MONUMENTS MEN: GEORGE CLOONEY ALLENTA LA TENSIONE CON UNA COMMEDIA AMBIENTATA ALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE. MA ANCORA UNA VOLTA SI FA IN TRE, PER REGIA, SCENEGGIATURA E RECITAZIONE GUARDANDO ALL'ORIZZONTE DELLO SBARCO IN NORMANDIA
Dalla 64. Berlinale (6-16 Febbraio 2014 - FUORI CONCORSO) - RECENSIONE ITALIANA e PREVIEW in ENGLISH by SCOTT FOUNDAS (www.variety.com) - Dal 13 FEBBRAIO
"Ancora oggi ci sono persone che stanno cercando di recuperare le opere d’arte che furono confiscate alle loro famiglie dai nazisti... È evidente che questa storia non si è conclusa nel 1945: la ricerca delle opere d’arte scomparse continua tuttora. Sono migliaia i capolavori ancora mancanti all’appello, mentre altrettanti ai trovano in case private o in bella mostra nei musei. Riuscite a immaginare se tutto fosse andato distrutto? Sarebbe stata una tragedia".
Il co-sceneggiatore Grant Heslov
(The Monuments Men; USA/GERMANIA 2013; Commedia; 118'; Produz.: Smoke House/Studio Babelsberg; Distribuz.: 20th Century Fox)
Soggetto: Dal romanzo Monuments Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia (The Monuments Men: Allied Heroes, Nazi Thieves, and the Greatest Treasure Hunt in History) di Robert M. Edsel e Bret Witter.
Cast: George Clooney (Frank Stokes) Matt Damon (James Granger) Bill Murray (Richard Campbell) Cate Blanchett (Claire Simone) John Goodman (Walter Garfield) Jean Dujardin (Jean Claude Clermont) Hugh Bonneville (Donald Jeffries) Bob Balaban (Preston Savitz) Dimitri Leonidas (Sam Epstein) Lee Asquith-Coe (Sergente istruttore Drill) (Non accreditato) Diarmaid Murtagh (Capitano Harpen) Sam Hazeldine (Colonnello Langton) Xavier Laurent (Soldato dell'esercito francese) Andrew Byron (Sergente di approvvigionamento) Grant Heslov (Medico) Cast completo
Nick Clooney (Frank Stokes da vecchio)
Musica: Alexandre Desplat
Costumi: Louise Frogley
Scenografia: James D. Bissell
Fotografia: Phedon Papamichael
Montaggio: Stephen Mirrione
Effetti Speciali: Gerd Nefzer (supervisore)
Casting: Jina Jay
Scheda film aggiornata al:
18 Marzo 2014
Sinossi:
IN BREVE:
In una corsa contro il tempo, una squadra di storici dell'arte e curatori di musei si attiva per recuperare opere d'arte rubate dai nazisti, prima che Hitler le distrugga. 'Uomini dei monumenti' è l'abbreviazione di 'Monuments, Fine Arts, and Archives section of the Allied Armies', una divisione delle forze armate formata nel 1943 dal presidente Roosevelt e dal generale Eisenhower con il compito di proteggere le opere d'arte dalla furia distruttiva della Seconda guerra mondiale. Un'unità militare che sul finire della guerra arrivò a contare su 345 uomini e donne provenienti da 13 paesi, tutti con la singolare caratteristica di essere prima di tutto storici dell'arte, curatori di musei o esperti di conservazione e solo in seconda battuta anche dei soldati.
IN ALTRE PAROLE:
Ispirato alla storia vera della più grande caccia al tesoro di tutti i tempi, MONUMENTS MEN è un film d’azione che racconta la vicenda di un gruppo di sette soldati, non più giovani e non più tanto in forma, composto da direttori di museo, curatori, artisti, architetti e storici dell’arte che, durante la seconda guerra mondiale, raggiunsero le linee del fronte per recuperare i capolavori artistici trafugati dai nazisti e restituirli ai legittimi proprietari. Considerando che le opere d’arte erano in territorio nemico, come potevano questi uomini sperare di riuscire nell’impresa? E tuttavia, quando si trovarono coinvolti in una gara contro il tempo per evitare la distruzione di un patrimonio artistico millenario, tutti i Monuments Men misero in gioco la vita per proteggere e difendere i grandi tesori dell’umanità .
SYNOPSIS:
An unlikely World War II platoon are tasked to rescue art masterpieces from Nazi thieves and return them to their owners.
Based on the true story of the greatest treasure hunt in history, The Monuments Men is an action drama focusing on an unlikely World War II platoon, tasked by FDR with going into Germany to rescue artistic masterpieces from Nazi thieves and returning them to their rightful owners. It would be an impossible mission: with the art trapped behind enemy lines, and with the German army under orders to destroy everything as the Reich fell, how could these guys - seven museum directors, curators, and art historians, all more familiar with Michelangelo than the M-1 - possibly hope to succeed? But as the Monuments Men, as they were called, found themselves in a race against time to avoid the destruction of 1000 years of culture, they would risk their lives to protect and defend mankind's greatest achievements. From director George Clooney, the film stars George Clooney, Matt Damon, Bill Murray, John Goodman, Jean Dujardin, Bob Balaban, Hugh Bonneville, and Cate Blanchett. The screenplay is by ...
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
NON UN DOCUMENTO MA NON SOLO UNA VERSIONE 'ESTETIZZANTE' DEI FATTI. NON MANCA INFATTI IL SOTTILE SARCASMO DI PESANTE DENUNCIA CONTRO IL NAZISMO E LA FOLLE VISIONE HITLERIANA, CELEBRATO CON PAUSE, LUNGHI SILENZI ED IMBARAZZO IN SOSPENSIONE AD EFFETTO, IN SENO A SEQUENZE FORTI CHE AFFIORANO DA UNA PATINA A TRATTI TERMICA E SCANZONATA, SCELTA DELIBERATAMENTE DA CLOONEY COME VEICOLO DI TRASMISSIONE IDEALE PER RAGGIUNGERE LA GRANDE PLATEA. E SULLA DENUNCIA CORALE 'ALL STAR' DI UNO TRA GLI INNUMEREVOLI MISFATTI DI MARCA NAZISTA, BRILLA DI LUCE PROPRIA LA DIAMANTINICA LUMINESCENZA DELLA CAMALEONTICA CATE BLANCHETT, SOTTILMENTE UNICA E DOPPIA COME RICHIESTO DA PERSONAGGIO E CIRCOSTANZE. PECCATO CHE LE BUONE INTENZIONI DI GEORGE CLOONEY DI ONORARE LA MEMORIA STORICA DEI 'MONUMENTS MEN', SIANO NAUFRAGATE SU UNA DIMENTICANZA IMPERDONABILE: PRESENTARLI ALL'OPINIONE PUBBLICA NELLA LORA VERA IDENTITA'
Rintoccano dei forti colpi sparati sul grande schermo. Uno dopo l'altro. In perfetto sincronismo con l'avvicendarsi di
della sua storia, individuale e collettiva. 'Quando è in pericolo la cultura, è in pericolo la memoria storica dell'umanità '. E l'umanità senza cultura è già morta. Ma si dà il caso che la follia criminale di stuoli e stuoli di nazisti al servizio di Hitler e del suo mega galattico progetto museale (il Fuhrer Museum) non se ne facessero un problema. E di tale progetto Clooney si preoccupa di dare un'idea viaggiando con la sua m. d. p. all'interno di un modellino in scala, un 'plastico' che ne riproduce nei dettagli dimensioni e portata, conducendoci direttamente davanti all'ingresso principale, trionfalmente inneggiante all'ideatore e futuro proprietario. Da rimarcare il fatto che in caso di fallimento di tal progetto, in caso di cattura o morte del Fuhrer, ogni opera d'arte defraudata dai nazisti incaricati ai legittimi proprietari, fossero essi collezionisti privati ebrei o istituzioni museali, avrebbe dovuto essere distrutta. Ne
danno un'idea piena alcune schegge, che Clooney non si fa mancare in seno alla sua personale ricostruzione, rivisitazione degli eventi, dove si ritraggono manipoli nazisti intenti a bruciare alcune opere di arte contemporanea non gradite (la cornice bruciacchiata senza dipinto con la scritta Pablo Picasso ne è una simbolica, eloquente testimonianza). Non stiamo infatti parlando di opere d'arte qualsiasi ma dei più insigni capolavori della storia dell'arte mondiale. Il meglio del meglio del patrimonio culturale dell'umanità , come ad esempio il trafugato, e poi rinvenuto dopo mille peripezie, gruppo marmoreo con la Madonna e il Bambino di Bruges di Michelangelo. E di fronte a questo genere di furto non c'è guerra che tenga! C'è chi non se l'è sentita di restare a guardare, eppure, occorse del tempo prima che la sezione Monumenti, belle arti e archivi dell’esercito anglo-americano (Monuments, Fine Arts and Archives Group- MFAA), con il sostegno del Presidente Roosevelt
Ma la didascalia iniziale 'tratto da una storia vera' che fa da apripista al Monuments Men di Clooney, non tragga in inganno. E' lui stesso a precisare che il suo Monuments Men non è un film di guerra. E là dove protagonista di un particolare capitolo di storia che coincide con il dramma della seconda guerra mondiale, è l'Arte con la A maiuscola, la
veste 'estetizzante' cui qui aderisce Clooney con estrema convinzione, non è poi così fuori luogo. Un'occasione preziosa per citazioni a grappolo: a cominciare con la materia prima masticata su opposti versanti da Steven Spielberg - dal primo Indiana Jones e i predatori dell'Arca perduta, là dove le casse di legno con reperti preziosi, anzi sacri, e i ladri nazisti sono di casa, fino all'ultimo Indiana Jones e il teschio di cristallo, che del primo registra l'effetto eco, mentre l'illuminato capolavoro Schlinder's List esce dalla fiction per fare sul serio - passando per polverose pellicole (1979) tra cui il Forza 10 da Navarone di Guy Hamilton o Una strada, un amore di Peter Hyams, là dove gli aerei facevano sfoggio di fiancate variopinte a soggetto, come dire, a valenza psicoterapica. D'altra parte, fuori dai denti di una veste accademicamente documentaristica, sfiorando qua e là le cadenze scanzonate di un cameratismo fatto
di solidarietà intorno ad un obiettivo comune, Clooney ci tiene a trovare spazio e tempi, per un sarcastico distillato di veleno a carico di visione e operato nazista, iniettato lentamente qua e là in sequenze rese particolarmente 'mordaci' sull'onda di pause e silenzi prolungati, spalancati su vergogne imbarazzanti. Così come la domanda focale che serpeggia per l'intera pellicola dando il senso pieno alla missione dei 'Monuments Men': una o più opere d'arte valgono il sacrificio di una o più vite umane? La domanda rischia di essere retorica tanto quanto la risposta che Clooney celebra su un finale che potrebbe peccare di 'populismo' per usare uno dei termini più inflazionati del momento.
in e per la celluloide, senza fare il minimo cenno ai veri nomi e cognomi degli originali Monuments Men. Così che, se per puro caso non ci si è letti prima lo storico best seller di Robert M. Edsel (Monuments Men. Eroi alleati, ladri nazisti e la più grande caccia al tesoro della storia) cui il film di Clooney si è ispirato - o almeno il pressbook - non sapremo mai, ad esempio, che il personaggio interpretato dallo stesso Clooney, nel film rispondente a tal Frank Stokes, si riferisce al tenente comandante George Stout (1a Armata e 12° gruppo d'armata degli Stati Uniti), o che il James Granger di Matt Damon rende onore al merito del tenente comandante James J. Rorimer (zona delle comunicazioni e 7a Armata degli Stati Uniti), o che la Claire Simone di Cate Blanchett si riferisce all'amministratrice temporanea del museo Jeu de Paume, Rose Valland, una
vera 'donna monumento' che la storia oltre che l'arte non potranno mai ringraziare abbastanza per quello che si è spinta a fare rischiando il tutto e per tutto in prima persona. Personaggio cui d'altra parte la Blanchett rende tutti gli onori possibili dall'alto della sua superba performance, sottilmente unica e 'doppia' nella dimensione di spia infiltrata, in grado di irradiare l'intera pellicola, elevandosi al di sopra del cast stellare che Clooney ha voluto a bordo di questo suo progetto. Ma la domanda, e questa volta è la nostra, sorge spontanea: se in effetti si tratta di una storia di capitale importanza eppure poco conosciuta così come del resto i suoi protagonisti, non valeva forse la pena di pagare pegno alla memoria storica reale con maggior rigore rendendo pubblica anche la loro identità anagrafica!?
Secondo commento critico (a cura di SCOTT FOUNDAS, www.variety.com)
IN HIS FIFTH DIRECTORIAL FEATURE, GEORGE CLOONEY TRANSFORMS A FASCINATING ART-WORLD DETECTIVE STORY INTO A SURPRISINGLY LIFELESS PRESTIGE PICTURE.
It’s not only the great works of European art that have gone missing in “The Monuments Menâ€; the spark of writer-director-star George Clooney’s filmmaking is absent, too. In adapting writer Robert M. Edsel’s account of the men charged with protecting the Western world’s aesthetic treasures from wartime destruction, Clooney has transformed a fascinating true-life tale into an exceedingly dull and dreary caper pic cum art-appreciation seminar — a museum-piece movie about museum people. Fronting an all-star cast and top-drawer craft contributions in every department, this expensive-looking Sony/Fox co-production should outpace the $75 million worldwide gross of Clooney’s previous turn in the director’s chair (2011’s “The Ides of Marchâ€), but doesn’t amount to more than a footnote in his remarkable filmography.
When Clooney started out as a director, it was clear he’d learned a
great deal about technique from his many collaborations with Steven Soderbergh, and his first two features, “Confessions of a Dangerous Mind†(2002) and “Good Night, and Good Luck†(2005), were compelling evidence that the pupil might be as good as the master. Though wildly divergent in tone, both those movies were inventive biopics set against the backdrop of live television production — a world Clooney grew up in — and “Confessions†in particular seemed informed stylistically by the fast pace and self-reflexivity of live TV. But “The Ides of March†and now “The Monuments Men†are likes movies made by someone else: dutiful, establishment prestige pictures with “big†ideas communicated in thuddingly literal fashion. In short, if Clooney started out as Soderbergh, somewhere along the way he seems to have turned into ’80s-era Norman Jewison.
In between “Good Night†and “Ides,†Clooney made “Leatherheads,†a stab at ’30s screwball comedy that
was reliably a half-beat off from Howard Hawks’ rhythms. And with “The Monuments Men,†Clooney seems to be aiming for something faintly Hawksian again, casting himself in the role of Frank Stokes, the Fogg Museum art historian who conceives of the Monuments, Fine Arts and Archives (MFAA) program and ultimately finds himself running it. The time is the spring of 1944, a few weeks after Allied bombers destroyed a fifth-century abbey at Monte Cassino in Italy, mistakenly believing it to be a Nazi stronghold, and despite a presidential order stating that important historical and artistic sites were not to be bombed. The only solution, Stokes (who’s based on the real Fogg curator and conservationist George Stout) proposes, is to create an elite corps of art-world experts who’ll travel to the front lines and advise those in command, while also working to recover the thousands of artworks stolen by the Nazis
from private Jewish collections and museums alike — many of them destined for Hitler’s planned Fuehrermuseum in his hometown of Linz.
So like a paintbrush-toting Nick Fury, Stokes sets about assembling his team: expert art restorer James Granger (Matt Damon); Chicago architect Richard Campbell (Bill Murray); sculptor Walter Garfield (John Goodman); theater impresario Preston Savitz (Bob Balaban); a disgraced British museum head (Hugh Bonneville) in need of a second chance; and a former Ecole des Beaux-Arts painting instructor (Jean Dujardin) from gay Paris. Middle-aged and out of shape, they stick out like a Picasso in the Cloisters when they show up for basic training in England, but then, they’ve been recruited for their brains, not their brawn.
For all its talk about art being “the very foundation of modern society†and solemn sermonizing like “Who will make sure the statue of David is still standing, the Mona Lisa still smiling?†it’s one
of the curiosities of “The Monuments Men†that so few pieces of art actually appear onscreen in the course of the movie’s two hours. For much of that time, our heroes travel hither and yon on the trail of two particular masterpieces: Michelangelo’s marble-sculpted Madonna of Bruges and Flemish masters Hubert and Jan van Eyck’s 12-panel altarpiece “The Adoration of the Mystic Lamb,†both seized by the Germans during the war. But aside from those treasures, themselves glimpsed only fleetingly, the movie tends to talk about art in general rather than specific terms.
The MFAA men themselves are rendered similarly vague. Whereas Edsel’s book bristled with vivid individuals, many of them friends or foes from their civilian art-world lives, the characters Clooney and regular screenwriting partner Grant Heslov have made from them feel sketched-in at best, as if it their personalities had been traded away along with their real names. Indeed,
just about everything Clooney and Heslov have done to make Edsel’s sprawling narrative more coherent and cinematic has the effect of simply making things bland. Largely gone is the lively battlefield bickering between Monuments and Army men over the relative value of art and human life, replaced by such hackneyed invented scenes as the one in which a Monuments Man bravely sacrifices himself in a failed effort to save the Madonna. (In reality, a couple of MFAA workers died in the combat zone, but none quite so romantically.) It’s like a men-on-a-mission movie tailor-made for audiences who found “Inglourious Basterds†too irreverent.
Clooney’s Stokes is like a tamer version of the acerbic Special Forces officer he played in another wartime treasure hunt, David O. Russell’s “Three Kings†— the kind of debonair, wizened man of the world Clooney can act in his sleep (which he sometimes seems to be doing here).
Damon, meanwhile, is altogether too laid-back for a man who supposedly spends his days making infinitesimal touch-ups to decaying artistic masterworks. His poor command of French becomes one of the movie’s labored running jokes, but no one ever mentions Cate Blanchett’s tortured Gallic accent as Claire Simone, an assistant curator at Paris’ Jeu de Paume museum who knows more about the stolen art’s whereabouts than she initially lets on, fearing that the Americans may simply steal everything for themselves. (Blanchett’s character is based on Rose Valland, whose own memoir served as the basis for John Frankenheimer’s “The Train,†an equally fictionalized but far more exciting take on these events, and one of the great action movies of the ’60s.)
Faring generally better are Murray and Balaban, who foster a nicely understated comic chemistry and seem to have decided to make the most of their underwritten scenes. In one of the only
moments of “The Monuments Men†that strikes a real chord, Murray receives a homemade recording of his grandchildren singing “Have Yourself a Merry Little Christmas,†and Clooney holds on the actor’s wonderfully emotive face as Balaban plays the record for him over the barracks PA.
The real Monuments Men were men of great passion and senses of duty who risked their own lives for art, but the film Clooney and Heslov has made is an oddly bloodless and conventional tribute, dutifully winding its way toward an obvious destination with the expected parade of historical signposts: lots of onscreen titles to signal the passage of time; occasional glimpses of Hitler looming over a scale model of the Fuehrermuseum; the issuance of the 1945 “Nero Decree†stating that if Hitler dies or Germany falls, all the stolen art will be destroyed. Through it all, the movie never really springs to life, and that’s
a particular disappointment coming from Clooney, who’s smart and tasteful and one of the only people in today’s Hollywood who could get a project like “The Monuments Men†off the ground in the first place. In the end, the art is recovered, but the movie itself remains entombed.
The extensive special-effects work that reportedly held up the pic’s release from Christmas of last year is, in the end, seamless to behold. Composer Alexandre Desplat, who contributes one of his most conventional scores — a John Williams-esque Americana fanfare — also appears in a small role as one of Damon’s contacts in the French resistance. Heslov cameos as an Army surgeon, while Clooney’s father, Nick, appears as an aged Stokes in a 1970s epilogue.
Commenti del regista
"Sono molto eccitato all'idea di intraprendere un nuovo progetto. Mi diverte l'idea di realizzare un film d'intrattenimento. Abbiamo a disposizione un budget consistente, non puoi fare un film piccolo in questo caso, si tratta dello sbarco in Normandia. Non sono contrario a fare film commerciali, ma non mi piace girare film commerciali che non sento vicini a me, così se devo girarne uno cerco di trovare qualcosa che mi diverta e che abbia qualcosa da dire"
Altre voci dal set:
ROBERT M. EDSEL, autore del libro The Monuments Men:
"All’epoca mi trovavo a Firenze. Un giorno stavo attraversando Ponte Vecchio, l’unico ponte che i nazisti avessero risparmiato durante la loro fuga nel 1944, quando ho ripensato a quello che è stato il peggiore conflitto della storia e mi sono domandato come fossero riusciti a sopravvivere tanti tesori artistici e chi li avesse salvati. Ho voluto trovare una risposta a queste domande... George Stout, che sarebbe diventato il leader non ufficiale dei 'Monuments Men', aveva rinunciato dopo un tentativo iniziale, pensando che nessuno avrebbe mai accettato l’idea di un gruppo di storici dell’arte, architetti e artisti di mezza età sguinzagliati in giro per l’Europa al fianco dei soldati sul campo di battaglia... Nel mese di agosto 1943 gli Alleati furono sul punto di distruggere inavvertitamente l’Ultima cena. Credo che fu quello il campanello d’allarme che accelerò il trasferimento sul campo degli esperti d’arte".
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano 20th Century Fox e Orazio Bernardi (QuattroZeroQuattro)