Centenario dalla nascita di Franco Zeffirelli - 'Celluloid Portraits Vintage' - I Bellissimi! - RECENSIONE - Una pietra miliare del cinema di Franco Zeffirelli con una sua visione della grande bellezza interiore di Francesco di Assisi (Graham Faulkner) - Dal 3 marzo
(Brother Sun, Sister Moon; ITALIA/INGHILTERRA 1972; biografico; 135'; Produz.: Euro International Films/Vic Films Productions; Distribuz.: Euro International Films)
Titolo in lingua originale:
Brother Sun, Sister Moon
Anno di produzione:
1972
Anno di uscita:
1972
Regia: Franco Zeffirelli
Sceneggiatura:
Suso Cecchi D'Amico, Franco Zeffirelli, Lina Wertmüller, Kenneth Ross (dialoghi versione inglese)
Cast: Graham Faulkner (Francesco) Judi Bowker (Chiara) Leigh Lawson (Bernardo) Kenneth Cranham (Paolo) Michael Feast (Silvestro) Nicholas Willatt (Giocondo) Lee Montague (Pietro Di Bernardone) Valentina Cortese (Pica) John Sharp (Vescovo Guido) Adolfo Celi (Console) Francesco Guerrieri (Deodato) Alec Guinness (Papa Innocenzo III) Carlo Pisacane (Povero vecchio) Aristide Caporale (Derelitto) Peter Firth
Musica: Riz Ortolani - Donovan (versione inglese)
Costumi: Danilo Donati
Scenografia: Lorenzo Mongiardino e Gianni Quaranta (Direttore realizzazione scenica) e Giorgio Giovannini (architetto)
Fotografia: Ennio Guarnieri
Montaggio: John Rushton
Scheda film aggiornata al:
20 Febbraio 2023
Sinossi:
In breve:
Figlio di un ricco mercante di Assisi, Francesco vive gioiosamente la sua gioventù. Partito per la guerra però, fa ritorno stremato nel corpo e nello spirito. Matura quindi una conversione radicale che lo porta a spogliarsi di tutti i suoi beni e a praticare e predicare, con un gruppo di fedeli amici, la povertà come stile di vita.
Appunti per uno sguardo retroattivo: la grande bellezza interiore di Francesco si fa immagine vibrante. E a distanza di oltre mezzo secolo è ancora un classico ‘cult’
Potremmo elencare una miriade di difetti, riguardando oggi quella pellicola, remota, eppure in grado di emozionare ancora così tanto. A cominciare dall’approccio generale: ‘romantico’ per convinzione e volontà , stracarico di fin troppa bellezza e perfezione di dettagli che tendono, per loro insita natura, verso l’inquadratura studiata, ricercata. Ci sono poi i protagonisti, a cominciare da Francesco (Graham Faulkner) e Chiara (Judi Bowker): ma si è mai visto qualcosa di più bello? Non bastasse, come osservato da Franco Zeffirelli stesso, a proposito di Chiara, “emana luceâ€. Il paesaggio poi che li accoglie, troneggia ovunque in tutto il suo splendore naturale, affiancato da scenografie di interni, odorose di un’epoca antica, qui richiamata a vivere un’altra vita. E che dire delle musiche con i testi delle canzoni?
Ormai ben note ed accolte da anni a corredo delle liturgie odierne, sono ancora in grado di sciogliere un iceberg.
Una questione di stile al servizio del contenuto
Non si può certo gridare al neorealismo! Vittorio De Sica probabilmente si rivolterebbe nella tomba. Ma entrando nello specifico del soggetto ‘Francesco’, già i precedenti in celluloide - da Roberto Rossellini (1950), a Liliana Cavani e Pier Paolo Pasolini (1966) - hanno fatto altre scelte, anche dal punto di vista della prospettiva narrativa, oltre che estetica, molto distanti dalla cifra abbracciata da Franco Zeffirelli, erroneamente tacciata di eccesso di “sfarzo figurativoâ€. E poi ci sarebbero le fonti letterarie e figurative, che parlano di un aspetto del Santo di Assisi ben diverso da quello ‘promosso’ da Zeffirelli. Eppure, a distanza di oltre mezzo secolo dalla sua uscita, all’ombra di parametri estetici oltremodo mutati, inzuppati fino al midollo di tecnologia e supereroi, Fratello Sole, Sorella Luna
riesce ancora oggi a toccare e a far vibrare le corde emotive più intime e nascoste. E’ come ‘una carezza sull’anima’, se ancora ci ricordiamo di averne una! E se lo sguardo ne è lo specchio, ecco che tanta bellezza non è che la metafora di quella interiore che si fa immagine. Persino la povertà , qui protagonista in carne ed ossa a vario titolo, emana luce e bellezza, in tutta la sua portata spirituale.
La filosofia di Francesco, rivoluzionaria, anticonformista, prima ancora che religiosa, sempre di grande attualitÃ
protagonisti a tutti gli effetti, Francesco ci parla di fede autentica e di scomode verità , talmente scomode da solleticare tentativi piuttosto aggressivi per farlo tacere, per affossare la sua contagiosa visione. Anche allora evidentemente campeggiava il mainstream d’epoca, cui non piaceva di essere sorpassato da una voce assolutamente fuori dal coro, eppure così altisonante, da svuotare la Chiesa ufficiale, popolata dai ‘votati a ricchezze, possesso e potere’ per andare a riempire di fedeli la diroccata San Damiano, riedificata dallo stesso San Francesco. Persino il pulpito in San Damiano nasce dall’amore della condivisione, all’apice di un’amicizia elettiva e profonda: costruito con le pietre dell’amico di scorribande, poi convertito, Bernardo di Quintavalle, messo insieme con il sudore della fronte e i consigli di un povero ragazzo affetto da handicap, seduto tra la neve in una nicchia. Zeffirelli riesce così, anche in questo caso, a filmare la bellezza interiore di chi, agli occhi
del mondo di allora così come agli occhi del mondo di oggi, viene puntualmente scartato ed escluso dalla comunità , non riconoscendone alcun ruolo necessario. L’esempio di Francesco, così come ritratto nel film, non solo diventa allora un messaggio potente, ma gronda linfa di grande attualità . Un simbolo che non parla di assistenzialismo gratuito, ma di inclusione operativa reale. Un’accoglienza tutt’altro che statica, vacua, o fatta di parole volatili, in grado di far sentire utile chiunque, al di là dei propri limiti.
Nella lentezza dei gesti nessuna platealità , piuttosto l’essenza di una spiritualità vivente
Potremmo intanto dire della sequenza in cui Chiara, unica in paese a porgere una forma di pane a Francesco e ai suoi fratelli, attiva una forma di carità naturalmente mossa da un cuore già predisposto - vedi la precedente scena con i lebbrosi - oltre che fortemente e volutamente simbolica dell’Eucarestia. Ecco, il primo piano del pane che spunta
da quella porta in un gesto lento, quasi contratto, diventa un’inquadratura assolutamente mistica!
Le fa eco un’altra inquadratura, dove protagonisti sono i piedi scalzi di Francesco, mentre solo un lembo del saio gli accarezza le gambe in cammino. Per questo sono propensa a credere che, con queste immagini, Franco Zeffirelli abbia voluto portare al cinema la preghiera stessa di Francesco di Assisi, la sua essenza: ed è anche quello che ha rappresentato il suo speciale talento da cineasta, che sapeva bene come, quando e cosa inquadrare, escludendo tutto il resto, per dar voce ad un solo dettaglio, autosufficiente a comunicare il suo messaggio.
C’è poi la sequenza del malessere crescente, culminante con la presa di coscienza di Francesco, nelle sotterranee tintorie di tessuti del padre, con vecchi malati e bambini in lacrime, schiavizzati e asserviti al ‘business’ di allora, in cui la guerra poteva ridurre in brandelli chi la combatteva, ma
poteva arricchire chi senza scrupoli era disposto a sfruttare la situazione a suo vantaggio. Un qualcosa che ci suona familiare, non come il fatto storico di un’epoca circoscritta del passato, ma come un motivo, purtroppo perpetrato nei secoli e dunque di grande attualità , proprio in questo momento. Il nostro momento.
Tra meritati riconoscimenti e critiche inopportune
Non sorprendono pertanto i riconoscimenti che il Fratello Sole, Sorella Luna di Franco Zeffirelli, liberamente ispirato alla vita e alle opere di San Francesco, dalla sua vocazione all’istituzione della 'regola francescana', riscosse all’epoca: dal David di Donatello 1972 come ‘Miglior Regia’ alla Nomination agli Oscar 1974 alla ‘Miglior Scenografia’. Sorprendono invece parecchio le critiche mosse paradossalmente dalla sponda cattolica più ortodossa che, aveva scambiato la grande bellezza interiore per un “estetismo, in contrasto con la povertà francescanaâ€. Nulla di più inopportuno e fuorviante. E se quanto detto fin qui non fosse sufficiente, basta richiamare alla memoria
l’incontro di Francesco con Papa Innocenzo III (Alec Guinness), laddove il ‘tanto sfarzo figurativo’ del Vaticano, dintorni & contorni, è per l’appunto strumentale ad evidenziare il contrasto con la povertà autentica vestita e professata da Francesco. Un qualcosa in grado di scuotere anche le incrostazioni più coriacee, alimentate da certe cattive consuetudini, acquisite nel tempo, magari proprio dalla Chiesa stessa, di allora tanto quanto oggi.