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    L'INTERVISTA

    THE KILLER INSIDE ME - INTERVISTA al regista MICHAEL WINTERBOTTOM

    23/11/2010 - Il regista MICHAEL WINTERBOTTOM (Codice 46, 2003; A Mighty Heart-Un cuore grande, 2007; Genova, 2008) parla del suo film THE KILLER INSIDE ME:

    Il progetto esisteva da tempo. Come è finito nelle sue mani?

    MICHAEL WINTERBOTTOM: "Ho letto il libro e mi è piaciuto moltissimo. Così ho cercato di scoprire chi aveva i diritti e mi sono reso conto che le persone che dovevo contattare erano Chris Hanley di Muse Films e Bradford Schlei. Li ho incontrati a Londra e sono riuscito a convincere Chris ad affidarmi il film".

    Può brevemente riassumere la storia per coloro che non la conoscono?

    M. WINTERBOTTOM: "Il film è tratto dal romanzo L’ASSASSINO CHE E’ IN ME di Jim Thompson. È un grande libro, piuttosto breve, che si legge in fretta. Dopo le prime dieci pagine, sei già completamente assorto nella storia. Ha la classica atmosfera noir: il vicesceriffo di una piccola città del Texas conosce una donna di cui si invaghisce e la relazione sessuale con lei gli fa riaffiorare vari ricordi della sua infanzia che aveva rimosso. Da quel momento in poi, inizia sostanzialmente un percorso di vendetta e di violenza".

    Del romanzo Stanley Kubrick disse: 'È forse la più agghiacciante e verosimile storia di una perversa mente criminale, raccontata in prima persona, che mi sia mai capitato di leggere'. Il film esamina a fondo la psiche di un assassino dai modi calmi e controllati, malgrado la brutalità che cova dentro di sé. Come ha fatto a immergersi nella mente di questo killer?

    M. WINTERBOTTOM: "La storia può essere psicanalizzata a vari livelli. Verso la metà del romanzo ci sono alcune pagine che spiegano la psicologia del personaggio. Lou è una vittima perché ha subito gli abusi di suo padre e Jim Thompson offre una spiegazione quasi scontata di come il padre lo abbia castrato e di come la violenza e gli abusi perpetrati dal padre si siano in un certo senso tramandati in lui. Secondo me, è giusto fornire queste motivazioni cliniche o psicologiche, ma onestamente non è per questo che mi ha interessato il romanzo, che di fatto è quasi una sorta di tragedia shakespeariana, con le sue passioni straordinarie e la sua trama molto melodrammatica. A metà del libro, c'è una storia nella storia, quando Lou Ford anticipa lo svolgimento del romanzo. Racconta la storia di un uomo felicemente sposato con figli che, a un certo punto, conosce una donna con cui inizia una relazione e di cui si innamora. Un giorno scappano insieme e la polizia scopre che lui ha ucciso tutta la sua famiglia e anche la sua amante. Lou Ford dice cose del tipo: 'Come si può capire una storia del genere? La gente fa queste cose, distrugge la propria vita. Come si fa a dare una spiegazione?'. Quindi, per me, l'aspetto interessante del romanzo è più che altro l'idea che Thompson scelga di ritrarre un universo in cui le persone distruggono ogni cosa, senza voler fornire spiegazioni psicologiche. Perché questo è quello che succede, è quello che fa la gente: rovina tutto, distrugge la propria vita. Per qualche strano motivo, gli esseri umani sono distruttivi. Thompson coglie qualcosa di vero della natura umana: non è necessario cercare di spiegarlo, occorre solo mostrare che è così".

    Lou è un antieroe, ma arriviamo a provare simpatia per lui. Come lo spiega?

    M. WINTERBOTTOM: "Spesso le persone che compiono azioni violente sono interessanti. Lou è sia una vittima che un carnefice, è il prodotto della sua infanzia e di suo padre. Per questo è diventato l'uomo che è diventato. Le semplificazioni sono una scorciatoia crudele. Una spiegazione semplice non basta mai, è solo una formalizzazione. Il fascino del personaggio deriva dal fatto che noi vediamo Lou compiere delle azioni perverse e distruggere le persone che sembrano amarlo e che lui sembra amare e con cui potrebbe essere felice. Ma è proprio questa prospettiva di amore che sembra far scattare in lui il desiderio di ucciderle, di annientarle. Credo che molti di noi possano riconoscere qualcosa di se stessi in questo. Ognuno di noi compie gesti autodistruttivi a vari livelli. Lou è un'incarnazione molto estrema di quello che vediamo attorno a noi nella vita reale".

    Perché ha scelto Casey Affleck per il ruolo del protagonista?

    M. WINTERBOTTOM: "Il libro è narrato in prima persona, dal punto di vista di Lou Ford, il vicesceriffo che ha l'assassino dentro di sé. Quindi l'intero film è costruito attorno a questo singolo personaggio. Siamo insieme a Lou Ford per tutta la durata del viaggio. È in ogni scena, vediamo quello che fa e vediamo anche la sua prospettiva su quello che fa, vediamo il suo mondo interiore e come lui si comporta nel mondo esterno. Per questa ragione, avevo bisogno di un attore in grado di trasmettere la sensazione che quello che avviene dentro la sua testa non coincide necessariamente con quello che fa nella realtà. Volevo che il pubblico percepisse che il mondo interiore di Lou Ford è in contraddizione con i suoi comportamenti. Lou è un individuo che finge di essere quello che non è e interagisce con le persone come se stesse facendo un gioco, ragionando sulle cose con grande incertezza. Per questo ho cercato un attore capace di rendere la complessità e l'interesse del mondo che esiste dentro la sua testa. Trovo che Casey sia un attore brillante ed è stato disposto ad accettare questa sfida".

    Jessica Alba è famosa per aver rifiutato ruoli da prostituta e progetti che contemplavano scene di nudo. Come mai a lei ha detto 'sì'?

    M. WINTERBOTTOM: "Non ne ho idea! (ride). Ma in realtà nel film non ci sono delle vere e proprie scene di nudo. Joyce è la donna che Lou incontra all'inizio del film e che innesca tutta la storia, facendo riaffiorare i ricordi dell'infanzia che lui aveva rimosso. Lou in un certo senso si innamora di lei e il sesso e la violenza della loro relazione lo trasforma, motivando l'intera vicenda".

    Perché ha scelto Kate Hudson per il ruolo della ragazza di Lou?

    M. WINTERBOTTOM: "Siamo stati incredibilmente fortunati con tutto il cast, eravamo circondati di persone straordinarie. Kate è una grande attrice e una persona incantevole. Inoltre conosceva già Casey e questo era un vantaggio. In sostanza abbiamo cercato di avere gli attori migliori per ogni ruolo. Il personaggio di Amy ha uno strano ruolo nella storia, perché Lou ha un rapporto profondo con lei, sono cresciuti insieme. È la tipica ragazza della porta accanto e c'è una parte di Lou che la trova incredibilmente fastidiosa e frustrante, perché lei lo conosce troppo bene. Lou proietta su Amy il disprezzo che prova per se stesso. E, quando decide di ucciderla, percepiamo che in qualche modo si rilassa. Ci rendiamo conto che per certi versi è innamorato di Amy e che Amy potrebbe renderlo felice. Quello che mi piace della descrizione che Thompson fa dei rapporti tra uomini e donne nel libro è che, malgrado sia una prostituta, una 'cattiva ragazza', Joyce è sinceramente innamorata di Lou e vuole sposarlo. La stessa cosa vale per Amy, la ragazza della porta accanto, la “brava ragazza”, che è follemente innamorata di Lou e vuole fare sesso con lui, sesso violento. Di fatto sentiamo che i rapporti tra Joyce, Amy e Lou hanno molto in comune e non sono differenziati in base alla tradizionale antitesi 'brava ragazza'/'cattiva ragazza'. Entrambe le donne provano desideri complessi e contraddittori, entrambe vogliono davvero avere Lou, entrambe sono innamorate di lui in modo totalizzante".

    Spesso ha lavorato con attori dilettanti o semiprofessionisti. Com'è stato girare con grandi star come Casey Affleck, Jessica Alba e Kate Hudson?

    M. WINTERBOTTOM: "Uguale. In questo film la differenza non è stata tanto la notorietà o meno degli attori, ma il fatto che la sceneggiatura fosse piuttosto formale. La maggior parte dei dialoghi è stata tratta direttamente dal romanzo e funziona quasi come se fosse un allestimento scenico. La storia si dipana attraverso lunge scene formali di dialogo. In una situazione del genere, hai bisogno di attori in grado di realizzarle e i professionisti come Casey sono straordinari. Ma la differenza è in questo, non nel fatto che Casey sia più o meno famoso".

    Il libro è stato scritto nel 1952. Nel 1976, il regista Burt Kennedy ne ha tratto un film. In cosa differisce il suo film dalla versione precedente?

    M. WINTERBOTTOM: "Non ho visto quella versione. Quando ho letto il libro la prima volta, non sapevo che ne fosse già stato tratto un film. È stato Chris Hanley a dirmelo e credo che nemmeno lui l'abbia visto. Io volevo adattare il romanzo per il cinema e non fare un remake di un film. Volevo ispirarmi in modo il più possibile diretto al libro, quindi non ho guardato quel film".

    Il racconto è cupo e contorto, ma è scritto in modo molto spiritoso e divertente. Quali sentimenti vuole suscitare con questa storia?

    M. WINTERBOTTOM: "Non mi piacciono i film che manipolano gli spettatori, spingendoli tutti a provare esattamente la stessa cosa nello stesso momento. Thompson è geniale nel raccontare una storia, nello stabilire un ritmo e nel creare momenti e personaggi piacevoli. Spero che anche il film abbia queste caratteristiche, ma spero anche che abbia una complessità tale da indurre persone diverse a provare sentimenti diversi nei confronti di Lou Ford. Lou è un assassino, ma nonostante questo alcuni personaggi del film gli vogliono bene. Uno degli aspetti straordinari del romanzo è che anche le persone che Lou uccide lo amano, anche quando non si fidano di lui. Nel libro, Lou è un personaggio complesso e interessante e spero di essere riuscito a mostrarlo così anche nel film".

    Il cinema ha sempre manifestato un notevole interesse per le storie di assassini e psicopatici. Come se lo spiega?

    M. WINTERBOTTOM: "Sono storie drammatiche. Assassini e serial killer sono materia di storie drammatiche e non solo al cinema. Sono storie che mostrano una versione estremizzata del mondo e questa in particolare è dinamica, eccessiva, piena di sesso e di violenza, contiene tutti gli ingredienti di base che attirano le persone a teatro, nella letteratura e al cinema… Persino i giornali sono pieni di racconti del genere. Le persone sono affascinate dalle vite che rappresentano una versione estrema delle loro. Tuttavia, in questo caso, si tratta di una storia complessa a livello emotivo. Quello che proviamo nei confronti di Lou e dei suoi rapporti con Joyce e Amy è una sorta di sentimento contrastante, un senso di perdita perché una possibilità di amore è stata sprecata. È un racconto molto lirico: parla non solo di violenza, ma anche di una bellezza potenziale che viene distrutta".

    Il film ha il fascino di un thriller psicologico neo-noir. Quale è la sua definizione?

    M. WINTERBOTTOM: "Mi piacciono molto sia i film che i romanzi noir. Trovo che questo romanzo rifletta magistralmente quello che il genere noir consente, offrendoci una grande storia divertente, cupa, sensuale, violenta, estremamente gradevole da leggere e mi auguro anche da guardare. Ma, allo stesso tempo, contiene degli elementi che la collegano a concetti più ambiziosi e articolati sul nostro modo di relazionarci e di confrontarci con il mondo, con noi stessi e con gli altri e su come le persone possono distruggersi o deviarsi a causa dei rapporti con gli altri e della società. In questo senso è un vero e proprio schema, grande e ambizioso, che riflette qualcosa della vita. Credo sia stato questo a stimolarmi: non è solo una storia che parla di donne e di uomini cattivi e violenti, è anche una storia che ti porta a riflettere sul mondo e sulla tua vita".

    Questa storia vuole essere puro intrattenimento o vuole anche fare della critica sociale?

    M. WINTERBOTTOM: "No, non credo che sia un film di denuncia. Thompson non trasmette messaggi politici o sociali, ma mostra il ventre molle del mondo, in particolare quello dell'America degli anni '50, la vulnerabilità della vita. È una storia che potresti leggere sul giornale o vedere in televisione in qualsiasi momento, di vite in qualche modo spezzate per mezzo di azioni violente scaturite da un senso di inadeguatezza o di bisogno. Con Lou, Thompson crea un personaggio che disprezza se stesso, che si sente inadeguato, vive molto nell'ombra del padre e vuole fare cose che non è in grado di fare. Lou uccide le persone che gli vogliono bene, che gli sono più vicine, le persone che legano con lui o che creano una possibilità di aiutarlo scatenano in lui il comportamento più distruttivo. In questo senso, Thompson ci mostra il lato oscuro di una esistenza normale. Anche la cittadina descritta nel libro costituisce un contesto molto interessante: è una piccola città squisitamente texana, una tipica città dell'ovest, dove tutti sono in apparenza educati e molto rispettabili. Ma poi arriva il boom dell'industria petrolifera, dove molti convergono, e la logica affaristica inizia a prevalere sugli antichi valori western. La gente lo sa, ma s'illude che non abbia importanza a condizione di mantenere le buone maniere. Ci sono una serie di descrizioni dettagliate di denunce di ipocrisia e corruzione. Ma non penso che fosse questo il vero interesse di Thompson e non è il mio. Mi affascina più che altro la natura singolare e autodistruttiva degli esseri umani, a prescindere dalla società a cui appartengono".

    È importante che la storia sia ambientata negli anni '50?

    M. WINTERBOTTOM: "Non lo so. In fondo non è passato molto tempo da allora e non penso che oggi la vita nelle piccole città sia necessariamente molto diversa. Non credo proprio che l'ambientazione negli anni '50 sia importante. Complica solo le riprese! (ride) Il romanzo è molto narrativo, crea un mondo parallelo al mondo reale, il mondo che c'è nella testa di Lou. Di solito la gente si comporta così? Non è un mondo normale, è un mondo strano. Forse, per certi aspetti, l'ambientazione negli anni '50 rende più credibile quel mondo. Ma non è stato questo che mi ha attirato nel libro. Mi ha affascinato la storia di questo personaggio e l'atmosfera, ma soprattutto il clima psicologico e il tono della vicenda".

    Questa è la sua prima produzione americana. È stato uno dei motivi che l'ha attratta in questo progetto?

    M. WINTERBOTTOM: "È stato un caso. Ho realizzato molti film in molti posti diversi e per me è solo un altro film girato all'estero. Mentre mi stavo preparando per fare una specie di film di gangster in Inghilterra, che poi non è andato in porto, ho letto THE KILLER INSIDE ME e ho pensato di adattarlo. L'idea di fare un noir ambientato in America mi divertiva, ma non è stato in alcun modo il punto di partenza".

    Cosa rende THE KILLER INSIDE ME un progetto così forte?

    M. WINTERBOTTOM: "Leggendo il libro provi un senso di tragedia: percepisci la possibilità di amore, di amicizia, di qualcosa di bello, che viene completamente distrutto da Lou. È perfettamente in grado di permettere alle persone di entrare in contatto con lui, ma è molto isolato e insicuro e prova un profondo senso di inadeguatezza. Eppure, la gente gli vuole bene. I sentimenti che ti suscita la lettura del libro sono quello che mi ha fatto desiderare di farne un film".

    LA REDAZIONE

    Dal >Press-Book< di The Killer Inside Me


     
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