E' la storia di una famiglia, composta da due genitori truffatori, Theresa (Debra Winger) e Robert (Richard Jenkins), e dalla loro unica figlia 26enne, Old Dolio (Evan Rachel Wood), addestrata sin dalla nascita all'arte della frode. Durante una delle loro missioni, una complessa truffa, il gruppo s'imbatte in una giovane sconosciuta, Melanie (Gina Rodriguez), e la convince a prendere parte alla loro prossima rapina.
Mentre stanno pianificando l'impresa, i genitori sembrano affezionarsi alla nuova arrivata, a parte Old Dolio che vede in lei una minaccia alla loro unità familiare. La presenza di Melanie non solo sconvolgerà i loro piani, ma anche il loro mondo...
Short Synopsis:
A woman's life is turned upside down when her criminal parents invite an outsider to join them on a major heist they're planning
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Famiglia disfunzionale con ‘ragazze interrotte’ in un film dal flusso narrativo altrettanto ‘interrotto’, per una ‘dark comedy’ in cui c’è ben poco da piangere, così come da ridere
Kajillionaire è talmente destrutturato ed ‘interrotto’ nella narrazione da poter essere paragonato ad un collage di episodi televisivi, o, ancor meglio, di un grappolo di corti a tema: un tratteggio in cui si distingue, come la parte migliore, - sul versante decisamente drammatico - l’indebita introduzione nella casa di un anziano allettato e moribondo. Paradossalmente su suo invito. Guadagnano la scena schegge di rimpianti e solitudine reali, negli ultimi istanti in cui ci si immagina la morte, in cui si tenta di giustificare l’assenza dei figli al capezzale e in cui ci si fanno andar bene anche degli estranei, solo per risentire l’eco illusoria di una quotidianità perduta per sempre, come il
tintinnio delle posate nella cucina abitata da una vera famiglia, con il suono del piano in sottofondo ad allietare l’atmosfera. Tutto pur di spezzare un silenzio ed un vuoto che, a fine vita, appaiono inaccettabili, non dignitosi, o troppo dolorosi. Schegge d’altra parte volatili e volubili tanto quanto gli stessi intrusi, che di lì a poco si apprestano a lasciare quella casa per pianificare l’ennesimo furto. Furto che non arriverà mai a sanificare le finanze di questo patetico dittico di ‘marionette umane’ senz’anima, con una figlia sfruttata in maniera utilitaristica fin da piccola, snaturata da affetti naturali mancati. Al punto da attaccarsi al primo essere umano un po’ più normale – neppure più di tanto – che le si para davanti e che, di nuovo per soldi, le fa ottenere quel condensato di piccole cose mancate sul piano affettivo che fuori tempo massimo sfrigolano di tremendamente ‘posticcio’. Il che va
a legittimare un tipo di finale che, pretendendo di essere all’avanguardia, finisce per essere banalmente deprimente e tristemente costruito in fretta e furia.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)