprese', ma l'allenamento ha riguardato anche l'accento linguistico (che noi perdiamo con il doppiaggio):
"Non c’è alcun motivo per fare un film del genere, se non puoi fare personalmente le scene acrobatiche. Dipende tutto dalla forma fisica, se si è in grado di fare tutto ciò che è richiesto. Così ho cercato di raggiungere la forma fisica perfetta, corsa, esercitazioni di parkour, sollevamento pesi ed equitazione ... 'Prince of Persia-Le Sabbie del Tempo', era qualcosa di completamente diverso da quanto sperimentato in precedenza. Ritenevo che la preparazione del personaggio di Dastan avrebbe potuto essere una sfida interessante e divertente. Ho sempre amato i film in cui l’eroe ha le capacità di fare quasi tutto, pur sempre rimanendo un essere umano e non un supereroe. Lo sviluppo del personaggio è stato, all’inizio, prevalentemente fisico, era necessario imparare a combattere, ad usare la spada, entrare nella mentalità del guerriero. Sapevo che se avessi agito in quel modo sarei stato metà dell’opera. E quando è stato deciso che Dastan dovesse parlare un inglese dall’accento britannico, per poter essere in linea con gli altri attori del film, ho lavorato duro sulla mia voce con l’aiuto di Barbara Berkery".
L'attore Jake Gyllenhaal
JAKE GYLLENHAAL è il Capitano Colter Stevens in SOURCE CODE di DUNCAN JONES. A proposito del suo personaggio e i viaggi nel tempo (con un importante precedente alle spalle come DONNIE DARKO) considera:
"Una mattina si ritrova su un treno senza sapere dove sia e come ci sia arrivato. Seduta di fronte a lui c’è una donna, Christina, che si comporta come se lo conoscesse. Lui è piuttosto disorientato. Poi, riflesso nello specchio vede la sua immagine – ma si rende conto che non è il suo viso... Sono molto affascinato dal concetto di tempo, perciò mi attraeva l’idea di dover scavare a fondo su questo argomento. C’erano molte cose che dovevo approfondire, soprattutto in fase di pre-produzione, per riuscire a capire Colter. Il personaggio si sviluppa nel corso di quegli otto minuti che continua a vivere e a rivivere". Jake Gyllenhaal
"La prima volta che ho letto il copione sono rimasto estasiato. E non credo sia perché è un poliziesco o perché è pieno di azione o perché ci sono molti momenti intensi e nemmeno per la perfezione della narrazione, ma è per i sentimenti, le relazioni del film, i dialoghi tra i due personaggi principali e perché è evidente che il film non potrebbe esistere senza uno dei due, senza la loro amicizia, il loro affetto, i loro vicendevoli sacrifici". Jake Gyllenhaal
"È una strana combinazione di società primitiva e moderna mischiati insieme in questo essere umano. Fa ricerche di ore ed ore su internet con lo scopo di scoprire cose sul mondo come di scegliere le parole da usare. Lou prende le informazioni che trova come se fossero scritte sulla pietra. Comunica sempre la sua idea, e tutto ciò che dice ha un aspetto di verità... È in costante ricerca e fruga sperando di trovare UNA qualsiasi cosa. È sempre affamato e pronto a distruggere qualunque cosa gli ostacoli il cammino. Riuscirà nella sua impresa a qualsiasi costo... Credo che girare di notte abbia aiutato a tirare fuori il subconscio. Ho cominciato a pensare di meno e a lasciare che le mie emozioni prendessero il sopravvento. Credo davvero nell'idea che tutte le sensazioni che hai e tutto ciò che accade durante la produzione finisca per essere profondamente incorporato in ogni inquadratura che vedi sullo schermo". Jake Gyllenhaal
"Il mio interesse in questo film si è focalizzato sempre sulle persone che hanno scalato l’Everest in questa spedizione, ed il perché lo hanno fatto. Penso che solo l’idea di scalare l'Everest sia già di per sé eccitante. Ma la cosa più affascinante di tutto, è la motivazione che spinge la gente a farlo. L’Everest stimola la domanda che è dentro di noi: Cosa vogliamo realizzare nella nostra vita? Cosa dà senso alla vita?. Questa montagna, letterale o figurata, pone questa questione a tutti. E' una metafora per molti versi: Madre Natura può sopraffarci quando vuole... Non si tratta solo di raggiungere la cima; è la comunità la cosa fondamentale, come si interagisce con gli altri scalatori. La vetta non ha solo un senso letterale. Credo che la vetta la raggiungiamo con i rapporti che instauriamo. Non ci rendiamo conto che la cima l’abbiamo già raggiunta nei rapporti umani che abbiamo improntato. A volte, come nel caso di questa storia, ce ne rendiamo conto troppo tardi... Credo che l'atteggiamento di Scott fosse attento e positivo, tanto da contagiare chi aveva intorno. Non temeva la morte, e questo atteggiamento generale che ha avuto per la maggior parte della sua vita - soprattutto quando scalava – lo rendeva una persona piacevole da frequentare... Scott credeva che Rob fosse un ‘supporto’, pur sempre considerando che il punto di vista di Scott era quello di lasciare che le persone seguissero la propria strada. Li paragono a diverse tecniche di genitorialità, in un certo senso. Uno dice: 'Non toccare la stufa perché ti bruci', e l'altro invece lascia che ti scotti almeno una volta, affinché tu non ripeta lo stesso errore... sia Rob e che Scott erano degli scalatori straordinari, ma sarebbe stato difficile per loro lavorare insieme. Inevitabilmente, si sarebbero scontrati a causa degli stili differenti, pur essendo tutti e due uomini saggi e preparati... Penso che sia questo a rendere il film così affascinante. Queste due tecniche diverse devono lavorare assieme per arrivare in cima alla montagna. Spesso pensiamo che la nostra strada sia l'unica, e tuttavia, quando testiamo il massimo, dobbiamo adottare le tecniche di altre persone per sopravvivere. Scoprire che quella che pensavamo fosse la strada giusta, in realtà non è l'unica, potrebbe essere umiliante". Jake Gyllenhaal
"I film sulla boxe che ho visto hanno sempre affrontato la stessa paranoia: anche in 'Rocky', che può contare su una fantastica caratterizzazione del personaggio, si punta sulla brutalità del combattimento. Invece in 'Southpaw-L'ultima sfida' c'è una rappresentazione dell'istinto del protagonista e di una vulnerabilità interiore con cui deve fare i conti. Penso che molti lottatori professionisti, quando combattono ad alti livelli, diventino in un certo senso ipersensibili, perché devono rapportarsi con il proprio avversario non solo fisicamente ma anche emotivamente... La ragione per la quale ho accettato questo ruolo è che 'Southpaw' è sostanzialmente la storia di un ragazzo pieno di rabbia, cresciuto da orfano, e combattere contro ciò che é e contro il posto da cui viene gli ha dato la motivazione per raggiungere i suoi obiettivi. Però alla fine sarà quella stessa rabbia a portarlo a distruggere ciò che ha costruito, in primis la sua famiglia. Quindi dovrà imparare a salire sul ring senza contare sulla sua frustrazione: questa è la vera evoluzione del personaggio... E' un processo dettato prevalentemente dalla paura, perché Fuqua mi ha detto: 'Non possiamo bluffare come avviene in tanti film sulla boxe. SE vogliamo fare qualcosa di diverso, dobbiamo girare per davvero, il che vuol dire che non avrai una controfigura e che tutto sarà ripreso come se stesse accadendo in quel momento. Quindi dovrai imparare a combattere'. Non sapevo farlo quando abbiamo iniziato, ed ero costantemente ossessionato da questa paura: 'Sembrerò un idiota quando salirò là sopra'. E' questo che mi ha spinto ad allenarmi per cinque mesi due volte al giorno... Se avessi potuto farlo tre volte al giorno l'avrei fatto. Temevo di non riuscire a rendere giustizia a questo sport... Credo che ogni atleta abbia dentro di sé un istinto animale, solo che è un tipo di animale differente, e qualche volta questo trapela e qualche volta no. Ad esempio quando guardo giocare Roger Federer, vedo in lui un animale: é concentrato, tranquillo e astuto, ma non meno violento di un Mike Tyson pronto a colpire l'avversario per metterlo al tappeto. C'è però una questione reale che riguarda la vita e la morte quando metti piede sul ring, e che non ha niente a che fare con gli altri sport, forse è paragonabile solo all'arruolarsi nell'esercito " Jake Gyllenhaal (Cover Story 'Dr. Jake e Mr. Gyllenhaal' di Elisa Leonelli, in "Best Movie", Settembre 2015, anno XIV n. 9, pp. 40-47)
Quando la moglie di Davis muore tragicamente, qualcosa scatta dentro di lui e lo fa letteralmente deragliare rispetto al percorso che aveva preso la sua vita:
"È un uomo che ha sempre seguito le regole: ‘A questa età è giusto sposarsi. In questo momento dovrei fare tanti soldi’. Sta seguendo una via che gli hanno detto essere quella giusta, e ha avuto successo sotto tanti punti di vista: ha guadagnato tanti soldi e ha ottenuto tutto ciò che ne consegue, il che è sinonimo di successo. Eppure, gli manca la ricchezza della vita reale. Credo che questa tragedia gli apra delle possibilità, gli mostri quello che la vita ha da offrire. E, di conseguenza, si mette alla ricerca di quello che considera giusto per se stesso, nel tentativo di ritrovarsi... Karen è colei che inizia a vedere Davis per quello che è veramente, e che lo apprezza così com’è. Non il Davis che deve esibirsi, spacciandosi per quello che non è. Ma il Davis che è anche un po’ folle e sperduto. Il Davis che in realtà è un disastro. Credo che sia veramente confortante quando qualcuno riesce a vederci per quello che siamo davvero". Jake Gyllenhaal
"... Il copione comunicava, in molti modi, come ci si sente con il cuore spezzato. Parla anche di come vogliamo essere visti e di come ci presentiamo agli altri, e quindi, chi siamo veramente, e qual è la nostra verità? Penso che Tom sia in conflitto con l’idea dell’estetica sopra l’onestà, e il cinema è il mezzo nel quale può esprimerlo. Tom mi ha dato una enorme quantità di spazio e di calma, cose di cui ho bisogno per essere vulnerabile davanti alla cinepresa. Lui è straordinariamente preciso e attento ai dettagli" Jake Gyllenhaal
"Daniel Espinosa ha voluto costruire una realtà terribilmente soffocante, in altri film, ci si può distaccare dalla realtà del grande schermo. Daniel invece ha voluto creare un ambiente dove tutto fosse veramente realistico, e le emozioni crescono esponenzialmente, non solo perché la creatura è viva ma anche perché è emotivamente viva... La sceneggiatura aveva un ritmo meraviglioso, pur restando agghiacciante. Era incredibile. Mentre leggevo, mi sembrava di capire dove stesse andando la storia e poi all’improvviso mi trovavo da tutt’altra parte, l’organismo vivente alieno è reale ma è anche una incredibile metafora di quanto potrebbe accadere. La curiosità è uno dei tratti umani più importanti ma temo che cercare ad eccessiva distanza, ambire a troppo, possa diventare un atto di arroganza. E in tal modo, l’organismo vivente è una specie di conseguenza di questo eccesso di curiosità". Jake Gyllenhaal
"Ciò che amo di più del mio lavoro è che hai la possibilità di lavorare con tante menti diverse. Con Guy è stato qualcosa che non avevo mai fatto prima. Mi ha detto 'Non memorizzare le tue battute'. Lo script era di 50 pagine, non era una sceneggiatura completa, di solito sono almeno di 110 pagine. 'Che cos'è?' gli ho chiesto e lui mi ha risposto 'Quando vieni sul set, lavoreremo su questo e poi andrai a girare la scena'. Credo sia stata una delle cose più stimolanti che abbia mai vissuto, perché ti si chiede di lasciarti andare completamente. Semplicemente vai, provi a capire cosa fare e lo fai insieme. L'ho amato" Jake Gyllenhaal
"Quando ho saputo che Conor aveva firmato per la parte ho capito che il film stava prendendo una china estremamente più muscolare e marcata, e devo dire che ha portato tantissime idee nel remake. Poi sì, quando dovevamo girare la scena in cui mi tira una testata e me lo sono ritrovato a un centimetro dalla faccia ho pensato 'ma cosa cazzo sto facendo?!'". Jake Gyllenhaal
“Pone delle domande veramente difficili su cosa saresti disposto a fare per le persone che ami, ma guarda anche da vicino le varie relazioni interpersonali di una cittadina, quando succedono cose di questo tipo, inclusa la prospettiva di un poliziotto, che per alcuni è la soluzione del problema, mentre per altri è parte del problema... (il mio personaggio) Dopo essersi trovato nel sistema di detenzione minorile, alla fine ha trovato la sua via in un altro tipo di istituzione, il dipartimento di polizia. Credo che questo che lo renda impavido nel frequentare questo mondo: ha già vissuto queste situazioni; è un territorio a lui familiare... Tiene nascosta la sua storia, in particolare nel modo in cui si veste, anche se si intravedono i suoi tatuaggi. Passa molto tempo da solo, osservando gli altri, tenendo tuto per sé piuttosto che conversare con altre persone, tranne che sul lavoro. Ha intenzione di entrare nella mente del sospetto, per scavare nei recessi più bui della psiche criminale. Ha concentrazione, riserbo ed intensità, ma anche una ribollente rabbia interna e tutto ciò lo rende insistente, molto scettico a volte ed anche molto bravo nel suo lavoro. E lui lo sa... Dal punto di vista del mio personaggio, quello che vive un genitore in tali situazioni, è incomprensibile. Ma c’è anche una certa ingenuità in quello che Keller si trova ad affrontare; non ha esperienza nella risoluzione di questi casi, o conoscenza di quali dettagli bisogna tener conto. Abbiamo lo stesso scopo, ritrovare sua figlia, ma è l’esperienza a fare la differenza”.
Jake Gyllenhaal