L'ATTESA: LA METABOLIZZAZIONE DI UN LUTTO NEL RACCONTO AD ARTE, TRA PIRANDELLO, SICILIANITA' E CINEMA ITALIANO D'AUTORE DELL'ESORDIENTE REGISTA PIERO MESSINA (GIA' ASSISTENTE ALLA REGIA DI PAOLO SORRENTINO). UNA GIRANDOLA EMOZIONALE INCREDIBILE FATTA DI LUNGHI SILENZI E INTENSE INTERIORIZZAZIONI DOMINATE DALLA MONUMENTALITA' DI JULIETTE BINOCHE CUI FA ECO LA GIOVANE LOU DE LAÂGE
Dalla 72. Mostra del Cinema di Venezia - Toronto Film Festival 2015 - RECENSIONE - Dal 17 SETTEMBRE
"Il film nasce da una serie di suggestioni che, nel tempo, in fase di scrittura, abbiamo cercato di far vivere tutte assieme in un racconto unico: è lo stesso lavoro che ho sempre fatto per i miei corti. Tanti anni fa un amico mi raccontò la storia di un padre che aveva perso un figlio ma che non ne parlava mai, tanto da aver contagiato con questo suo silenzio tutti quelli che conosceva, come se il fatto non fosse mai accaduto. Questo si è innestato con un mio ricordo di infanzia: quello della gente che, con mio stupore, piangeva davanti a un pezzo di legno, la statua della Madonna o dei santi, nelle processioni siciliane. In un caso come nell'altro si si tratta di un gruppo di persone che decidono implicitamente di aderire tutte alla stessa convinzione, alla stessa idea. Pirandello, che cito come riferimento, è arrivato dopo, nel corso di numerose stesure del copione: un amico mi disse di leggere alcuni testi che avevano cose in comune con la mia storia, e questo ci ha permesso di chiudere la storia del film all'ultima stesura della sceneggiatura"
Il regista, co-soggettista e co-sceneggiatore Piero Messina
Sceneggiatura:
Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia, Andrea Paolo Massara e Piero Messina
Soggetto: Giacomo Bendotti, Ilaria Macchia, Andrea Paolo Massara e Piero Messina. Soggetto liberamente ispirato a La vita che ti diedi di Luigi Pirandello
Cast: Juliette Binoche (Anna) Lou de Laâge (Jeanne) Giorgio Colangeli (Pietro) Domenico Diele (Giorgio) Antonio Folletto (Paolo) Corinna Lo Castro (Rosa) Giovanni Anzaldo (Giuseppe)
Tra i grandi saloni di un’antica villa segnata dal tempo, Anna, reduce da un lutto improvviso, trascorre le sue giornate in solitudine. La campagna siciliana aspra e bellissima circonda la casa e la isola mentre la nebbia, che sale lenta lungo le falde dell'Etna, impedisce allo sguardo di spingersi lontano. Solo i passi di Pietro, il tuttofare, rompono il silenzio. Ed ecco improvvisamente arrivare Jeanne, una giovane ragazza che dice di essere la fidanzata di Giuseppe, il figlio di Anna. Lui l’ha invitata in Sicilia per trascorre insieme qualche giorno di vacanza. Anna ignora l’esistenza di Jeanne. E Giuseppe non c’è. Ma le sue cose sono tutte lì, nella sua stanza.
Presto, molto presto sarà di ritorno, così dice Anna non riuscendo a rivelare una verità per lei impronunciabile. I giorni passano, le due donne lentamente imparano a conoscersi e insieme iniziano ad aspettare il giorno di Pasqua, quando Giuseppe sarà finalmente a casa e in paese si terrà una grande processione tradizionale.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Come si dice alle volte - per la verità non capita di frequente - l'allievo supera il maestro. E' proprio il caso di questo elegante e straordinario esordio alla regia di Piero Messina da Caltagirone, dalla formazione, come dire, ingombrante. Essere stato assistente alla regia di Paolo Sorrentino non è cosa da poco o che può passare inosservata. A cominciare dal diretto interessato. Essere poi in grado al primo colpo di trovare la propria maestosa strada, non è da tutti, soprattutto in Italia. E' una questione di "senso visivo ed estetico": quello in grado di dare anima e parole ai silenzi, di riuscire a tenere la macchina da presa come una pinza stretta sul cuore del personaggio fidando non solo sulla monumentalità di un'interprete come Juliette Binoche (Coppa Volpi per Tre colori - Film blu di Krzysztof Kieślowski), di sapere come e quando girare l'obiettivo per avvolgere e carezzare un
personaggio, parafrasandone la soggettiva mentre si rimira allo specchio, il saper muovere da dettagli minimalisti prima di sfiorare l'insieme da angolature inconsuete, o passare direttamente oltre, quando e come spiare da lontano, magari dalla prospettiva di un vicolo che fronteggia l'azione, di una scena come un'altra, dominata dal sussurro, dal silenzio o dai ripetuti messaggi, lasciati alla segreteria telefonica di un cellulare che resta muto.
Sussurri, silenzi, il detto e il non detto, comunicazioni indirette, sguardi deviati, sono questi i nastri con cui Messina incarta e sigilla i palpiti emotivi vibranti ne L'attesa, li congela, se necessario, per preservarne intatto l'aroma. Si tratta di sapere esattamente come metabolizzare le nobili fonti di cui ci si fa carico: di quelle letterarie - e qui Luigi Pirandello, con La vita che ti diedi, e non solo, regna sovrano - così come di quelle di vita vissuta, ad esempio le radici della
propria sicilianità , sull'onda di memorie giovanili. E Messina sa esattamente come farlo: scartando dal folklore e dalla citazione, così come dalla mera traduzione, per elaborare un inedito affresco sul dolore e sulle surreali 'inerpicate scalate umane', auto generate come stampella per sopportare un qualcosa che diversamente porterebbe dritto dritto verso la pazzia. E la sequela di schermi neri di contro ad un'unica dissolvenza in bianco, che si fa largo per raggiungere finalmente il vigoroso abbraccio di regali piani sequenza, è come una sinopia di quella incomparabile voragine emotiva. Voragine che accoglie fino ad inghiottire lo spaesamento della giovane francese Jeanne (Lou de Laâge) che sopraggiunge in cerca del fidanzato Giuseppe, il figlio della protagonista, pure di origine francese, Anna/Binoche. Quel che giustifica il ricorso ai sottotitoli per quella parte di sceneggiatura che non fa capo al silenzio.
Ecco, questo è il "senso visivo ed estetico" che con L'attesa vi resterà incollato