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    UN VIAGGIO CHIAMATO AMORE: MICHELE PLACIDO GUARDA ALLA BURRASCOSA VICENDA UMANA E SENTIMENTALE TRA LA NARRATRICE E POETESSA SIBILLA ALERAMO (LAURA MORANTE) E IL GRANDE POETA DINO CAMPANA (STEFANO ACCORSI)

    I ‘RETRO MOVIES’ di ‘CelluloidPortraits’ - Dalla 59. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica (Lido di Venezia, 29 Agosto-8 Settembre 2002)

    "L'idea del film nasce dall'epistolario tra Sibilla e Dino. Sono rimasto colpito e fortemente emozionato da una storia che sentivo anche molto cinematografica. Perchè offriva la possibilità di visualizzare passioni e sentimenti... La loro è una grande storia, il grande amore che ti segna l'esistenza, la passione che cambia il corso della vita. In questo momento di disaffezione dal sociale, di disimpegno, se vogliamo così chiamarlo, chi fa cinema ha motivi in più per lavorare sul sentimento".
    Il regista e co-sceneggiatore Michele Placido

    (Un viaggio chiamato amore; ITALIA 2002; biopic drammatico-storico; 96'; Produz.: Cattleya e RAI Cinema in collaborazione con Stream; Distribuz.: 01 Distribution)

    Locandina italiana Un viaggio chiamato amore

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    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Un viaggio chiamato amore

    Titolo in lingua originale: Un viaggio chiamato amore

    Anno di produzione: 2002

    Anno di uscita: 2002

    Regia: Michele Placido

    Sceneggiatura: Michele Placido, Heidrun Schleef e Diego Ribon

    Soggetto: Michele Placido, Heidrun Schleef e Diego Ribon.

    Cast: Laura Morante (Sibilla Aleramo)
    Stefano Accorsi (Dino Campana)
    Alessandro Haber (Andrea)
    Galatea Ranzi (Leonetta)
    Diego Ribon (Emilio)

    Musica: Carlo Crivelli

    Costumi: Elena Mannini

    Scenografia: Giuseppe Pirrotta

    Fotografia: Luca Bigazzi

    Montaggio: Esmeralda Calabria

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    La vicenda umana e sentimentale della narratrice e poetessa Sibilla Aleramo viene ripercorsa attraverso un arco narrativo e temporale che va dall'adolescenza alla maturità, soffermandosi sul biennio 1916-1918, periodo in cui la donna si lega a Dino Campana. Sibilla è una donna colta, affascinante e indipendente, con alle spalle un passato sofferto segnato da eventi tragici: una madre rinchiusa in manicomio, un matrimonio fallito con un uomo gretto e violento, un figlio amato e abbandonato. La vita di Sibilla è scandita da una lunga sequela di rapporti sentimentali tanto intensi quanto brevi, soprattutto con scrittori o letterati, fino al momento in cui la figura del grande poeta Dino Campana non si erge prepotentemente su tutte le altre: è l'inizio di una tormentatissima ma quanto mai passionale e intensa relazione.

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    PER INQUADRARE LA VICENDA UMANA E SENTIMENTALE TRA LA NARRATRICE E POETESSA SIBILLA ALERAMO (UNA SPLENDIDA LAURA MORANTE) ED IL GRANDE POETA DINO CAMPANA (STEFANO ACCORSI) MICHELE PLACIDO SFIORA CORDE PIRANDELLIANE CHE PORTANO SCORCI DI TEATRO SUL GRANDE SCHERMO

    Un viaggio chiamato amore, per la regia di Michele Placido (Pummarò, Le amiche del cuore, Un eroe borghese, Del perduto amore), già in concorso alla 59. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica a Venezia, prende voce e vita dal titolo assunto nella recente ripubblicazione del carteggio epistolare tra il poeta Dino Campana (Stefano Accorsi, I piccoli maestri, Radiofreccia, La stanza del figlio, Le fate ignoranti, L'ultimo bacio, Santa Maradona, vincitore a questa Mostra della Coppa Volpi) e la narratrice e poetessa Sibilla Aleramo (Laura Morante, Liberate i pesci, La stanza del figlio, Vajont, The Dancer Upstairs, Hotel). Testimonianza documentaria di un passionale e intenso, quanto tormentato e discontinuo, rapporto sentimentale, su cui si basa

    la sceneggiatura del film, cronologicamente focalizzata sul biennio 1916-'18, epicentro di questa 'contorsione' sentimentale, lambita, per contrasto, da acuminate schegge di follia e di lirismo. Della scintilla che ha fatto divampare l'incendio di questa pellicola su un'idea particolare dell'amore vissuta da una donna altrettanto particolare, e da un poeta grande quanto folle, apprendiamo dalle parole stesse del regista Michele Placido: "L'idea del film nasce dall'epistolario tra Sibilla e Dino. Sono rimasto colpito e fortemente emozionato da una storia che sentivo anche molto cinematografica. Perchè offriva la possibilità di visualizzare passioni e sentimenti... La loro è una grande storia, il grande amore che ti segna l'esistenza, la passione che cambia il corso della vita. In questo momento di disaffezione dal sociale, di disimpegno, se vogliamo così chiamarlo, chi fa cinema ha motivi in più per lavorare sul sentimento". Un sentimento vorticoso come un ciclone che veste le tinte forti del 'melodramma',

    trasponendo sul grande schermo una struttura di impianto teatrale, con la voce fuori campo che allinea il lirismo dei brani poetici del carteggio, la serie di lettere che anticipò l'incontro di questi due personaggi tanto affini quanto incompatibili, agli estremi della loro passione visionaria. Il sentimento che investe e travolge, malgrado illusori sprazzi di solare, lucida consapevolezza. Ed è soprattutto il debordante visionarismo di Campana che la regia di Michele Placido traspone sul grande schermo, in chiave pirandelliana, visualizzandolo ad effetto per lo spettatore attraverso la messa in scena dell'assistenza diretta da parte del poeta ad episodi dell'adolescenza di lei, spesso stridenti e dolorosi, come l'abuso subito appena sedicenne con la conseguente gravidanza, di cui egli è a conoscenza attraverso la lettura del suo libro autobiografico. Ciò che sembra alimentare una insana e incontrollabile febbre di gelosia e far scatenare la sua già malferma mente - aveva un totore che

    lo seguiva per questo - in picchi di schizofrenia, con le 'melodrammatiche' conseguenze del caso. Ma "é il poeta migliore che abbiamo", tenta di ovviare l'amata e ripetutamente rinnegata 'eroina' Sibilla, alibi poco convincente di contro alla prioritaria, reale motivazione: mantenere una dignità apparente e illusoria agli occhi degli altri per quello che di fatto è impulso primario e incontrollabile di un debordante, ossessivo, amore. Non a caso l'assurda insistenza di Sibilla per fargli scrivere alcuni dei versi più belli che egli declama solo a voce, e soprattutto la pretesa di declamarli in pubblico per lei, quando lui sentenzia di non averne più memoria, sfocia nel tragico.

    La storia si dipana anche nel segno di una spiccata toscanità che trasuda dall'ambientazione, quanto dalla cerchia di intellettuali letterati fiorentini frequentati da Sibilla, in una dinamica e costante rete di interrelazioni che, "fino al moneto in cui la figura del grande poeta Dino

    Campana non si erge prepotentemente ad adombrare tutti gli altri", non si intessono solo su base culturale. Ambientazioni che sembrano trovare riscontro nel naturalismo coevo trasmesso dai noti pennelli toscani di Telemaco Signorini, Silvestro Lega e simili, chiamate in causa nei rari momenti 'solari', e pur sempre concitati, di questa tumultuosa relazione, per chiudersi in ben più ombrosi e chiaroscurati spaccati di interno, speculari alle tempeste che devastano a più riprese gli animi tormentati dei due protagonisti. E per quanto Placido tenga ad additare nella passione amorosa il focus di questo suo nuovo film, non c'è dubbio che il respiro che emana dalla stessa partitura di tutta la sceneggiatura, si imponga all'attenzione come un altisonante e parallelo omaggio al mistero della poesia, in grado di istigare al rapimento più profondo e intimo dell'anima, facendoci in parte comprendere ciò che lo stesso Dino Campana definiva: "L'ansia del segreto delle stelle, tutta

    un chinarsi sull'abisso".

    (Articolo redatto nel Settembre 2002 di cui uno stralcio - Un pò di Toscana al Lido con 'Un viaggio chiamato amore' - pubblicato su "Toscana Oggi" (Anno XX, n. 32, 15 Settembre 2002, p. 23)

    Links:

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