I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - VINCITORE del LEONE D'ARGENTO alla 'Miglior Regia' (Matteo Garrone) e Premio Marcello Mastroianni (a Seydou Sarra) a Venezia 80.
“Ero pieno di dubbi, temevo la retorica, oppure che il mio sguardo potesse essere inadeguato a raccontare questa storia, che potesse sembrare il tentativo di speculare sulla sofferenza degli altri, invece poi a un certo punto ho sentito che il film era maturo, è come se avesse scelto me. Ho avuto la necessità di girarlo... A me interessava fare un film che in parte fosse epico, ma allo stesso tempo che fosse un road movie e insieme un romanzo di formazione. Pensavo all’Odissea, ma anche a Pinocchio. All’Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson e a Cuore di tenebra di Joseph Conrad... I colori all’inizio sono accesi, i protagonisti lasciano un luogo che ha una grande energia vitale, un luogo in cui i legami tra le persone sono molto forti. I protagonisti abbandonano quel luogo, senza sapere fino in fondo la forza e la vitalità della loro origine. Con Stefano Ciammitti, il costumista, abbiamo pensato di far sbiadire durante il viaggio i colori accesi dei vestiti. Delle magliette per esempio, che diventano pastello. Questo processo avveniva anche in Pinocchio... Per me l’importante in questo film era che fosse credibile, che ogni scena fosse autentica. Quella era la difficoltà principale. Ho messo al servizio dei loro racconti la mia esperienza e il mio sguardo. Volevo che chi ha vissuto quell’esperienza riconoscesse nel film una verità ... Ogni pezzetto del film è legato al racconto di qualcosa realmente avvenutoâ€.
Il regista Matteo Garrone
Candidatura alla migliore sceneggiatura originale a Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini e Andrea Tagliaferri
Candidatura al miglior scenografo a Dimitri Capuani e Roberta Troncarelli
Candidatura al miglior costumista a Stefano Ciammitti
Candidatura al miglior truccatore a Dalia Colli e Roberta Martorina
Candidatura al miglior acconciatore a Stefano Ciammitti e Dalia Colli
Candidatura al miglior compositore a Andrea Farri
Candidatura alla migliore canzone originale a Baby (musica di Andrea Farri, testo e interpretazione di Seydou Sarr)
Candidatura al David Giovani
2023 - Festival del cinema di Venezia
Leone d'argento per la miglior regia a Matteo Garrone
Premio Marcello Mastroianni a Seydou Sarr
Premio CICT Enrico Fulchignoni - Medaglia Fellini 2023
Premio Civitas
Premio Edipo Re
Premio FEDIC
Premio Pasinetti
Green Drop Award
ImpACT Award
Premio Lanterna Magica CGS
Leoncino d'oro Agiscuola/UNICEF
Premio SIGNIS
Premio Soundtrack Stars a Andrea Farri
Candidatura al Leone d'oro
2023 - European Film Awards
Candidatura al miglior film
Candidatura al miglior regista a Matteo Garrone
2024 - Golden Globe
Candidatura al miglior film straniero
2024 - Premio Oscar
Candidatura al miglior film internazionale
Preliminaria - Ispirato da una storia vera:
Mamadou Kovassi è partito dalla Costa d'Avorio nel 2005 in cerca di un futuro in Europa ed è sbarcato a Lampedusa solo tre anni dopo, attraversando il deserto e affrontando la prigionia in un lager libico. Il migrante, la cui vicenda ha ispirato il film candidato all'Oscar di Matteo Garrone, oggi mediatore culturale a Caserta, ha raccontato il suo viaggio a Sky TG24. E ha auspicato che questa pellicola, oltre Hollywood, possa raggiungere la politica internazionale.
Cast: Seydou Sarr (Seydou) Moustapha Fall (Moussa) Issaka Sawadogo (Martin) Hichem Yacoubi (Ahmed) Doodou Sagna (Charlatan) Ndeye Khady Sy (Madre di Seydou) Venus Gueye (Sorellina di Seydou) Oumar Diaw (Sisko) Joe Lassana (Uomo dei passaporti) Mamadou Sani (Poliziotto di frontiera) Bamar Kane (Bouba) Beatrice Gnonko (Donna nel deserto) Flaure B.B. Kabore (Donna incinta) Affif Ben Badra (Autista pickup) Adbellah Elbkiri (Compratore libico)
Musica: Andrea Farri
Costumi: Stefano Ciammitti
Scenografia: Dimitri Capuani
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Marco Spoletini
Makeup: Valentina Radenti
Casting: Constance Demontoy, Iman Djionne, Amine Louadni, Francesco Vedovati
Seydou viene sottoposto a tortura ma riesce a uscire, in quanto un altro detenuto lo spinge a offrirsi al pari di lui come muratore. Avendo lavorato bene, entrambi vengono messi in libertà e gli viene pagato il viaggio per Tripoli. Nella capitale libica Seydou ritrova Moussa, con cui riprende il cammino verso l'Europa.
Quando si rivolgono a un faccendiere, Ahmed, che organizza le traversate nel mar Mediterraneo, non avendo abbastanza denaro, si vedono offrire un'unica possibilità : Seydou dovrà guidare la barca. Istruito da Ahmed su come governare il mezzo, Seydou riesce a condurre tutti i passeggeri sani e salvi in Sicilia.
Synopsis:
Seydou, a teenage boy who, together with his cousin Moussa, decides to leave Dakar in Senegal and make his way to Europe. A contemporary Odyssey through the dangers of the desert, the horrors of the detention centers in Libya and the perils of the sea.
Può sembrare banale ma non lo è: il sogno di suonare e cantare fino ad avere un successo tale da farsi firmare autografi dai bianchi. Ma non è mai banale un adolescente che sogna un futuro. In qualunque Paese al mondo. E’ un sacrosanto diritto. Questa storia nasce per l’appunto dal cuore di un adolescente, anzi due, dal profondo Senegal: il Seydou di Seydou Sarr (vincitore del Premio Mastroianni a Venezia 80.) e il Moussa di Moustapha Fall. Non da guerre e miseria intendono fuggire i due ragazzi, ma non riescono a staccarsi dall’idea di far decollare un sogno, il loro sogno, possibile solo in Europa: un desiderio troppo forte per rinunciare, anche se gli affetti familiari, la madre in particolare, i fratelli e le sorelle, la scuola, confortano con calore. Ma non basta: per questo, dopo la scuola i due cugini lavorano come muratori, o
falegnami all’occorrenza, per mettere da parte il denaro necessario per il viaggio della speranza.
Seydou/Sarr vorrebbe avere la benedizione della madre per il suo progetto, ma quando prova a parlarne, è costretto a dire che stava scherzando. E non è comunque facile arginare la sua durezza che prende forza dalla prospettiva concreta di chi sa delle innumerevoli morti che si contano tra chi ci ha provato. Lapidaria sul da farsi, la madre se ne esce con una frase tagliente ed inflessibile, dettata dallo spavento di perdere quel figlio: “Tu devi respirare la stessa aria che respiro ioâ€.
E d’altra parte, quell’aria, almeno in quella famiglia, non è poi così male: il film inizia pieno dei colori dei costumi indossati per onorare danze frenetiche in celebrazione di una festività : danzano anche la madre e la sorellina più piccola. Ed è… semplicemente festa! Mentre le titubanze sul viaggio che si fanno strada nella
mente di Seydou/Sarr vengono stoppate dal cugino Moussa/Fall, determinato sognatore e soprattutto ossessionato dal portare in fondo il progetto condiviso. Ma una speranza come questa vale un’odissea impensabile neppure nella peggiore delle prospettive? Le difficoltà infatti, non tardano ad arrivare. Fin dall’inizio, quando ad ogni passo i due ragazzi devono sborsare sempre più soldi, e i tranelli sono sempre dietro l’angolo. Ci sono scene ed espedienti che non si dimenticheranno facilmente, come ad esempio quelli consigliati da subdoli manipolatori per tenere al riparo il denaro dai predatori nel deserto. Il deserto, appunto, dove viene abbandonato al suo destino - morte certa - l’uomo caduto dal camioncino e dove trova la fine la donna allo stremo delle forze, quando viene detto loro di proseguire a piedi. Una piaga insanabile per la pace interiore di Seydou che, per quanto ci abbia provato, non ha potuto far nulla per aiutarla.
Un’odissea di cui Garrone
dà dunque ampia contezza in tappe che potremmo definire di cinico sfruttamento, fino ai risvolti più macabri declinati dalla fantasia della mafia libica: con svariate torture che fanno male al cuore solo a vederle da lontano. E’ come un percorso ad ostacoli, attraverso il quale i due adolescenti, determinati a portare avanti insieme il loro sogno condiviso, iniziano, si perdono di vista, per poi ritrovarsi, nel mutuo soccorso e con l’aiuto provvidenziale di un migrante più anziano. Personaggio peraltro ispirato ad una persona reale e al suo reale percorso (durato tre anni) che lo ha portato a Caserta, per l’appunto, ad occuparsi di accoglienza presso un’associazione benefica.
Così, mano a mano che procedono al limite delle loro forze, i vividi colori dei loro inizi si smorzano sempre più. Metafora del sogno che impallidisce e si allontana all’orizzonte mentre prendono vita qua e là , le visioni allucinatorie, da sogno, di Seydou.
Visioni a metà tra le Metamorfosi di Ovidio e il cinema di Federico Fellini (anche se è a Roberto Rossellini che Matteo Garrone si professa debitore). Per dirla tutta, da pittore quale è lui stesso, oltre che cineasta, anche il celebre dipinto con l’Annunciazione del Beato Angelico ha offerto il suo contributo per l’ispirazione di questo passaggio metafisico. Ed ecco la cultura del Passato che viene in soccorso ad una narrazione realistica, ma anche fiabesca, nel segno del romanzo di formazione, di un viaggio non troppo dissimile da quello di Pinocchio. Che è poi la parabola di crescita umana per eccellenza: imparare dai propri errori, attraversare le difficoltà per superarle, in modo che, da burattino si possa rinascere bambino, o, come nel caso di Seydou e Moussa in Io capitano, da adolescenti si possa maturare e tradursi in uomini.
Il reclutamento come muratori, di Seydou e dell’anziano suo protettore, dopo esser
bordo, e il salvataggio di uomini disidratati locati nella sala motori - finalmente all’orizzonte spunta una sagoma di terra che odora di approdo. Quando l’elicottero della guardia costiera italiana è sopra di loro, gli occhi di Sarr si illuminano di una nuova dignità e di un orgoglio che odora di grande umanità per essere riuscito da solo a portare in salvo tutte quelle persone. Così quel grido ripetuto più volte - l’Io capitano del titolo - corrisponde a pieno alla scoperta di un’identità autentica, impensabile tempo prima. Una rinascita che ritrova il colore proprio sui titoli di coda, con l’estetica pittorica di quella manciata di fotogrammi scelti, a generare una sorta di ‘film nel film’. Come a ripercorrere i tratti salienti di un’odissea a lieto fine.