I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal 12 Ottobre - Da Venezia 80. - Luc Besson, racconta la storia di un ragazzo, che nonostante la giovane età , ha già avuto una vita dura e sofferente. La sua ancora di salvezza in questa esistenza misera sarà l'amore dei suoi cani
"L’ispirazione per questo film è scaturita, in parte, da un articolo che ho letto su una famiglia francese che ha rinchiuso il proprio figlio in una gabbia quando aveva cinque anni. Questa storia mi ha fatto interrogare sull’impatto che un’esperienza del genere può avere su una persona a livello psicologico. Come riesce una persona a sopravvivere e a gestire la propria sofferenza? Con Dogman ho voluto esplorare questa tematica.
La sofferenza è uno stato che accomuna tutti noi e il solo antidoto per contrastarla è l’amore. La società non ti aiuterà, ma l’amore può aiutare a guarire. È l’amore della comunità di cani che Dogman ha fondato a fungere da guaritore e da catalizzatore. Dogman non sarebbe il film che è senza Caleb Landry Jones. Questo complesso personaggio aveva bisogno di qualcuno che potesse incarnarne le sfide, la tristezza, il desiderio, la forza, la complessità.
Le persone guardano i film per cogliere una sorta di verità dalla storia, anche se sanno che si tratta di finzione. Volevo essere il più onesto possibile nella realizzazione del film. Voglio che proviate dei sentimenti nei confronti del protagonista, di ciò che fa, delle azioni che compie come reazione alla sofferenza che ha patito. Vorrete fare il tifo per lui.
Spero che il pubblico possa elaborare nella propria mente ciò che Dogman ha subito, il dolore che è davvero difficile da ingoiare. Ha sofferto più di quanto la maggior parte delle persone potrà mai soffrire, eppure possiede ancora una dignità".
Il regista e sceneggiatore Luc Besson
(Dogman ; Francia, Usa 2023; drammatico; 114'; Produz.: Luc Besson Production, Ondamax Films; Distribuz.: Lucky Red)
Cast: Caleb Landry Jones (Douglas Munrow) Marisa Berenson (Aristicratica) Christopher Denham (Ackerman) Jojo T. Gibbs (Evelyn) Michael Garza (Juan) James Payton Bennett Saltzman (Gary) Clemens Schick (Mike Munrow) Eric Carter (Agente Kimbey) Avant Strangel (Capitano di polizia) Derek Siow Ambrit Millhouse (Madre) (Voce)
L'incredibile storia di un bambino, ferito dalla vita, che troverà la salvezza grazie all'amore dei suoi cani.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Per ogni uomo sfortunato Dio manda un caneâ€
In questa pellicola illuminata dal soggetto inconsueto, Luc Besson (Maestro di eroine al femminile a non solo, Nikita, Giovanna d’Arco, Lucy, Anna) trova una cifra stilistica a metà strada tra la tragedia shakespeariana e la parabola surreale in punta di redenzione. Dogman è la straziante iperbole discendente, o ascendente, a seconda dei punti di vista, che muove dal racconto in prima persona del protagonista Doug (il Douglas Munrow di un superlativo Caleb Landry Jones). Un racconto nel racconto che avanza per flashback in bianco e nero, in risposta alle domande a lui rivolte dal medico psichiatra Evelyn (Jojo T. Gibbs), dopo il suo arresto. Quel che emerge dalla retrospettiva dell’infanzia di Doug è una di quelle realtà familiari talmente distorte e fondamentalmente malate alla radice, da trasformare un padre e un fratello in orchi persecutori del figlio minore, alla fine vissuto in gabbia
insieme ai cani.
“Io credo in Dio ma, a quel punto della mia vita, mi dissi, Dio crede in me?â€
Un racconto che sorprende tanto quanto il protagonista a tutto campo, che ci si svela, gradualmente, la sua reale identità , in un ritratto ben diverso da quello che ci si poteva esser fatti in prima istanza. Il Doug adulto di Landry Jones, nell’aplomb di una calma spiazzante che tiene a guinzaglio dolore e disperazione repressi, fermato dalla polizia mentre è travestito da donna e con il furgone stracolmo di cani di svariate razze, potrebbe portare fuori strada. La sua storia emerge poco a poco, facendosi largo tra le maglie di una sceneggiatura riccamente superba, in grado di affrescare la personale filosofia del ‘Dogman’ che crede in Dio, così come nei cani, ‘i suoi bambini’, e non negli esseri umani, offrendo dei suoi credo dimostrazioni concrete e motivate. E poi, d’altra parte,
“un bambino prende l’affetto che trovaâ€.
“Non sono malato, sono stanco!... Vede? Ho sempre amato i travestimenti… (un’ancora di salvezza) soprattutto quando non sai chi sei… E’ un modo per mentire a te stesso… dimenticare te stesso per un po', anche se sai che è un’illusioneâ€.
visione filosofica alimentata da una vita ‘amputata’ della sua essenza - troviamo il miracolo della sopravvivenza generato attraverso l’Arte: letteraria prima, teatrale e musicale dopo.
“Ero vivo, finalmente, mentre il mondo reale mi aveva respinto, quello immaginario mi accoglievaâ€
Al costante rifiuto da parte della società quando si presenta sulla sedia a rotelle in cerca di lavoro, supplisce finalmente un incarico, ottenuto grazie al caloroso supporto degli altri attori maschi in vesti femminili: così ‘Dogman’ non solo si trasforma in donna, ma riesce a stare in piedi quel tanto che basta per cantare magistralmente una canzone, in modo perfettamente ‘mimetico’ con la celebre Edith Piaf. Tanto da sfociare in ovazione l’entusiasmo di platea, regista e ‘colleghi’. L’Arte! Besson si affida spesso ai primissimi piani del suo volto trasfigurato dal trucco, o quando ‘Dogman’ recita, sguardo in macchina, intensi brani di svariati drammi shakespeariani, per far parlare l’interiorità del protagonista. Quella di
‘Dogman’ è una visione ‘lirica’ dell’esistenza, distante dalla realtà , o, per meglio dire, incompatibile con la sua, e dunque appuntata come un fiore all’occhiello su una giustizia ‘fai da te’, in risposta al concetto del ‘cane mangia cane’. Giustizia in cui i furti condotti dai cani a suo comando trovano logica spiegazione nella ‘redistribuzione della ricchezza’, così come, si meritano la fine che fanno - sempre con la massima e solerte collaborazione dei cani, appunto - gli aggressori, già estorsori di stampo mafioso sul territorio, o agli avidi assicuratori. Tutti aspetti che non gli concedono via di scampo con la giustizia reale.
“Sono in piedi per teâ€
Eppure, una domenica, ‘Dogman’ mette in scena l’atto finale, insieme ai suoi cani, che ‘sanno sempre cosa fare’. Così si assiste ad un epilogo semplicemente superbo! Luc Besson mette l’Arte al servizio di una redenzione, sempre possibile, magari Altrove, mentre il ‘Dogman’ si
eleva, tragicamente, su una dimensione superiore, secondo un piano ‘sacrificale’ di matrice ‘cristologica’, cui allude in un fotogramma particolarmente ‘lirico’! E che ne dite di quel cane con lo sguardo rivolto alla finestra della psichiatra? A volte basta un solo fotogramma per creare una sinfonia di pura spiritualità !
Perle di sceneggiatura
Douglas (Caleb Landry Jones): Mi sono sempre piaciuti i travestimenti. È questo che fai, se non sai bene chi sei, giusto?! Ti travesti, ti inventi un passato, dimentichi il tuo.
Mike (Clemens Schick): Tu ami i cani, vero?! Più di quanto ami la tua famiglia.
Douglas: Un bambino prende l'affetto che trova.
Douglas: Sono i miei bambini. Per quanto ne so io hanno soltanto un difetto, si fidano degli umani.
Douglas: Il mondo reale non ha fatto altro che respingermi. Io mi sono adattato.