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    DALILAND

    I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Il crepuscolo dell'artista Salvator Dalì prende corpo e anima con Ben Kingsley diretto da Mary Harron (Ho sparato a Andy Warhol, American Psycho, The Notorious Bettie Page)

    (Daliland; REGNO UNITO 2022; Biopic; 104'; Produz.: Zephyr Films, Pressman Film, Room 9 Entertainment, Neon Productions, Popcorn Group, Serein Productions; Distribuz.: Koch Media)

    Locandina italiana Daliland

    Rating by
    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Daliland

    Titolo in lingua originale: Daliland

    Anno di produzione: 2022

    Anno di uscita: 2023

    Regia: Mary Harron

    Sceneggiatura: John Walsh

    Cast: Ben Kingsley (Salvador Dali)
    Barbara Sukowa (Gala Éluard Dalí)
    Ezra Miller (Dalí da giovane)
    Christopher Briney (James)
    Rupert Graves (Capitano Moore)
    Andreja Pejic (Amanda Lear)
    Alexander Beyer (Christoffe)
    Mark McKenna (Alex Cooper)
    Zachary Nachbar-Seckel (Jeff Fenholt)
    Avital Lvova (Gala da giovane)
    Suki Waterhouse (Ginesta)
    Joella Hinson-King (Donyale Luna)
    Paul Humphreys (Antiquario d'arte a Milano)
    Irina Leoncio (Infermiera)
    Alberto Maneiro (Funzionario)
    Cast completo

    Musica: Edmund Butt

    Costumi: Hannah Edwards

    Scenografia: Isona Rigau

    Fotografia: Marcel Zyskind

    Montaggio: Alex Mackie

    Makeup: Natalia Leniartek; Angela Oxley Evans (per Ben Kingsley)

    Casting: Kerry Barden, Colin Jones, Paul Schnee

    Scheda film aggiornata al: 26 Dicembre 2023

    Sinossi:

    In breve:

    Nel 1973, un giovane assistente gallerista intraprende un'avventura selvaggia mentre aiuta l'anziano genio Salvador Dali a prepararsi per una grande mostra a New York.

    In 1973, a young gallery assistant goes on a wild adventure behind the scenes as he helps the aging genius Salvador Dali prepare for a big show in New York.

    In dettaglio:

    New York, 1974. Il giovane James Linton lavora per la galleria d'arte di Christoffe DuFresne, che allestirà la prima mostra di Salvador Dalì nella metropoli americana. Il ragazzo incontra per caso Gala Éluard Dalí che, attratta dalla sua bellezza, lo introduce negli ambienti frequentati da lei e dal marito. James rimane subito affascinato dal grande artista, ed è il primo a rendersi conto del fatto che egli firmi adoperando di volta in volta una grafia diversa: regala così a Dalì un quadernetto che raccoglie tutte le sue firme. Il gesto colpisce molto il pittore, che lo assume come suo assistente personale; Christoffe ne approfitta per chiedere a James di tenere d'occhio Dalì, che continua a chiedere denaro nonostante, a pochi giorni dall'inaugurazione della mostra, non abbia ancora dipinto alcun quadro.

    James si butta a capofitto nel mondo dell'eccentrico pittore (denominato Dalìland), fatto di feste orgiastiche e spese incontrollate: conosce Amanda Lear, la sua ultima musa, e ne diventa amico; con Gynesta, un'altra bellissima modella, finirà per intraprendere una torbida relazione sessuale. Emergono però anche molte ombre: James si rende ben presto conto che Dalì è circondato da molte persone interessate alla sua fama, ma che in realtà è molto solo e triste e dipende emotivamente da Gala; la donna, che pure sembra ossessionata dal trarre profitto dalla fama del marito, ha molti giovani amanti, tra i quali l'interprete di Jesus Christ Superstar Jeff Fenholt, che finge di amarla per poter fare carriera. Col tempo Dalì si affezionerà a James, che ribattezzerà San Sebastiano per la presunta somiglianza col dipinto di Gustave Moreau, gli narrerà episodi della sua giovinezza (tra i quali l'incontro con sua moglie e lo sviluppo del loro turbolento rapporto) e trarrà dalla sua amicizia l'ispirazione per produrre i quadri destinati alla mostra.

    Durante l'inaugurazione della mostra, Dalì e Gala hanno un tremendo e plateale litigio dovuto alla reciproca gelosia, mentre James rimane sconvolto nell'apprendere che Gynesta si chiama in realtà Lucy ed è fidanzata con un altro uomo. Il giorno dopo, Christoffe rivela a James che la mostra, pur molto bella, non ha avuto il successo di critica sperato, e licenzia il giovane. Il Capitano Moore, l'agente di Dalì, lo assume però per alcuni lavori da effettuare in Europa, e il ragazzo parte insieme ai Dalì alla volta della Spagna. James si accorge dell'esistenza di un traffico di opere d'arte che, pur falsificate, recano l'autentica firma di Dalì, gestito dal Capitano Moore in accordo con Gala. Moore gli rivelerà inoltre che Gala avrebbe venduto un suo ritratto eseguito da Dalì per finanziare la registrazione del disco di Jeff. Indignato, il ragazzo rivela tutto a Dalì: il pittore dapprima gli urla contro, poi se la prende con Gala, che durante il litigio cade dalle scale. La donna scaccia James, che è costretto a tornare in America; Dalì, pur amareggiato, non si oppone.

    Dieci anni dopo James, divenuto ormai un rinomato gallerista, apprende che Dalì è rimasto ferito nell'incendio della sua casa. Il ragazzo corre perciò a Figueres, dove l'artista è ricoverato; qui ritrova Amanda, che gli dice che dopo la morte di Gala avvenuta due anni prima Dalì ha perso la voglia di vivere, non dipinge più e a malapena parla. James riesce però ad avere un dialogo con Dalì e gli riconsegna il quadernetto delle firme, l'unica cosa che aveva preso per sé prima di andarsene; l'artista, in risposta, gli si rivolge chiamandolo San Sebastiano, come usava fare ai tempi della loro amicizia. Il dottore che ha in cura Dalì afferma che questi chiamava con questo appellativo tutti i giovani somiglianti a James, lasciandogli il dubbio che davvero lo abbia aspettato per tutto quel tempo, o che al contrario lo abbia considerato solo come una delle tante comparse che abitavano Dalìland.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    Ma si può trattare un artista complesso ed estremamente variegato come Salvador Dalì in un modo tanto ‘sonnolento’? Al punto che il co-protagonismo dei personaggi satellite che gli ruotano intorno finisce per rubargli la scena. Ben Kingsley, dall’alto degli iconici baffi del personaggio, se la cava, ma è costretto a ‘zampettare’ qua e là come in una ‘danza schizofrenica’, tra una festa lussuosa ed un’altra, peraltro, di una verbosità teatrale senza nervo. Va bene che si tratta del Dalì crepuscolare, e dunque, dell’ultimo spicchio dell’esistenza, ma anziché aprire spiragli sulla sua arte passata, eclettica e versata in ogni branca, sulla sua anima artistica, condivisa tra surrealismo e dadaismo, ci si riduce alla preoccupazione di una mostra da allestire a New York - corre l’anno 1973 - di improbabile decollo. Ci si limita ad uno sguardo fugace ad un orologio, ad esempio, senza sfiorare minimamente la genesi della popolare figuratività dei

    suoi, inimitabili, ‘orologi grondanti’. E intanto ci si attarda piuttosto sulle interrelazioni dell’assistente per caso, il giovane James di Christopher Briney, più che stupito, perennemente imbambolato, in una sorta di devozione per l’artista che fu, dominato e schiacciato da quella sregolatezza che qui ha decisamente seppellito il genio.

    Inconcludente ed aereo, ipocondriaco - non fa sesso per paura delle malattie veneree, per cui lo spia e lo rappresenta - fanciullesco, se non persino rinfanciullito, letteralmente terrorizzato e ossessionato dalla morte, il Dalì/Kingsley nella Daliland di Mary Harron (Ho sparato a Andy Warhol, American Psycho, La scandalosa vita di Bettie Page), è fuori fuoco a cominciare da titolo. Perché questa non è affatto ‘la terra di Dalì’, semmai il rigurgito finale di una parabola artistica ben altra, che qui si preferisce circumnavigare intorno alle coste di qualche nostalgica visione di gioventù: come è ad esempio l’incontro con la compagna Gala

    (Barbara Sukowa), acida e dittatoriale, traditrice ‘con la libido di un’anguilla elettrica’, di un’avidità per il denaro esponenziale: al punto da innescare la circolazione di litografie false, fatte firmare dall’artista prima della loro effettiva realizzazione. Scorci in cui - risoluzione in effetti illuminata - il Dalì giovine (Ezra Miller) condivide la stessa scena con il Dalì anziano (Ben Kingsley), dando corpo e anima al ricordo nella sua immaginazione. Un racconto nel complesso ‘pedante’, dalla struttura deviante, fuori fuoco, che non rende d’altra parte giustizia alla figura inafferrabile di Salvador Dalì, e, soprattutto, di una noia mortale. Parlare di opere che non trovano mai una collocazione visiva, sembra poi un oltraggio all’Arte stessa!

    Links:

    • Ben Kingsley

    • Ezra Miller

    • Daliland (BLU-RAY + DVD)

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    Galleria Video:

    Daliland - trailer ufficiale

    Daliland - trailer ufficiale (V.O.)

    Daliland - spot

    Daliland - clip 'Ispirato'

    Daliland - clip 'Benvenuto a Daliland'

    Daliland - clip 'Gala'

    Daliland - clip 'Amanda, Mon Ange'

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