GLI INVISIBILI: TEMPO IMMEMORABILE PER L'HOMELESS RICHARD GERE
RECENSIONE - Al 62. Taormina Film Fest 2016 l'11 Giugno - Dal Taormina Film Fest 2015 - Dal IX. Festival Internazionale del Film di Roma - Dal Giffoni Film Festival 2014 - Toronto Film Festival 2014 - Dal Dal 15 GIUGNO
"È probabilmente il film di cui vado più fiero, è stato a lungo in gestazione poi ho letto la storia di un senzatetto newyorkese, che ha firmato la propria biografia, 'Land of the lost souls: my life in the streets', con il nome di Cadillac Man. Il film si ispira molto alla sua vita... il budget era ridottissimo, avevamo al massimo ventuno giorni di riprese. Ma ho deciso da subito che io avrei fatto l'homeless, dovevo essere invisibile io e anche le macchine da presa e tutto ciò che serve per girare un film. Anche dal punto di vista visivo ne è uscito un prodotto innovativo, quasi sperimentale, molte immagini sono riflesse nelle vetrine dei negozi, le riprese sono state fatte da molto lontano. Nessuno mi ha riconosciuto, nessuno ha osato avvicinarmi. Ho girato in luoghi, come Il Greenwich Village e Gran Central Station, in cui come Richard Gere non potrei mai passeggiare tranquillamente. Per il film ha funzionato a meraviglia, per me è stata un'esperienza molto forte".
L'attore Richard Gere
(Time Out of Mind; USA 2014; Drammatico; 117'; Produz.: Lightstream Pictures; Distribuz.: Lucky Red)
Soggetto: Storia di Jeffrey Caine.
Il film si ispira molto alla vita di un senzatetto a New York che ha firmato la propria biografia, Land of the lost souls: my life in the streets, con il nome di Cadillac Man.
Cast: Jena Malone (Maggie) Richard Gere (George) Danielle Brooks (Assistente) Abigail Savage (Donna dai capelli corti) Brian d'Arcy James (Mark) Jeremy Strong (Jack) Yul Vazquez (Raoul) Geraldine Hughes (Maire) Ben Vereen (Dixon) Tonye Patano (Ms. Jackson) Colman Domingo (Mr. Oyello) Thom Bishops (Ameer) Marian Volk (Membro della Band) Dominic Colón (Felix) Lisa Datz (Laura) Cast completo
Victor Pagan (Uomo disadorno) Faye Yvette McQueen (Dipendente dell'Ufficio di Previdenza) Maria-Christina Oliveras (Dipendente dell'Ufficio di Previdenza) Miranda Bailey (Jennifer) Thom Bishops (Emiro)
Costumi: Catherine George
Scenografia: Kelly McGehee
Fotografia: Bobby Bukowski
Montaggio: Molle DeBartolo
Makeup: Suzy Mazzarese-Allison
Casting: Jodi Angstreich e Laura Rosenthal
Scheda film aggiornata al:
06 Luglio 2016
Sinossi:
IN BREVE:
Un newyorkese decide di entrare in un centro di accoglienza quando si rende conto di aver esaurito qualsiasi altra opzione di alloggio. Comincerà con qualche difficoltà a rimettere di nuovo insieme i pezzi della sua vita e ad aggiustare il rapporto travagliato che ha con la figlia.
SHORT SYNOPSIS:
A homeless man tries to reconnect with his estranged daughter.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
QUANDO ARTE E VERITA' SI METTONO IN AFFARI PUO' USCIRNE FUORI UNO FRA I RITRATTI PIU' NOBILI DELL'ANIMO UMANO, UNO FRA I TANTI (TROPPI) SCIVOLATI SULLE SPONDE DELLA DERIVA. E LA SOCIETA' NON STA NEPPURE A GUARDARE. NON VEDE, NON SENTE, NON PARLA, SEMPLICEMENTE ... GUARDA OLTRE I GUARD RAIL CITTADINI DOVE STAZIONANO 'GLI INVISIBILI'. ECCELSA PROVA DI REGIA PER OREN MOVERMAN E DI RECITAZIONE NO FICTION PER RICHARD GERE
Non vi è dubbio che Gli invisibili (Time Out of Mind, ovvero 'tempo immemorabile') di Oren Moverman (The Messenger-Oltre le regole) includa una sorta di 'One Man Show'. E a caratteri cubitali. Ma è una visione rovesciata rispetto alla concezione comune del termine. E soprattutto incredibilmente abile nel padroneggiare primissimi piani altri. Quasi mai di faccia, piuttosto di sghembo, da tergo, scorci laterali su cui troneggia il profilo. Il profilo di un senzatetto mai scisso dall'ambiente che lo circonda. O, per
Ci si avvia fin dall'inizio su binari di ripresa elettivi, speciali. Una panoramica di città sfuma dietro la cortina di lettere a caratteri cubitali: Gli invisibili del titolo. Appena pochi istanti prima
dell'espressione dello sgomento e della solitudine del personaggio di strada come soggettiva indiretta, straordinariamente filtrata attraverso vetrine di negozi, di esercizi pubblici, di finestre o di finestrini di mezzi di trasporto pubblico. Superfici riflettenti anche la vita cittadina con auto che sfrecciano e luci che lampeggiano, e voci di altri che vivono la loro vita al centro della società che conta. Scorci compressi, frammenti dell'intorno, con voci e rumori cittadini, piccoli siparietti di un quotidiano altro, diventano allora l'idea, la percezione più profonda, dell'indifferenza della città che non ha più occhi, o, per meglio dire, ha scelto la cecità come 'guardia del corpo' preposta alla protezione personale. I protagonisti di questi scorci, loro, sono quelli visibili, e anche spesso oggetto di interesse per George/Gere: fugaci sguardi più o meno compiaciuti, più o meno malinconici, schegge della vita che è stata, e che non è più. E' questo come un pulviscolo
di soggettiva che volteggia costantemente in un respiro contratto ma regolare dentro tutto il film.
Sono questi i toni con cui Moverman prosegue l'implacabile tallonamento di questo personaggio, icona elettiva dell'abbandono, a se stesso prima ancora che dagli altri. E' una nota languidamente costante che persevera in un cangiantismo di situazioni e di umori spiazzante, per come riesce ad esprimere tutta la ricca pienezza, in sapienti riprese a campi strettissimi e silenzi altisonanti, gli aciduli olezzi dell'indigenza. Lo sguardo avanza e penetra poi dentro i ricoveri di accoglienza, i rifugi per senza tetto organizzati da associazioni preposte ad arginare, almeno per quel che è possibile, una piaga sociale dilagante in ogni città del mondo. Ed ecco allora una fauna umana passata al setaccio di controlli e regole da osservare, spesso da parte anche di una sorda burocrazia. Fanno eccezione quei frammenti di buon cuore, comprensione e solidarietà dimostrati da parte di
pochi. La voglia di isolamento è grande ma quando viene a mancare anche il forzato affiancamento del logorroico sedicente jazzista di colore, per George le cose vanno anche peggio. E la fragilità emotiva prende il sopravvento. Non lo vediamo mai piangere o lamentarsi. Solo la figlia Maggie (Jena Malone) riesce a farlo cedere sul piano emotivo. Ed è un cedimento congiunto. Della loro complicata storia veniamo a conoscenza in seno alle domande rivolte man mano al personaggio ai vari sportelli per accedere alla tessera sanitaria o allo stesso centro di accoglienza. Una brutta e tristissima storia. Una storia che resta dietro le quinte del ritratto intimo e sociale di un personaggio tratteggiato con nuance declinate su una intensa e ricca gamma di grigi. Dissolvenza sul finale compresa. E non poteva essere altrimenti! E' questo il caso in cui Arte e Verità si sono messe in affari per poter ritrarre il
lato nobile - proprio quello che non riusciamo a vedere e che invece esiste - di un'umanità scivolata sulle sponde della deriva, suo malgrado.
Gli invisibili galoppa nella sua lenta corsa, anche a cavalcioni di sequenze forti, come quella dell'entrare in chiesa in cerca di un cappotto, o come l'altra in cui troneggia la risata di spalle, l'unica, e puramente sarcastica, in tutto il film, quando George/Gere, ritratto di spalle su una panchina, sente un predicatore per strada che cantilena "Dio ci aiuterà ". Gli echi di una vita, anche ipocrita, cui non appartiene e dalla quale resta deliberatamente fuori senza la pretesa di interagire con essa. Premura, nel senso della fretta di appropriarsi dell'indispensabile per non morire, insofferenza, silente sopportazione, suo malgrado, di situazioni poco tollerabili e disagevoli, smarrimento mentale, sono invece le suppellettili del suo piccolo mondo, fatto di niente. E quando il logorroico compagno di sventura lo incalza
con i suoi fiumi di moralismo condensati in "Tu devi combattere i tuoi demoni" il nostro George/Gere che l'unica cosa che difende a spada tratta sono proprio i suoi spazi silenti e dormienti meglio se innaffiati dall'alcol, si sente punto nel vivo e gli intima il silenzio che finisce in un mandarsi a quel paese a oltranza. Quel che basta a far estromettere il compagno dal centro di accoglienza. Ed ecco che la concessione a se stesso del lusso di un'infinitesimale intemperanza ha subito le sue amare conseguenze. Devastanti per chi non ha niente cui aggrapparsi come lui. Gli invisibili si fa così strada aprendosi un ampio varco, breccia dopo breccia, sul grande schermo e nelle nostre coscienze, che iniziano una imprevista graduale dilatazione.
E' questo uno di quei film che non ti aspetti. Una regia ed una performance che non ti aspetti. E, purtroppo, anche una distribuzione che non