Per girare il film, che è in bianco e nero, Robert Eggers ha utilizzato pellicola in 35mm e macchine da presa risalenti agli anni Venti e Quaranta. Si prospettano buone speranze di risultato anche per questa opera seconda alla luce del precedente distintivo The Witch.
Cast: Robert Pattinson (Ephraim Winslow/Thomas Howard) Willem Dafoe (Thomas Wake) Valeriia Karamän (La sirena) Logan Hawke (Ephraim Winslow)
Musica: Mark Korven
Costumi: Linda Muir
Scenografia: Craig Lathrop
Fotografia: Jarin Blaschke
Montaggio: Louise Ford
Makeup: Traci Loader (direzione)
Casting: Kharmel Cochrane
Scheda film aggiornata al:
05 Ottobre 2020
Sinossi:
In breve:
Sul finire dell'Ottocento, su una remota isola al largo della costa del New England, due guardiani del faro rimangono intrappolati e isolati a causa di una tempesta apparentemente senza fine. Finiscono così con l'ingaggiare una battaglia contro la propria volontà mentre aumentano le tensioni a causa delle forze eccessive e misteriose (reali o meno) che li circondano.
Nel corso della sua permanenza sull'isola, Winslow inizia a soffrire di allucinazioni su mostri marini e tronchi che galleggiano in mare, e inizia a masturbarsi di nascosto sulla statuetta della sirena. Continua inoltre a osservare gli strani comportamenti di Wake e a venire infastidito nelle sue mansioni da un gabbiano guercio che gli viene intimato di non uccidere, per via della superstizione secondo cui questi volatili altro non sono che la reincarnazione di marinai morti. Una sera, mentre cenano, Wake gli rivela di come il suo ultimo assistente sia morto in circostanze misteriose dopo essere impazzito, mentre Winslow racconta di essere un boscaiolo venuto lì dal Canada in cerca di un nuovo lavoro.
Il giorno prima della sua partenza, Winslow scopre che un gabbiano morto è finito dentro la cisterna, intorbidandone irrimediabilmente le acque. Attaccato dal solito gabbiano, lo uccide brutalmente in preda alla rabbia: il vento comincia a cambiare drasticamente direzione e la sera una violenta tempesta colpisce l'isola. Winslow e Wake passano la notte a ubriacarsi e, il mattino seguente, la tempesta continua a infuriare, impedendo l'arrivo del traghetto. Mentre esce a svuotare i vasi da notte, Winslow nota un corpo sulla riva e scopre che si tratta di una sirena, che si risveglia e gli urla addosso, costringendolo a scappare. Tornato agli alloggi, Wake lo informa che la tempesta ha rovinato le provviste e che, in assenza dei rifornimenti, non ne avranno di nuove per settimane. I due recuperano una cassa sotterrata alla base del faro che dovrebbe contenere provviste di riserva, ma la trovano piena di bevande alcoliche.
Nei giorni seguenti, mentre la tempesta non dà segno di calmarsi, Winslow e Wake continuano a ubriacarsi, alternando i momenti di intimità a quelli di ostilità . Una notte, Winslow tenta senza successo di rubare le chiavi del faro a Wake mentre questo dorme, per scoprire cosa ci sia in cima. In seguito, allucina di trovare in una trappola per aragoste la testa del precedente assistente di Wake, priva dell'occhio sinistro come il gabbiano che ha ucciso. Confessa poi di chiamarsi in realtà Thomas Howard e che Ephraim Winslow è l'identità di un boscaiolo suo superiore, morto in un incidente che non era riuscito a impedire. Wake inizia a inseguire Howard, accusandolo di aver "sputato il rospo" e distruggendo la loro unica scialuppa con un'accetta; una volta incapacitato, sostiene però che sia stato Howard ad inseguirlo e distruggere la scialuppa. Rimasti senza alcolici, i due bevono un intruglio di miele e trementina, mentre la tempesta peggiora inondando gli alloggi.
Il mattino seguente, Howard trova il diario di bordo di Wake, da cui scopre che questo intende spedirlo via senza paga in quanto pessimo assistente. Wake in tutta risposta gli dà del debole e Howard, stanco delle sue angherie, lo attacca: nel combattimento, Howard ha altre allucinazioni della sirena, del vero Winslow e di un Wake dall'aspetto di Proteo. Alla fine, riesce a sottomettere Wake e lo porta alla buca alla base del faro per seppellirlo vivo. Mentre viene sepolto, Wake lo maledice, augurandogli un fato "da Prometeo". Howard si ferma per prendergli le chiavi della cima del faro, ma Wake si libera e lo colpisce alle spalle con l'accetta, che Howard usa per ucciderlo definitivamente. Accede infine alla cima per vedere la luce: qui, la lente di Fresnel si apre da sola e l'uomo osserva e tocca il suo interno, mettendosi a urlare di dolore fino a cadere giù per le scale del faro.
Tempo dopo, Howard giace sulla scogliera dell'isola nudo e senza un occhio, mentre uno stormo di gabbiani mangia le sue viscere esposte.
Short Synopsis:
The story of an aging lighthouse keeper named Old who lives in early 20th-century Maine
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
E’ sufficiente il primissimo piano sequenza che immortala un fotogramma fatto di nebbia. Un fotogramma che potrebbe appartenere ai primordi del cinema mentre rasenta il formato quadrato. Lo spiazzamento iniziale per questa visione affacciata sul nulla cede il passo al fascino di una imbarcazione ripresa da prua, in lento stato di avanzamento sui flutti marini. La prima inquadratura degli unici due protagonisti, declinata in una sorta di verso e recto della stessa immagine, riprende poi le redini dello spiazzamento, e ancor più quando prendiamo coscienza che il racconto decolla in un bianco e nero anticato da richiamare in memoria un certo cinema muto.
E’ così che prende forma questa storia ruvida e scheggiata, nei modi e nelle parole di personaggi fuori dalle righe del pentagramma di semplici uomini di mare: il giovane guardiano Ephraim Wilson (Robert Pattinson) che in realtà è Thomas Howard ed il vecchio Thomas Wake (Willem Dafoe),
burbero e prepotente con il suo sottoposto da stimolare ed invocare ribellione a tutto campo. Quando i due raggiungono la ‘casa del faro’, così come indicato dal titolo del film The lighthouse, il menage di convivenza e di lavoro si fa sempre più vicino ad un incubo che non ad un mese di civile collaborazione su un’sola desolata. Un’isola nella Nuova Scozia di fine Ottocento, scoglio dominato da un grosso faro, spesso avviluppato da venti e tempeste. Tra i due, il suono sibillino e persistente della sirena dello stesso faro, ed un manipolo di gabbiani tra i quali se ne distingue uno, in particolare per la caparbietà nell’insidiare il povero Wilson/Howard di Pattinson. Gabbiani abitati, si dice, dallo spirito dei defunti marinai, e, nel caso dell’impertinente ed insolente gabbiano, lo spirito del defunto guardiano precedente. Quattro settimane di turno di un lavoro stagionale non sono molte, ma possono diventare un
vero e proprio inferno senza fine - ed è questo per l’appunto il caso - protratto fin troppo, e fin troppo sopra le righe, non senza un certo compiacimento, dal regista horror Robert Eggers, noto per il folgorante esordio di The Witch.
Eppure, a farla da padrone, non è tanto il groviglio di oscure dinamiche comportamentali e di sussistenza tra i due protagonisti, quanto il montare dei simbolismi e delle citazioni d’autore in questa pellicola che si impone all’attenzione come rivisitazione degli albori del cinema, e non solo di genere: parla da sola la scelta, non tanto del bianco e nero, quanto di lenti e focali particolari, tipiche del cinema del secolo precedente. Quanto ritenuto necessario per ricavare dalla stessa fotografia un espressionismo virato sull’orrorifico, sgranato al punto da ammiccare alla pittura. Non è difatti un caso che la singolare risoluzione abbia valso al direttore della fotografia Jarin Blaschke una Nomination
agli Oscar. E se campeggiano generose le citazioni d’autore, con Hitchcok in prima linea - e non certo solo per la sinistra scala a chiocciola – altrettanta generosità si raccoglie in campo dei simbolismi, incastonati virtuosisticamente per abbracciare il mito: clamorosa la reinterpretazione di Prometeo e della punizione di Zeus con l’aquila che ogni giorno sopraggiunge a dilaniargli il fegato, assestata sul finale, che vede il personaggio di Robert Pattinson in un ultimo, tragico confronto con i gabbiani. Tra le righe occhieggia, per contraltare, il mito di Proteo, con cui sembra vedersela il personaggio di Willem Dafoe: ‘proteo’, che significa per l’appunto ‘primordiale’ o ‘nato per primo’, è una divinità spesso associata all’isola egiziana di ‘Faro’, guarda caso, e per di più proteiforme, vale a dire dotata della capacità di trasfigurarsi, e dunque di mutare la propria forma in ogni momento, ma persino anche di cambiare opinioni e parole. Tutte
caratteristiche proprie del Wake di Dafoe che, in questo caso, sembrerebbe dominare pure le allucinatorie visioni ai confini della follia del personaggio di Pattinson. Una matassa che si intorcina sempre più rischiando di andare a diluire quella grande mole di fascino e pathos messe in campo con tanto dispendio di mezzi, mentre si attraversa il reticolato di quella sorta di ‘tranello’, appuntato su un ‘primitivismo’ coincidente con il ‘primordiale’ che, alla resa dei conti, sembra poi imporsi come il vero ‘primo uomo’, protagonista del film.
E dopo tante ombre arrivò la luce, folgorante, accecante, proveniente da quella misteriosa lanterna del faro, collocata alla sommità di una sorta di ‘dedalo’, di labirintica spirale di gradini. Quella luce tanto bramata… come Icaro i raggi del sole.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)