TROPPO AMICI - PRATICAMENTE FRATELLI: DAI REGISTI DI 'QUASI AMICI' UN’ALTRA COMMEDIA ESILARANTE CON PROTAGONISTI TRE FRATELLI ED I LORO CARI
RECENSIONE - Dal 6 DICEMBRE
"La famiglia è uno dei temi che ci ha sempre affascinato. Rappresenta uno spaccato della realtà di ognuno di noi. Passiamo la vita a cercare di staccarci dalla famiglia, ma allo stesso tempo non possiamo farne a meno tanta è l’influenza che esercita su di noi. E’ alla base della nostra vita, anche se piena di paradossi. Per alcuni è il solo rifugio possibile, per altri una specie di prigione soffocante. Una volta ho letto una definizione di famiglia che spiega bene questo dualismo: 'Vivere insieme ci uccide, separarci è mortale'. Anche se la famiglia in questione non è la nostra, comunque rappresenta bene la famiglia moderna. I nostri film precedenti si basavano sulle esperienze passate, questo invece incarna i nostri pensieri sul presente".
Il regista Eric Toledano
"Il soggetto di 'Troppo Amici' ci è venuto naturale, come un’espressione dei pensieri che avevamo in comune e quelli opposti sulla famiglia. O meglio, sulle famiglie, sia quelle 'di sangue' che quelle 'acquisite', come quelle culturali o religiose".
Il regista Olivier Nakache
responsabilità di scrivere anche la sceneggiatura (di Lucie Truffaut) limitandosi alla regia, ma il risultato è che la struttura dell'odierna pellicola scricchiola non poco.
Qui, in Troppo amici, l'epicentro di un 'puzzle' di 'episodi' che si intersecano tra loro fino a comporre una storia - a tratti caotica e persino catastrofica, tirata fino allo scollegamento, annaffiata di una annacquata miscela di surreale - si attiva sul pianeta 'famiglia'. Una famiglia che parte alla grande con la scoppiettante e divertente coppia Alain (Vincent Elbaz)-Nathalie (Isabelle Carre’), con prole al seguito, tra cui il figlioletto maggiore Lucien (Max Clavelly), naturalmente predisposto all'effetto tornado. Nucleo in cui si annida la sottotrama di crisi coniugale, il tipo di uomo che si crogiola in un improprio prolungamento dell'infanzia, responsabilità paterne e genitoriali, il tutto mixato nel pentolone delle singole realtà delle rispettive famiglie di provenienza, con fratelli e sorelle, cognati e cognate, suoceri, qualche parente in
ebraiche e pakistane ospiti nelle rispettive case di Nathalie e del fratello Jean-Pierre (François-Xavier Demaison) - che la storia sembra smarrire la sua rotta, mentre i capitani della nave Nakache -Toledano dimostrano di riuscire a controllare bene il timone, sia all'inizio che alla fine, dove, a parte qualche frettoloso raffazzonamento sull'onda della riconciliazione di coppia, trovano pure spazio per instillare qualche goccia di commozione nel bell'epilogo a sorpresa, quello che finisce per dare il valore di un'autenticità universale al nome del coperchio. E quel che si era sottilmente insinuato come una nuova versione di Parenti serpenti in salsa francese, va a guadagnarsi il suo premio sull'onda del riscatto di una famiglia, nel senso più 'allargato' del termine. E comunque, pur sempre una famiglia, per quanto un tantino 'sbroccata', come sottoscrivono pure i fotogrammi integrativi sui titoli di coda.