I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - "Alla base del film c'è l'idea secondo cui viviamo in un mondo in cui non resta più niente di privato. Tutto viene registrato, anche quello che vediamo, con telecamere incorporate e connesse. E' un thriller e, intrecciata alla trama c'è tutta una riflessione sul fatto che - con il clima oggi imperante - sembrano esserci ragioni da vendere per voler vedere tutto quello che fa la gente. E la cos sbalorditiva è che spesso rinunciamo volontariamente alla nostra privacy, senza ben comprendere quello che stiamo facendo. I cellulari sono i nostri GPS personali. Possono rivelare tutto di noi. Se cerchiamo qualcosa su Google vediamo comparire messaggi e pop-up che anticipano i nostri gusti. La quantità di informazioni che condividiamo è pazzesca, e questo è un film che vuole mettere seriamente a fuoco il problema per scoprire che cosa ci riserva il futuro"
L'attore Clive Owen ("GQ")
Uscito il 4 Maggio solo su Netflix
(Anon; GERMANIA 2017; Thriller Sci-Fi; 100'; Produz.: K5 Film/K5 International/K5 Media Group; Distribuz.: Netflix)
Makeup: Julia Valente (direttrice); Bernadette Mazur (per Clive Owen)
Casting: John Buchan, Denise Chamian e Jason Knight
Scheda film aggiornata al:
17 Giugno 2020
Sinossi:
In breve:
In un futuro prossimo non esistono più privacy o anonimato. I ricordi di ognuno vengono registrati e la criminalità cessa quasi di esistere. Nel tentativo di risolvere una serie di omicidi senza colpevole, Sal Frieland (Clive Owen) si imbatte in una donna (Amanda Seyfried) che sovverte ogni regola del sistema e che è scomparsa nel nulla. La sconosciuta non ha identità , è senza storia alle spalle, non ha alcun ricordo registrato e potrebbe portare a una nuova esplosione di crimini. Prima di divenire la sua prossima vittima, Sal farà di tutto per rintracciarla.
Short Synopsis:
Set in a world without anonymity or crime, a detective meets a woman who threatens their security.
In the psychological thriller Anon, Clive Owen plays a detective in a world with no privacy, ignorance or anonymity. All our lives are transparent, traceable and recorded by the authorities. It’s the end of crime, it seems. However, when Owen’s character stumbles on a young woman (Amanda Seyfried) with no digital footprint and invisible to the police, he discovers it may not be the end of crime but the beginning
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
“Abbandono la lotta:
che ci sia una fine,
un ritiro,
un angelo oscuro tutto per me,
voglio essere dimenticato persino da Dio†Robert Browning, "Paracelso", 1835
E’ di grande effetto l’apertura del film con quel primissimo piano obliquo, quello sguardo acquoso apparentemente perso nel vuoto, mentre si espande il campo visivo a gruppi di persone in giro, identificati uno ad uno digitalmente, attraverso una scheda informatica con dettagliate informazioni personali, visualizzate sul grande schermo, oltre che da una commissione di polizia di controllo. Il tipo di fotografia calca la mano facendosi ‘spia vitale’ della riproduzione a grappolo di singole realtà personali ‘registrate’ ed
archiviate per essere visionate e scansionate a seconda delle esigenze di controllo, di verifiche varie: vite assimilate a files, insomma, vale a dire l’estensione del raggio di controllo attuale in atto, tramite social, motori di ricerca, cellulari, svariate app, e via dicendo. E se Minority Report ha fatto in un certo senso da apripista nella visualizzazione ‘aerea’ di info e situazioni digitalizzate - nel caso specifico per controllare e prevenire i vari crimini fin dall’intenzione - se Matrix ha offerto un contributo indimenticabile nell’addentrarsi nei reticolati informatici visualizzandoli in svariati modi, già di un certo fascino visivo, Andrew Niccol, con il suo Anon, rinuncia persino al colore per crearne di nuovi, e, nella sfida, riesce a primeggiare con un’impareggiabile, singolare bellezza. Ma Andrew Niccol non dimentica neppure l’importanza dell’occhio, dell’iride, protagonista in primo e primissimo piano alla stregua di un monitor, di una pista cifrata per scavare in un’identità o
per tradirne un’emozione. Naturalmente Blade Runner docet.
smascherarla e di fermarla. E lui è il criptico, enigmatico, ed estremamente tosto Sal, che Clive Owen ha trasformato in una vera e propria, iconica opera d’arte dell’introspezione, controbilanciata dalla intrigante controparte femminile Anon/Seyfried, incastonata in una sorta di ‘cameo’ della memoria: trucco quasi monocromo, in bianco e nero, per una sorta di ibrido figurativo tra un ‘mecca’ digitalizzato (Niccol si era già esercitato sul campo con S1mone) ed un essere umano, tradotto ad ogni modo in una giovane donna in grado di rendere speculare la fredda spietatezza all’accalorato sex symbol tipo. Protagonisti fantastici che pattinano a meraviglia fino all’epilogo, un po’ sconcertante, un po’ in bilico, in un’atmosfera in cui, realisticamente, non può esserci spazio per il romanticismo. Un mondo in cui c’è persino il rischio che ti possano venir cancellati i ricordi più cari, non quelli innestati, quelli davvero vissuti. E questo può rappresentare davvero l’iceberg del dramma
esistenziale cui nessuno di noi vorrebbe mai assistere e tanto meno sperimentare di persona.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)