Soggetto: Tratto dal palinsesto dell'omonimo romanzo di Umberto Eco del 1980.
Preliminaria - Differenze tra libro e film:
Ne consegue che il film presenta differenze, in alcuni casi anche rilevanti, rispetto sia alla trama sia alle tematiche che s'intrecciano nel romanzo di Eco. La differenza principale rispetto all'originale sta nella rimozione delle discussioni teoriche, troppo complesse per poter essere riportate al cinema, specialmente le scene iniziali tra Guglielmo e l'abate e tra Guglielmo e Ubertino, ridotte a pochi frammenti. Lo stesso vale per quanto riguarda il processo a Remigio e l'ultimo decisivo scontro tra Guglielmo e Jorge.
Dal film risulta dunque una visione della storia più semplice, meno inserita in un contesto culturale e volutamente complesso, dove la soluzione del giallo e le chiavi interpretative sono nascoste proprio nelle lunghe digressioni storico-filosofiche. Nel film i colpevoli sono ben delineati e puniti come il pubblico si aspetta che sia (vedi la scena dei roghi e la morte di Bernardo Gui, assenti nel romanzo e, in particolare per quest'ultimo episodio, un falso storico. Allo stesso modo manca anche qualsiasi accenno alla sottile ammirazione nutrita da Guglielmo nei confronti di Jorge, conferendo quindi un aspetto prettamente odioso al vecchio personaggio. Nel film, inoltre, è stata aggiunta la scena finale con l'apparizione dell'amante di Adso (nel romanzo ella viene invece portata via assieme al cellario e Salvatore mentre Adso dorme e la sua sorte è segnata) ed è del tutto arbitraria l'associazione tra l'ignoto nome della ragazza e il nome della rosa, come se solo questo fosse la metafora ultima dell'intera vicenda (l'associazione è chiaramente espressa dalla voce narrante alla fine esatta del film), in quanto il titolo del romanzo da cui il film è tratto sottende ben più sottili rimandi alla filosofia medievale.
Tra i tanti particolari non fedeli al libro, l'aiuto bibliotecario Berengario non proferisce parola, Malachia è tratteggiato molto più negativamente e l'abate confida poco nelle capacità di Guglielmo. Non v'è inoltre traccia di numerosi personaggi che nel libro rivestono ruoli non del tutto secondari, tra cui Bencio da Uppsala, Nicola il mastro vetraio e il centenario Alinardo. La biblioteca è rappresentata in maniera assai più spettacolare a livello scenografico, con complesse architetture a più livelli e scale sopraelevate; nel romanzo, al contrario, la biblioteca occupa solo un piano ed è costituita da semplici stanze collegate tra loro da porte. Rispettata, invece, l'atmosfera fredda e invernale del monastero, che costituisce uno dei motivi del fascino della storia. Inoltre il giovane Adso, novizio benedettino nel romanzo, nel film è un novizio francescano e inizialmente ignora del tutto i trascorsi di Guglielmo come inquisitore. Anche Ubertino da Casale nel film veste ancora il saio francescano, contrariamente al romanzo, nel quale è rappresentato come monaco benedettino a tutti gli effetti, avendo mutato ordine per sfuggire ai suoi nemici della corte papale.
Principali PREMI e RICONOSCIMENTI:
1988 - Premio BAFTA
Miglior attore protagonista a Sean Connery
Miglior trucco a Hasso von Hugo
Migliore fotografia a Tonino Delli Colli
Migliori costumi a Gabriella Pescucci
Migliore scenografia a Dante Ferretti
Candidatura come Miglior attore straniero a Sean Connery
Candidatura come miglior produttore a Franco Cristaldi
Cast: Sean Connery (Guglielmo da Baskerville) F. Murray Abraham (Bernardo Gui) Christian Slater (Adso da Melk) Feodor Chaliapin Jr. (Jorge da Burgos) William Hickey (Ubertino da Casale) Michael Lonsdale (Abate Abbone da Fossanova) Ron Perlman (Salvatore) Elya Baskin (Severino) Volker Prechtel (Malachia) Michael Habeck (Berengario) Helmut Qualtinger (Remigio da Varagine) Urs Althaus (Venanzio) Valentina Vargas (Ragazza) Leopoldo Trieste (Fratello Michele) Franco Valobra (Girolamo di Caffa) Cast completo
Vernon Dobtcheff (Hugh da Newcastle) Donald O'Brien (Pietro da Assisi) Andrew Birkin (Cuthbert da Winchester) Peter Berling (Jean da Anneaux) Pete Lancaster (Vescovo di Alborea) Lucien Bodard (Cardinale Bertrand) Gianni Rizzo (Inviato papale) Franco Diogene (Inviato papale) Lars Bodin-Jorgensen (Adelmo) Kim Rossi Stuart (Novizio) Franco Pistoni (Monaco)
Musica: James Horner
Costumi: Gabriella Pescucci
Scenografia: Dante Ferretti, Giorgio Giovannini, Rainer Schaper, Francesca Lo Schiavo
Fotografia: Tonino Delli Colli
Montaggio: Jane Seitz
Effetti Speciali: Adriano Pischiutta
Makeup: Hasso von Hugo, Maurizio Silvi
Scheda film aggiornata al:
20 Novembre 2020
Sinossi:
Tramite flash-back, l'anziano frate Adso da Melk racconta di quando, ancora semplice novizio, trascorse dei giorni in un'abbazia benedettina in Piemonte assieme al suo mentore, Guglielmo da Baskerville.
I due frati si ritrovano in un ambiente ostile, visti con sospetto da molti monaci. Il giovane Adso incontra brevemente una ragazza che abita in un povero villaggio ai piedi del monastero, dove gli abitanti vivono nella fame e nella miseria, costretti a rifornire di cibo l'abbazia in cambio della salvezza eterna. Le indagini iniziano subito, a partire dalla morte di un giovane monaco, Adelmo il miniaturista, il cui cadavere è stato ritrovato ai piedi delle alte mura dell'abbazia dopo una tempesta; Guglielmo afferma fin da subito che si tratta di suicidio. Durante le loro indagini i due fanno la conoscenza di due frati, il bibliotecario Jorge da Burgos, vecchio e cieco, intollerante alla commedia allegra, alle risate e al secondo libro della Poetica di Aristotele, e il deforme Salvatore, un monaco che parla una lingua mista tra il volgare e il latino (con parole francesi e inglesi), rivelatosi essere stato un dolciniano, una setta bollata come eretica dalla Chiesa cattolica.
Le misteriose morti continuano e questa volta a perire è Venanzio, il traduttore dal greco dello scriptorium, il cui cadavere viene trovato immerso in un recipiente contenente sangue animale. Guglielmo crede che le due morti siano collegate tra loro e scopre che la vittima, che presenta le dita e la lingua nere, aveva un rapporto di amicizia con Adelmo. Una notte, Adso ritrova la giovane ragazza del villaggio mentre si nasconde dal cellario Remigio, il quale le fornisce del cibo in cambio di favori sessuali. Per ringraziarlo dell'aiuto, la ragazza si concede al novizio e i due consumano un rapporto sessuale; Adso rimane turbato dalla cosa, vista la sua posizione di religioso, ma viene consolato dal proprio maestro, il quale gli dice che, sebbene la cosa non dovrà più ripetersi, non ha provato nient'altro che un sentimento umano e naturale.
Il libro rimase sullo scrittoio del traduttore e Berengario si mise a leggerlo, ma i malori cominciarono a manifestarsi anche in lui; dopo aver riportato il libro al suo posto, per paura di essere scoperto, fece un bagno con delle foglie di cedro per alleviare il dolore, ma tutto fu inutile e morì annegato. La conclusione, dunque, è che la causa delle morti sia un libro che uccide o, per meglio dire, per cui qualcuno è disposto ad uccidere; le dita e la lingua nere possono essere, dunque, state causate da un avvelenamento. L'abate, tuttavia, non dà ascolto alle parole di Guglielmo e rivela di aver richiamato l'inquisitore Bernardo Gui a indagare. Guglielmo ed Adso trovano un passaggio segreto per la biblioteca, accessibile solo ai bibliotecari e all'abate, e rimangono quasi imprigionati nel complesso di stanze, dal quale escono grazie ad Adso che, per non perdersi nel labirinto, aveva ingegnosamente legato un filo della sua veste ad un tavolo della stanza.
Dopo l'arrivo dell'inquisitore Bernardo, la situazione in abbazia precipita: la ragazza del villaggio viene ritrovata durante la notte, insieme a Salvatore, nel fienile, con un galletto nero morto (che la ragazza aveva preso per fame) e un gatto nero, e i due vengono arrestati con l'accusa di aver praticato riti satanici in quanto, per errore, il fienile prende fuoco e Bernardo ritiene che la fanciulla sia il maligno. Frate Salvatore viene poi torturato e interrogato e confessa il suo passato di dolciniano, facendo anche il nome del cellario Remigio. Nel mentre, un altro frate, Severino l'erborista, viene ucciso e la colpa ricade su Remigio, che viene arrestato e accusato delle morti avvenute nel monastero.
Durante il processo contro i tre (la ragazza, il cellario e Salvatore), che culmina con la sentenza della loro condanna a morte sul rogo, Guglielmo dà la sua approvazione a eseguire il verdetto emesso da Bernardo, ma afferma anche che le morti nell'abbazia non si fermeranno. L'inquisitore lo accusa di aver tentato di difendere la ragazza e i due eretici e gli dice che, l'indomani, si recherà ad Avignone insieme a lui per rispondere di eresia di fronte al papa. Adso, disperato per la sorte della fanciulla che ama, è risentito verso Guglielmo, che sembra interessarsi più ai libri che alle sorti della giovane.