Soggetto: Basato sull’acclamato romanzo del terrore di Henry James del 1898 Il giro di vite (The Turn of the Screw)
Cast: Mackenzie Davis (Kate Mandell) Joely Richardson (Darla Mandell) Finn Wolfhard (Miles Fairchild) Brooklynn Prince (Flora Fairchild) Barbara Marten (Mrs. Grose) Niall Greig Fulton (Quint) Denna Thomsen (Jessel) Kim Adis (Rose) Darlene Garr (Holly) Karen Egan (Nancy) (Non accreditata) Mark Huberman (Bert) (Non accreditato)
Musica: Nathan Barr
Costumi: Leonie Prendergast
Scenografia: Paki Smith
Fotografia: David Ungaro
Montaggio: Duwayne Dunham e Glenn Garland
Effetti Speciali: Kevin Byrne (supervisore effetti speciali); Brendan Taylor (supervisore effetti visivi)
Casting: Leslee Feldman e Priscilla John
Scheda film aggiornata al:
17 Settembre 2020
Sinossi:
In breve:
In una misteriosa e vecchia tenuta nelle campagne del Maine abitano Flora (Brooklynn Prince) e Miles (Finn Wolfhard), due orfani con turbe apparenti psichiche. Flora ha visto morire i suoi genitori in un incidente d'auto avvenuto fuori dal cancello della casa ed è ritenuta un "caso speciale". Una giovane tata di nome Kate (Mackenzie Davis) viene assunta per prendersi cura dei due ragazzi ma ben presto si accorge che di notte avvengono strani eventi.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Un decollo sofferto fin dalla radice del progetto di produzione, passato di mano in mano
regia di The Turning a gioco più che aperto, a seguito delle svariate tribolazioni incontrate dall’odierno progetto cinematografico. Progetto partito nel 2016 con Juan Carlos Fresnadillo (Intruders), che doveva vedere alla ‘supervisione’ Steven Spielberg, se non avesse gettato la spugna a causa del copione ritenuto insoddisfacente. E’ dunque con queste zoppicanti premesse che, con la Sigismondi al comando, The Turning ritenta il decollo: nuova rivisitazione di un classico, derivato in prima istanza dall’originale romanzo gotico di Henry James del 1898 - Il giro di vite (The Turn of the Screw) - filtrata da innumerevoli e anche prestigiosi precedenti cinematografici, tra cui, in primis, il The Others di Alejandro Amenabar, con Nicole Kidman.
Un film di genere che sceglie di affidarsi a strumenti linguistici in linea con il classicismo oltre che con ottimi interpreti
L’aura sinistra serpeggia fin dai primi passaggi e gli ingredienti della ricetta horror più classica ci sono tutti: dal
grande cancello alla immensa villa con ali abitative secretate, dallo stagno alla piscina, fino al giardino con annesso labirinto, e via dicendo, magari cavalcando qualche citazione qua e là , come ad esempio l’hitchcockiano Le verità nascoste di Robert Zemeckis: le visioni nell’acqua come pista verso rivelazioni indizio da persona trapassata lo richiamano immediatamente alla memoria. Ma è soprattutto la caratterizzazione dei personaggi protagonisti, cui rispondono perfettamente i validi interpreti del cast, in sinergia con una suspense naturalizzata e costante, a rendere il The Turning di Floria Sigismondi un’onorevole pellicola di genere. La nuova tata dei due rampolli ‘purosangue’ Kate trova in MacKenzie Davis un polo attrattivo fin dalla sua iniziale ingenuità gentile, tramutata ben presto in smarrimento, in progress fino al terrore conclamato. La governante di casa in villa poi, la signora Grose di Barbara Marten, si cala con estrema convinzione nella dubbia e sinistra personalità dalle cadenze spigolose, poco
accomodanti, talora lapidarie ma per lo più sottilmente insolenti, fino a spiazzare il più agguerrito e coraggioso degli interlocutori. Tra i due rampolli da educare ed istruire - se non fossero, com’è ovvio, già una causa persa - la Flora di Brooklyn Prince e il Miles di Finn Wolfhard - possiamo dire con certezza che l’ago della bilancia punta dritto su quest’ultimo: inquietante, oltraggioso ed irriverente soggetto che, dietro lo scudo di un’adolescenza ribelle e problematica, nasconde ben altro. Il giovane interprete Finn Wolfhard, già visto e notato ne Il cardellino di John Crowley, per un talento che, nel personaggio del giovane Boris, non è passato inosservato - offre ora con Miles allo spettatore un’altra declinazione di personaggio inaffidabile ed oscuro ben riuscito.
Un finale sfuggente ma ugualmente incisivo
Sotto impiegata, ma chiave di svolta nella trama, è la madre Darla (Joely Richardson) dell’istitutrice Kate/MacKenzie: personaggio solo screziato fugacemente nel profilo sbozzato
di una pittrice paranoide con problemi psichici che, a dispetto della breve comparizione, si direbbe una pietra miliare per il finale a sorpresa che sceglie nel taglio rapido e conclusivo di non dare il tempo per alcuna eventuale valutazione di bilancio. Solo briciole-indizio prima di calare la scure. Ed è questo a mio avviso un pregio, non un difetto per una pellicola dove corpi inanimati ritrovano schegge di vita, soprattutto nella stanza del cucito, indubbiamente la più sinistra ed inquietante di quel maniero dove i morti sono ancora in grado di dare del filo da torcere, a chi cerca di sopravvivere in un ambiente decisamente ostile, quando non letteralmente mortale. D’altra parte, poteva essere altrimenti?
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)