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UN TRHILLER DELL’ANIMA IL ‘CUORE SACRO’ DI FERZAN OZPETEK
Dedicato 'agli sgusciati'
“Recentemente ho perso molti amici. Il dolore ti porta anche a farti delle domande e a cercare delle risposte. Nel film non c’è una risposta demarcata, ci sono le mie domande. In questo momento avevo semplicemente bisogno di fare questo film… La politica mi fa senso: non pensa mai all’uomo di strada e ai nostri bisogni quotidiani. Questo non arriva dalla politica ma dalla solidarietà che c’è in ciascuno di noi…â€
Il regista Ferzan Ozpetek
(Cuore sacro, ITALIA 2005; drammatico esistenziale-sociale; Durata: 117’; Produz.: Tilde Corsi e Gianni Romoli; Distribuz.: Medusa Film)
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Titolo in italiano: Cuore sacro
Titolo in lingua originale:
Cuore sacro
Anno di produzione:
2005
Anno di uscita:
2005
Regia: Ferzan Ozpetek
Sceneggiatura:
Ferzan Ozpetek e Gianni Romoli
Soggetto: Ferzan Ozpetek e Gianni Romoli
Cast: Barbora Bobulova (Irene Ravelli) Andrea Di Stefano (Giancarlo) Lisa Gastoni (la zia Eleonora) Massimo Poggio (Padre Carras) Camille Dugay Comencini (Benny) Gigi Angelillo (Aurelio) Erica Blanc (Maria Clara) Michela Cescon (Anna Maria) Elisabetta Pozzi (psichiatra) Caterina Vertova (Angela) Stefano Santospago (Giorgio) Stefania Spugnini (Liliana) Paolo Romano (Alberto) Gianlorenzo Brambilla (Guido) Francesco De Vito (autista Antonio) Cast completo Barbara Folchitto (Laura) Enrica Ajo’ (Francesca)
Musica: Patrizio Marone
Costumi: Catia Dottori
Scenografia: Andrea Crisanti
Fotografia: Gian Filippo Corticelli
Scheda film aggiornata al:
17 Giugno 2023
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Sinossi:
“Irene Ravelli ha ereditato dal padre, noto imprenditore immobiliare, non solo le sue aziende, ma anche il talento negli affari, che l’ha portata ad accrescere il patrimonio paterno, con l’aiuto della zia Eleonora, spesso usando logiche affaristiche prive di scrupoli. Ottenuto il dissequestro dell’antico Palazzetto di famiglia su cui lei vorrebbe speculare, Irene scopre che la stanza della madre Adriana, morta in circostanze misteriose quando lei era ancora piccola, è rimasto dopo 30 anni intatto come se la donna ci abitasse ancora. Il fantasma rimosso della madre e l’incontro con Benny, una bambina imprevedibile e sorprendente, generano in Irene un conflitto che è alla base di un grande cambiamento. Comincia così la storia di un percorso di scoperta di sé per cambiare, che rischia di trasformarsi in un viaggio nella ‘follia’ dell’altruismo e del bene, per raccontare in forme laiche il bisogno di spiritualità che si sente in questo momento in tutto il mondo e che spesso prende forme confuse di fanatismo, di esclusione dal contesto sociale, di speculazione politica. Un film sul sociale, ma non sociologico. Un film sul ‘sacro’ che è in tutti noi, ma non religioso. Un film sul conflitto all’interno del quale tutti noi viviamo oscillando tra maschile e femminile, ricchezza e povertà , materia e spirito, padre e madre. Un film in cui tutto è doppio. La protagonista ha due zie, opposte ma complementari; incontra due ‘uomini’: un prete e un barbone, anch’essi opposti e complementari; vive divisa tra due mondi: il blocco monolitico e quasi paganamente sacrale del suo ufficio milanese e il nido amniotico materno del Palazzetto di famiglia a Roma. Un film perché non si può restare indifferenti di fronte a chi ha bisogno, a chi soffre, a chi non ha da mangiare. Un invito a capire che più si dà agli altri e più si ha per se stessi. Un invito a iniziare un dialogo interiore con la parte ‘sacra’ di noi stessi, che è amore e conoscenza del mondo al di fuori di séâ€.
Dal >Press-Book< di Cuore sacro
Commento critico (a cura di Patrizia Ferretti)
QUALCHE VOLTA E’ LECITO ESAGERARE PER ESSERE ASCOLTATI! UN FILM PROFONDO E SCONCERTANTE QUANTO CORAGGIOSO E BENVENUTO. CON UN SASSOLINO NELL’ACQUA, OZPETEK PROVOCA UN MAREMOTO, ALMENO NELLA COSCIENZA DI TUTTI COLORO CHE, SULL’ONDA DI QUESTO FILM, SI RITROVERANNO A FARE I CONTI OGNUNO CON LA PROPRIA MISERIA INTERIORE, OBBLIGATO A CERCARE DENTRO DI SE’ QUEL ‘CUORE SACRO’ DIMENTICATO, REPRESSO E DUNQUE NEGATO AGLI ALTRI. UN POZZO DI CONTRAPPOSIZIONI UMANE O SPIRITUALI E LIRICHE CITAZIONI PER UNA DENUNCIA ABBASTANZA FORTE E PROVOCATORIA DA SVERGOGNARE L’INDIFFERENZA.
Provocatorio tabulato di domande esistenziali nel segno di una spiritualità laica venata di un misticismo ‘globale’, ossia non propriamente dettato da un unico credo religioso. Semplicemente un invito al dialogo interiore, ognuno con la parte ‘sacra’ di se stesso, per farla germogliare in modo da poter poi far dono dei frutti che ne potranno derivare.
In ognuno di noi vi sono “… due cuori: uno dei due |
cuori eclissa l’altro. Ma se ognuno di noi intravedesse la luce del cuore nascosto, allora capirebbe che quello è un cuore sacro e non potrebbe più farne a menoâ€. Su questa frase che non è all’inizio del film, poggia tutta l’ossatura di una storia tra realtà e visione, proiezioni di coscienza, contestualizzazioni sociali e una spiritualità a più binari, ispirata all’essenza comune di religioni diverse che si ritrovano sotto lo stesso tetto di un amore ideale, incondizionato, vivibile solo in un universo dai confini labili e sfumati, anche tra il bene e il male, tra intenzione e azione. “Certa gente non dovrebbe stare in centro, è anche una brutta immagine per la città â€, recita un altro passo della sceneggiatura specchio di una diffusa ottica benpensante. Ma è a questa gente, “agli sgusciatiâ€, ovvero persone prive di guscio, appunto, di casa e famiglia intese nel senso comune del termine, che Ozpetek |
guarda, anzi, dedica il film. Non si tratta però di una dedica in chiave prettamente politica, né di una predica aderente ad uno specifico credo religioso, né di una denuncia buonista e gratuita di annose piaghe sociali con le piccole e grandi sopraffazioni di sempre del più forte nei confronti del più debole, magari con la pretesa di offrire, chiavi in tasca, una o più risposte. Si tratta di un discorso molto più sottile e complesso, che pone sul piatto della bilancia molte domande sul piano esistenziale in senso lato, con proiezioni di coscienza visualizzate sullo schermo in concreta coesistenza con la realtà filmata: spicca la sequenza in cui Irene Ravelli (nella sorprendente performance di Barbora Bobulova) in ospedale, dopo aver scoperto della morte di Benny (Camille Dugay Comencini), vede accanto a sé, sentendone la voce, gli ex proprietari del Palazzetto che fu già di sua madre e da lei |
ora rilevato a scopo di speculazione edilizia. Li vede accanto a sé e li sente per quanto questi siano morti suicidi per non sopravvivere alla rovina finanziaria. E spicca ancora di più, per uno dei passaggi più belli, intensi e stracarichi di multipli significati, l’altra sequenza con Irene che, mentre si aggira nel famoso Palazzetto riacquisito, adibito a casa di accoglienza per indigenti, vede se stessa intenta ad accudire ai poveri e da quella se stessa si ritrova ricambiata nello sguardo e nella parola. Lirica visualizzazione cinematografica di un dialogo interiore profondamente combattuto.
L’orditura del film, costellata di simboli e provocazioni, segue piuttosto il verso dominante di una denuncia umana ad ampio spettro, che scarta da fazioni politiche come da credo religiosi unilaterali. Una denuncia umana che suona altisonante ma soprattutto attuale, come esigenza sempre più impellente e generalizzata di una rinnovata spiritualità , nel senso più ampio del termine, sofferente |
di un malessere oramai palpabile nei rispetti di una vita intesa come perpetua scommessa di marketing. Ozpetek sceglie la linea della dualità per contrasto per questo suo provocatorio invito a domandarsi il perché di tante cose. E allora c’è Irene Ravelli, ricca manager rampante istruita a dovere da Eleonora (Lisa Gastoni), la zia manipolatrice per eccellenza, e c’è, all’opposto, un’altra zia, Maria Clara (Erika Blanc), in una clinica per alcolizzati, paradossalmente in grado di elargire con ironia, pillole di saggezza e preziosi semi di verità scottanti che daranno presto i suoi frutti nella vita futura della nipote Irene. Un gioco di opposti che si completa con i numerosi “sgusciatiâ€, tra cui Benny, emblema degli sgusciati dal punto di vista materiale, ma anche simbolo elettivo di quella labile linea di confine tra bene e male. Una sorta di Robin Hood in gonnella che ruba ai ricchi per dare ai poveri. |
Simbolo elettivo di “solidarietà tra disadattati†e, forse, persino ‘metafora angelica’. Il ritratto affrescato nella stanza della madre di Irene calca misteriosamente i tratti somatici di Benny, quasi a voler insinuare il motivo di una temporanea reincarnazione nei panni della bambina. Così, sul finale, Ozpetek apre una finestra di speranza e di fede su una spiritualità universale che guarda alla vita oltre la morte e alla possibilità di uno sguardo celeste sulle miserie (non solo materiali) umane. Non è un caso che in Cuore sacro, agli ‘sgusciati’ dal punto di vista materiale Ozpetek contrapponga i poveri di spirito.
Nessun credo religioso dunque, ma tanti influssi diversi in nome di una sorta di ‘spiritualità ’ globale, di cui Ozpetek elegge a manifesto le pareti completamente ricoperte di scritte nella stanza che fu della madre di Irene. Certo che, d’altra parte, non si può fare a meno di scorgere nella parabola di Irene |
una dominante cattolica con richiamo, volontario o involontario, indubbiamente aderente al noto percorso di S. Francesco. Un iter affine che muove da una dimensione di ricchezza personale, passa attraverso un evento particolare della vita prima di approdare ad una metamorfosi interiore che porta alla volontaria spoliazione di ogni bene personale, con il conseguente, aggressivo rifiuto da parte dei familiari oltre che della comune opinione pubblica. Aspetto cui va ad aggiungersi l’affine rapporto con la natura (vedi l’abbraccio di Irene all’albero del suo giardino). Come è anche difficile non vedere in una particolare immagine di Irene e il giovane barbone (forse un po’ troppo palestrato), la traduzione cinematografica, in una reinterpretazione laica contemporanea, della Pietà secondo l’iconografia più corrente in numerose opere d’arte, sia in pittura che in scultura.
Con Cuore sacro si torna sempre sul registro della dualità a contrasto. A questa sorta di “delirio religioso†cui approda Irene, Ozpetek affida |
infatti a un prete, a Padre Carras (citando da L’esorcista) una visione che, malgrado il fine comune, rischia di essere quasi contrapposta a quella di Irene, in quanto ancorata alla necessità di un operato organizzato. Due estremi affini e opposti: il donarsi incondizionato senza limiti e confini da parte di Irene e la visione di un rappresentante della Chiesa, portavoce della dimensione di un dono sotto controllo e soprattutto mosso e pianificato istituzionalmente per essere concretizzato a più ampio spettro, riuscendo così a raggiungere molte altre realtà analoghe a quella del quartiere per la quale entrambi, Padre Carras e Irene, già si vanno prodigando in prima persona. Due poli affini e contrapposti in mezzo ai quali si frappone una strada da percorrere con molte domande scomode e sconcertanti in cui sicuramente non è prevista corsia di percorrenza alcuna per l’indifferenza. In tal senso Ozpetek ha raggiunto il suo obiettivo, quello |
di aver messo il dito in un’annosa piaga sociale di cui si denunciano nuovi risvolti estremamente attuali tra cui la presenza dei “nuovi poveriâ€, quella grossa fetta di torta che sta in mezzo ai due poli principali, dei ricchi ricchi e dei poveri poveri, simbolicamente reso nel film con la sequenza della consegna dei pacchi: quando si presenta tra gli altri una signora con la richiesta per un’amica, vergognandosi di ammettere che invece è per se stessa. Verità che salta agli occhi poco più tardi in un’inquadratura con la stessa signora seduta alla mensa comune, colta nel momento in cui scarta imbarazzata delle posate personali, di contro a quelle distribuite in plastica, unico vezzo rimastole. E in un dettaglio come questo ci sta talmente tanto di altro da ricoprire lo spazio per la sceneggiatura di un altro film.
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Bibliografia:
Sito ufficiale: www.cuoresacro.com
Links:
• Cuore sacro di Ferzan Ozpetek Press-Conference: 21 febbraio 2005 - ROMA, Cinema Fiamma (Interviste)
Galleria Fotografica:
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