I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Da Cannes 76. - Oscar 2024: Nomination per la 'Miglior Sceneggiatura Originale' - Il regista di CarolTodd Haynes torna a dirigere Julianne Moore dopo Safe, Lontano dal paradiso, Io non sono qui e La stanza delle meraviglie, e le affianca Natalie Portman - Dal 21 Marzo
"Ciò che mi ha conquistato dello script eccezionale di Samy Burch è il modo con cui ha affrontato tematiche potenzialmente instabili con una pazienza osservativa che ha permesso ai personaggi della storia di essere esplorati con una sottigliezza non comune"
Il regista Todd Haynes
(May December; USA 2022; Dramma romantico; 113'; Produz.: Gloria Sanchez Productions, Killer Films, MountainA in associazione con Project Infinity e Taylor & Dodge; Distribuz.: Lucky Red)
Gracie Atherton-Yu (Julianne Moore) è una donna che anni prima diede scandalo per essersi innamorata di un ragazzino, compagno di scuola del figlio, di soli 13 anni. Una scelta che inevitabilmente, la portò a dover dire addio alla sua famiglia, all’amore di suo marito e alla libertà , visto che venne anche incarcerata per molti anni.
Dopo un salto temporale di vent’anni, Gracie (Julianne Moore) torna a rivivere ciò che accadde all’epoca, a causa dell’attrice Elizabeth (Natalie Portman) scritturata per portare al cinema questa storia e interpretare il ruolo di Gracie. Entrare maggiormente nel personaggio, porta l’attrice a insinuarsi nella vita di Gracie, come un coltello in un ferita, non ancora rimarginata, nonostante il tempo trascorso...
Intanto Elizabeth viene a sapere da Georgie, il figlio di Gracie dal precedente matrimonio, che la madre era stata molestata sessualmente dai fratelli durante la pubertà , anche se Gracie nega che ciò sia mai avvenuto. Sempre più in crisi e incerto sulla natura del suo matrimonio, Joe va a letto con Elizabeth e le consegna la lettera che Gracie gli aveva scritto all'inizio della loro relazione, in cui Gracie si rivelava consapevole dell'illegalità della loro relazione. Tuttavia Joe si indispettisce quando Elizabeth lo descrive come una vittima. Il giorno del diploma di Mary e Charlie, Elizabeth si congeda da Gracie, che ha cominciato a imitare sia nel trucco che nell'abbigliamento.
Con l'inizio delle riprese del film, Elizabeth, sempre più immersa nel personaggio di Gracie, fa girare più e più volte la scena della seduzione di Joe nel tentativo di catturare la complessità e le contraddizioni di Gracie.
Short Synopsis:
Twenty years after their notorious tabloid romance gripped the nation, a married couple buckles under the pressure when an actress arrives to do research for a film about their past.
uno studente diciassettenne della sua stessa scuola. Il registro di ambiguità qui era condiviso con l’insegnante più anziana, interpretata da Judi Dench, mentre la condanna della relazione era plateale e pubblica, oltre che privata, per quanto il nervo narrativo delle due donne corresse sul filo della reciproca menzogna. Ora, in May December, è la volta di Julianne Moore che torna a collaborare con Haynes per la quinta volta, dopo Safe, Lontano dal Paradiso, Io non sono qui e La stanza delle meraviglie.
La sponda metaforica dell’inizio - con le uova sulla foglia, prossime larve prima ancora che farfalle, così come quella posata sul germoglio - campeggia qua e là in un canovaccio verboso che sembra spalmato su una pièce teatrale più che su un brano di vero cinema. Metafora insita fin nel titolo stesso. May December, Maggio e Dicembre, i due mesi dell’anno che non potrebbero essere più lontani e più
diversi, e non solo come calendario ma anche come temperatura e temperamento: al fresco calore del primo, la primavera della vita, segue il freddo del secondo, la maturità , stemperabile solo con un calore derivato, artificialmente riprodotto.
Il film non brilla neppure per chiarezza nelle dinamiche narrative e, soprattutto, nelle relazioni parentali, raggiungibili non in maniera immediata: qui si confida più sull’intuizione dello spettatore che non su quanto correttamente e prontamente avrebbe potuto esser rivelato. La lentezza di alcune sequenze marginali e senza nervo sminuisce poi il potenziale effettivamente drammatico dell’intera vicenda, mentre l’eccessiva attenzione, quasi morbosa, riposta sulle due protagoniste assolute, intente anima e corpo a mettersi l’una nei panni dell’altra, relega nell’ombra una - auspicabile - maggiore profondità dell’intorno. Il risultato è un affresco scialbo e confuso, malgrado tutto.
Apparentemente vincente l’idea di fondo sull’ingresso in scena di un’attrice - la Elizabeth di Natalie Portman - per fare un film sulla
vita privata di Gracie/Moore, ora apparentemente serena, a distanza di decenni dalla relazione scandalistica con un tredicenne, compagno di scuola di suo figlio, per la quale ha persino scontato anni di carcere. Trascorsi più che burrascosi che non hanno impedito loro di essere ancora una coppia con tre figli. Un ingresso in campo benvoluto, quello dell’attrice, che pian piano diventa una presenza invadente, anzi, una vera spina nel fianco, in grado di far riaffiorare sentimenti e percezioni rimosse nel tempo. Uno specchio nello specchio - ribadito in un’altra metafora con la doppia Gracie/Moore riflessa in uno specchio in occasione della prova di abito della figlia per la cerimonia della consegna dei diplomi - che riporta a galla realtà scomode, all’ombra di una indegna manipolazione, che, d’altra parte, non traccia nette linee di demarcazione tra vittima e carnefice. Solo una schiacciante, impercettibile, ma reale, sottomissione, del più giovane della coppia, il
Ma il corpo della storia perde mordente con l’incalzare di continue divagazioni, per quanto motivate: dallo spot televisivo dell’attrice ‘pulita, fresca, tu’ quando in realtà è tutt’altra persona; al centro comunitario in cui ci si focalizza, senza fretta, sull’attività di confezionare bouquet di fiori, con la scusa di carpire le preferenze di Gracie. O le modalità di recitazione di Elizabeth quando viene intervistata dagli studenti di teatro: ‘scelgo il personaggio
che è difficile capire in superficie. La complessità , le zone morali grigie sono le più interessanti’. Per non dire di sequenze come quella dello spinello condiviso sul tetto della casa tra il padre Joe e il figlio. Nel frattempo tra le due donne, le domande incalzano, e comincia ad insinuarsi un certo fastidio dietro la cortina dei reciproci sorrisi di cortesia:
La pressione non potrà che aumentare con questa presenza scomoda che ha lo scopo di acquisire il modo di essere e persino di truccarsi di Gracie. Mentre si fanno interviste all’ex marito e all’avvocato per completare il quadro. Quadro che vira sull’horror psicologico quando Elizabeth/Portman si fa sfrontata ed insolente - ‘mi sono già fatta un’idea di come deve essere stato farsela con te’ -
fino ad insinuarsi come un vampiro tra la coppia, concupendo Joe/Melton. Va ancor peggio quando la storia di Gracie si traduce sul set: il doppiaggio italiano evidenzia un difetto di sillabazione della esse che snatura il personaggio di Gracie che Elizabeth/Portman vuol incarnare, talmente a fondo da celebrarlo nel primo piano di un lungo piano sequenza, fino a ripetere poi una sequenza ben quattro volte. Il punto di rottura che sentenzia la fine del film nel film, lasciandoci in dotazione un focale punto di domanda: ‘chi stabilisce i limiti?’, mentre serpeggia la triplice metafora di larve che diventano farfalle e a cui si restituisce la libertà , di volpi cacciate cui si rinuncia a sparare, e di serpenti che dovrebbero mordere ma non lo fanno. Miracolo della finzione di contro alla realtà .