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    UNBROKEN: ANGELINA JOLIE TORNA ALLA REGIA DOPO 'NELLA TERRA DEL SANGUE E DEL MIELE' CON UN SOGGETTO ANCORA UNA VOLTA DI GUERRA. AL TIMONE DELLA SCENEGGIATAURA I FRATELLI COEN CON RICHARD LAGRAVENESE

    3 NOMINATION agli OSCAR 2015: 'MIGLIOR FOTOGRAFIA' (Roger Deakins); 'MIGLIOR MONTAGGIO SONORO'; 'MIGLIOR SONORO' - Dal 29 GENNAIO - RECENSIONE ITALIANA in ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by JUSTIN CHANG (www.variety.com)

    "Una parte di voi crede ancora che si può combattere e sopravvivere, al di là della ragione. Dove c'è ancora vita, c'è ancora speranza. Quello che succede dipende da Dio".
    Louie Zamperini

    "La generazione di Louie è reduce dalla Grande Depressione. Erano uomini duri,
    forti, grandi lavoratori e con un senso della famiglia e della comunità che li ha sostenuti attraverso le enormi avversità. Quando sono stati reclutati per servire il loro paese erano molto giovani, e sono partiti. Hanno fatto molto per noi, non importa quanto fossero spaventati, non importa quanto fossero lontani da casa. C'è così tanto dolore nel mondo. Credo che noi tutti oggigiorno abbiamo bisogno di storie come questa – quella del percorso di un uomo che cerca la propria strada dopo periodi bui - storie che ci possono aiutare, ci ispirano, ci mostrano qualcosa di straordinario e ci danno un senso positivo della vita
    ".
    La regista Angelina Jolie

    (Unbroken; USA 2014; Drammatico; 130'; Produz.: Universal Pictures/3 Arts Entertainment/Jolie Pas/Legendary Pictures; Distribuz.: Universal Pictures International Italy)

    Locandina italiana Unbroken

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    Celluloid Portraits:



    See SHORT SYNOPSIS

    Titolo in italiano: Unbroken

    Titolo in lingua originale: Unbroken

    Anno di produzione: 2014

    Anno di uscita: 2015

    Regia: Angelina Jolie

    Sceneggiatura: Ethan e Joel Coen con Richard LaGravenese

    Soggetto: Dal romanzo Seabiscuit: Un Mito Senza Tempo di Laura Hillenbrand. Adattamento di William Nicholson.

    Cast: Jack O'Connell (Louis 'Louie' Zamperini)
    Jai Courtney (Hugh 'Cup' Cuppernell)
    Garrett Hedlund (John Fitzgerald)
    Domhnall Gleeson (Russell Allen 'Phil' Phillips)
    Finn Wittrock (Francis 'Mac' McNamara)
    Alex Russell (Pete Zamperini)
    Spencer Lofranco (Harry Brooks)
    Luke Treadaway (Miller)
    John D'Leo (Giovane Pete)
    John Magaro (Frank A. Tinker)
    Sean O'Donnell (Boy)(s) (Voce)
    Morgan Griffin (Cynthia Applewhite)
    Vincenzo Amato (Anthony Zamperini)
    Maddalena Ischiale (Louise Zamperini)
    Jordan Patrick Smith (Cliff)
    Cast completo

    Musica: Alexandre Desplat

    Costumi: Louise Frogley

    Scenografia: Jon Hutman

    Fotografia: Roger Deakins

    Montaggio: Tim Squyres

    Effetti Speciali: Brian Cox (supervisore effetti speciali); Shane Thomas, Joseph Kasparian e Philippe Theroux (supervisori effetti visivi)

    Makeup: Shane Thomas

    Casting: Francine Maisler

    Scheda film aggiornata al: 17 Febbraio 2015

    Sinossi:

    IN BREVE:

    Storia del corridore olimpico ed eroe di guerra Louie Zamperini (Jack O'Connell), che sopravvisse 47 giorni in un canotto di salvataggio dopo un incidente aereo per poi finire prigioniero di guerra in Giappone.

    IN DETTAGLIO:

    Nel maggio del 1943 un bombardiere americano precipita nel mezzo dell'Oceano Pacifico. Dell'equipaggio si salvano soltanto tre membri, uno dei quali è Louis Zamperini, figlio di immigrati italiani. Dopo aver percorso 3200 chilometri in mare nutrendosi di uccelli crudi e fegato di pescecane, i tre sbarcano su un'isola in mano giapponese. Per due anni passeranno da un campo di prigionia all'altro, incontrando sadici aguzzini come il sergente Watanabe e misurandosi ogni giorno con la possibilità di essere uccisi, fino alla resa del Giappone e alla liberazione. Questa, per Louis Zamperini, è solo l'ennesima prova di una vita avventurosa sin dall'infanzia: giovanissimo delinquente di strada, aveva trovato nell'atletica leggera una via d'uscita, diventando un campione di mezzofondo e partecipando con onore ai 5000 metri alle Olimpiadi di Berlino del 1936 (dove aveva ricevuto i complimenti di Hitler in persona). Reclutato nell'Aviazione nel 1940, mentre si stava preparando alle sue seconde Olimpiadi, prima di precipitare con il suo B24 nel Pacifico era sopravvissuto a durissimi combattimenti alle Hawaii. Conclusa la guerra, anche il rientro in patria non è semplice: gli incubi lo tormentano, portandolo a rifugiarsi nell'alcol. Poi il matrimonio con una ragazza di buona famiglia, bella e intelligente, e la riscoperta della fede.

    SHORT SYNOPSIS:

    A chronicle of the life of Louis Zamperini, an Olympic runner who was taken prisoner by Japanese forces during World War II.

    Commento critico (a cura di GABRIELE OTTAVIANI)

    Louie aveva un sogno. Correre le Olimpiadi in Giappone. È riuscito a realizzarlo. Solo, un po’ più tardi del previsto. Infatti, con un sorriso smagliante e simpaticissimo e l’intatto stile del mezzofondista che fu, ha fatto da tedoforo sulla strada per i giochi invernali di Nagano 1998, quelli per cui, tanto per dire, in Italia si facevano orari impossibili davanti alla televisione per vedere sciare Deborah Compagnoni, che in quei giorni vinse l’oro nello slalom gigante e l’argento nello slalom speciale, sconfitta da Hilde Gerg - che fu in quell’occasione più temeraria della straordinaria campionessa valtellinese - per soli sei centesimi di secondo dopo aver chiuso in testa da par suo la prima manche. Millenovecentonovantotto. Quasi duemila. Louie aveva ottant’anni compiuti all’epoca. È morto da poco, ha sfiorato il secolo di vita. Di una vita che non può non definirsi intensa e piena. Una vita vera, una storia vera, che

    non poteva non diventare un film. Dal titolo evocativo. E anch’esso vero. Unbroken. Perché le avversità hanno provato a fiaccarlo in ogni modo, ma Louie non si è mai lasciato abbattere o spezzare: al massimo può aver tentennato, accusato il colpo, ondeggiato come le fronde dei salici a cui, con riferimento biblico, Salvatore Quasimodo, e con lui tutti i poeti, appendevano le loro cetre, perché non era più tempo di cantare. Era tempo di guerra. E Louie la guerra l’ha fatta. Ha cominciato a combattere sin da ragazzino, perché non è che il figlio di emigrati italiani (il cognome è Zamperini), con un’insana passione, per giunta, per mettersi nei guai, fosse visto tanto di buon occhio, nell’America di inizio Novecento. Anzi. Ma il mangiaspaghetti corre come il vento, e grazie al fratello, ottimo motivatore, arriva da Torrance, California, ad essere uno dei rappresentanti del suo Paese a Berlino 1936, i

    giochi che, nel tempio del delirio sulla razza ariana, vedono il trionfo di Jesse Owens, che certo biondo con gli occhi azzurri non era. E dove, tra i membri della compagine nipponica, c’è un ragazzo dallo sguardo ambiguo. Uno sguardo che tornerà a incrociare gli occhi di Louie. Dopo Berlino, la città che si è vista assegnare l’onore di ospitare i giochi olimpici è Tokyo. Ma nel 1940 le Olimpiadi sono annullate. Nel frattempo è scoppiata la seconda guerra mondiale. Hitler ha invaso la Polonia e via discorrendo. Sangue, sudore, morte. Louie viene richiamato alle armi, è un valido puntatore: ma gli aerei con i quali lui e i suoi compagni sono costretti a volare sull’oceano sono carrette, a voler essere gentili, e un giorno, mentre sono in volo per una missione di recupero, precipitano. Si salvano in tre, tra cui evidentemente lui, e vanno alla deriva per settimane, strappando

    la vita a morsi: poi li trovano. Ma i loro salvatori sono i nemici, i carnefici, i giapponesi. Che li imprigionano, li torturano…

    Tratto dal romanzo di Laura Hillenbrand, scritto dai fratelli Coen, musicato da Desplat, ben recitato da un cast nutrito (Jack O'Connell, Jai Courtney, Garrett Hedlund, Takamasa Ishihara, Domnhall Gleeson e Finn Wittrock, solo per fare qualche nome), è un film forse un po’ troppo lungo, soprattutto nella parte centrale - comunque funzionale, ma in cui sembra smarrire un po’ il centro - però è solido, potente, valido, credibile, bilanciato anche nella descrizione del rapporto, sottile e intenso, tra la vittima e il suo persecutore. Candidato a tre premi Oscar, è diretto con mano niente affatto insicura da Angelina Jolie.

    Secondo commento critico (a cura di JUSTIN CHANG, www.variety.com)

    JACK O'CONNELL PLAYS OLYMPIC ATHLETE AND AMERICAN WAR HERO LOUIS ZAMPERINI IN ANGELINA JOLIE'S WELL-MOUNTED BUT UNDERWHELMING WWII DRAMA.

    Impeccable craftsmanship and sober restraint have been brought to bear on “Unbroken,” Angelina Jolie’s beautifully wrought but cumulatively underwhelming portrait of Louis Zamperini, the Olympic runner-turned-U.S. Air Force bombardier who spent 47 days lost at sea and more than two years as a prisoner of the Japanese military during WWII. In re-creating the nightmarish journey so harrowingly relayed in Laura Hillenbrand’s biography, Jolie has achieved something by turns eminently respectable and respectful to a fault, maintaining an intimate, character-driven focus that, despite the skill of the filmmaking and another superb lead performance from Jack O’Connell, never fully roars to dramatic life. A bit embalmed in its own nobility, it’s an extraordinary story told in dutiful, unexceptional terms, the passionate commitment of all involved rarely achieving gut-level impact.

    With a major awards push

    for Jolie and her topnotch collaborators — d.p. Roger Deakins, composer Alexandre Desplat and editors Tim Squyres and William Goldenberg not least among them — Universal should be able to court a sizable worldwide audience for this capably stirring, morally unambiguous and classically polished prestige picture about an unusually spirited member of the Greatest Generation who survived a hell beyond anyone’s imagination. (Zamperini died in July at the age of 97, due to complications from pneumonia.) After languishing in development for decades, the project finally took viable shape with the 2010 publication of Hillenbrand’s book, adapted here by the unlikely team of the Coen brothers (in their third scripting-for-hire gig, after 2012’s “Gambit” and 1985’s “Crimewave”), Richard LaGravenese and William Nicholson.

    Regardless of their individual contributions, none of the credited writers faced an easy or enviable task in fashioning a feature-length narrative out of their exhaustively researched source material (for which

    Hillenbrand interviewed Zamperini 75 times over the course of eight years). In runners’ parlance, “Unbroken” feels like a good, steady 10k where a marathon was arguably called for: For all its scenes of intense deprivation and extreme brutality, the film never quite manages, over the course of 137 carefully measured minutes, to reproduce the feeling of a sustained endurance test. Nor does it succeed in dramatizing the human need for faith and forgiveness, one of its more baldly stated themes, in more than perfunctory, platitudinous terms.

    Of course, to expect any movie to place the viewer directly into Zamperini’s spiked cleats, or even begin to approximate the depth and horror of his wartime experiences, would hold it to an impossible standard. Yet the bar is set unreasonably high from the moment “Unbroken” introduces itself as “a true story,” a presumptuous choice of words (the “based on” qualifier is conspicuously absent) that

    the script never fully earns as it guides us through a series of conventional, connect-the-dots flashbacks. An exciting aerial-combat prologue finds O’Connell’s Louis — or Louie, as he was more commonly known — flying a rickety B-24 bomber over the Pacific, where he and his comrades drop their payload on Japanese bases, shoot down Zero planes and take plenty of fire in return.

    In short order we’re introduced to Louie’s younger self (a perfectly cast C.J. Valleroy), a restless, often bullied and misunderstood kid from Torrance, Calif., whose trouble-making antics give his Italian immigrant parents (Maddalena Ischiale, Vincenzo Amato) no shortage of grief. Yet his older brother Pete (played at different ages by John D’Leo and Alex Russell) soon recognizes that Louie’s talent of getting himself in and out of various scrapes has made him an uncommonly fast runner, and before long the kid is not just a high-school track

    star but a local legend, hailed in the papers as “the Tornado of Torrance.”

    “A moment of pain is worth a lifetime of glory,” Pete tells his brother, in one of those handy, endlessly recyclable nuggets of thematic wisdom that will resonate just a few short scenes later, when 19-year-old Louie makes it to the 1936 Berlin Olympics and places a not-too-shabby eighth in the 5,000-meter race. Although there’s a brief glimpse of Jesse Owens (Bangalie Keita) and swastika flags, foreshadowing events on the not-too-distant horizon, the film notably omits such juicy details as Louie’s brief handshake with Hitler, focusing instead on the lad’s quicksilver ability to defy the odds, to evince a sudden burst of speed or stamina when it counts most — whether that means overtaking his more seasoned opponents on the track, or surviving the horrific ordeal that awaits him on May 27, 1943.

    On that day, a B-24

    crashes into the Pacific, killing eight men aboard and leaving Louie stranded at sea with his pilot, Capt. Russell Alan “Phil” Phillips (Domhnall Gleeson), and tail gunner, Sgt. Francis “Mac” McNamara (Finn Wittrock). Bobbing along in two life rafts with dwindling rations, fending off attacks by neighboring sharks and Japanese bombers (at one point simultaneously), the three men will last more than a month before Mac succumbs, leaving Phil and Louie to drift, sun-scorched and emaciated, for another 15 days or so. Yet the film’s attempts to convey the slow, arduous passage of time feel rushed and noncommittal, effectively cherry-picking the book’s more memorable nautical setpieces and adding a few temporal markers (“Day 18,” etc.), quick visual dissolves and the stately swells of Desplat’s score. Following a recent wave of intensely immersive survival stories (“All Is Lost” makes a particularly instructive comparison), “Unbroken’s” streamlined, checklist-style approach seems all the more

    rote and obligatory.

    The sense that we’re getting the slightly watered-down version persists when Louie and Phil fall into Japanese hands and are sent to Omori, a POW camp in Tokyo. The two friends are forcibly separated, and for the film’s remaining hour or so, Louie will have a far less welcome companion in the form of Mutsuhiro Watanabe (Miyavi), aka “the Bird,” a terrifyingly sadistic Japanese army sergeant who immediately takes a special interest in this quietly defiant American prisoner, in whom he sees a flickering shadow of his own ferocious life force. Yet Watanabe’s affection manifests itself in the most brutal possible way, as he beats his favorite mercilessly with a kendo stick for minor or nonexistent infractions (the camera rarely flinches even when our hero does), at one point even forcing the other prisoners to line up and punch Louie in the face for no reason, one by

    one.

    Jolie previously examined the dehumanization of war in her little-seen 2011 directing debut, “In the Land of Blood and Honey,” a muddled but provocative drama set in 1990s Bosnia-Herzegovina. “Unbroken” serves up a similarly relentless catalog of wartime woes — filthy conditions, crippling thirst and hunger, back-breaking labor, nonstop verbal and physical abuse, nasty injuries, ritualized humiliations, and the hopeless knowledge that an Allied victory will only bring about the prisoners’ execution. Yet there’s something unmistakably soft-edged, if not sanitized, about these PG-13 horrors, the accrual of which produces a curious sort of paradox by film’s end: What we’ve seen is at once plenty grueling and nowhere near grueling enough, on the basis of what Zamperini really went through. (“Where’re the maggots? Where’s the dysentery?” my screening companion whispered over the closing credits, unsatisfied by a relatively tasteful scene of Louie and his fellow inmates disposing of their presumably disease-ridden

    excrement.)

    Any dramatic account of real-life events must of course filter and condense, yet several omissions in “Unbroken” are especially telling: We’re denied any real sense of the young Louie’s insatiable appetite for mischief; nor do we see him and his comrades conversing in secret code, or paying hilariously flatulent tribute to Japan’s Emperor Hirohito, or conceiving a desperate plot to murder Watanabe — or, barring that, inducing a crippling bout of diarrhea that puts the miserable sergeant out of commission for more than a week. Jolie sensitively conveys the solemn intimacy and tender camaraderie that arise among men at war, but she never captures these soldiers in all their bawdy, rough-and-tumble vigor and rebellious energy; nor does she evoke the fire in Zamperini’s belly that made him not just a survivor but a natural-born leader, his instincts and intellect as nimble as his feet.

    To its credit, the movie doesn’t shy

    away from showing Louie praying his way through much of his ordeal, at one point promising to dedicate his life to God in the unlikely event that he survived. (He did, and he did.) Indeed, “Unbroken” is not above turning its subject into a sort of 20th-century Christ figure, namely when the Bird forces Louie to lift a heavy beam over his shoulders and hold the position for what feels like hours on end. Yet the dramatic seeds that are planted here never fully take root: Zamperini’s post-rescue conversion and his subsequent attempts at a moral reckoning with his captors are dispensed with in the closing titles, leaving you blinking at the unrealized potential of a longer, bolder and more spiritually inquisitive movie than this one.

    Where Jolie’s restraint pays off is in her keenly concentrated focus on Louie’s interior journey; there is a brief cutaway to the distressed Zamperini family

    at a logical point in the narrative, but little in the way of contextualizing dates and details, and only the barest of allusions to the devastation of Hiroshima and Nagasaki as the war draws to a close. All in all, given its subject, “Unbroken” is a remarkably quiet picture; the men’s dialogue exchanges tend toward the terse and sardonic, while the silences are often freighted with tension and anxiety, and Jolie wisely lets much of the drama play out in her actors’ unfailingly eloquent faces.

    It’s been a while since a young male performer seized the screen with such startling force as O’Connell, whom festival and arthouse audiences may know from his excellent performances in the recent “Starred Up” and the forthcoming “’71.” The conception of his character here may leave something to be desired, but O’Connell’s acting has rarely been more soulful or delicate: Once more he has placed his

    extraordinary physicality in service of an intensely demanding role, requiring him to run like the wind, stand as still as a stone and undergo any number of weight fluctuations in between. Yet it’s also a performance built from innumerable fine-grained details — a suddenly clenched posture or a quickly downturned glance, to name two of Louie’s natural responses whenever the Bird appears.

    Miyavi, a Japanese singer-songwriter making his bigscreen debut, was a smartly counterintuitive choice for the role, and if he never quite nails the perverse sexual rapture that Watanabe derives from the abuse he dishes out, the actor more than upholds his half of the film’s sinister psychological duet. (He also may help stir his fans’ interest in a picture whose matter-of-fact treatment of Japanese brutality will require especially careful handling in Asian markets.) Gleeson, going blond for a change, is excellent as the faithful friend who serves as an

    occasional spiritual guide to Louie; of the other soldier roles, Garrett Hedlund has the most substantial screen time as Louie’s ally Cmdr. John Fitzgerald.

    Whether shooting on land, in air or at sea (with Australian locations ably standing in for all three), Deakins delivers unsurprisingly beautiful images of exceptional richness and clarity. The visuals achieve a particularly vivid sense of place in production designer Jon Hutman’s meticulous re-creations of Omori and Naoetsu, the camp to which Zamperini was transferred in March 1945; no less impressive is the fluidity of the camerawork in and around the tight interiors of the B-24s, enhanced considerably by the input of adviser Bob Livingstone. Even when the characters’ faces and bodies are smudged with blood, mud, soot and worse, the technical package is never short of immaculate.

    Pressbook:

    PRESSBOOK COMPLETO in ITALIANO di UNBROKEN
    ENGLISH PRESSBOOK of UNBROKEN

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