I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dall'autore di Bohemian Rhapsody un biopic musicale sull’icona della musica, Whitney Houston, qui interpretata da Naomi Ackie per raccontare l’incredibile vita e la carriera di una delle voci più amate di sempre - Dal 22 Dicembre
(I Wanna Dance with Somebody; USA 2022; Biopic musicale; 146'; Produz.: Compelling Pictures, Black Label Media, Muse of Fire, Primary Wave Entertainment, TriStar Pictures, West Madison Entertainment; Distribuz.: Sony Pictures/Warner Bros. Italia)
Effetti Speciali: John Ruggieri (supervisore effetti speciali); Paul Norris (supervisore effetti visivi)
Makeup: Tisa Howard (direttrice makeup); Brian Badie (direttore acconciature)
Casting: Kim Coleman, Lisa Lobel e Angela Peri
Scheda film aggiornata al:
06 Marzo 2023
Sinossi:
Si racconta la vita e la carriera di Whitney Houston, interpretata da Naomi Ackie, la cantante americana scomparsa nel 2012 e icona pop dell'R&B, che con la sua musica e la sua straordinaria voce ha segnato diverse generazioni. Il film ripercorre i primi passi di una giovane Whitney nel mondo della musica, narrando come ha raggiunto tale successo mondiale, aggiudicandosi il soprannome "The Voice", attribuitole da Oprah Winfrey. La Huston segna un vero record quando nel 1985 resta in cima alla classifica americana per 14 settimane consecutive, nonostante sia solo all'inizio della sua carriera.
Cantante, popstar, ma anche attrice di talento, che ha prestato interpretazione e voce al cult Guardia del corpo (1992). Un racconto, però, che non tralascia le ombre che si sono abbattute sulla vita della star e che l'hanno portata più volte a fare abuso di stupefacenti, farmaci e alcol.
Short Synopsis:
The joyous, emotional, heartbreaking celebration of the life and music of Whitney Houston, one of the greatest female R&B pop vocalist of all time. Tracking her journey from obscurity to musical superstardom.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Dispiace dirlo, ma, seppure con tutte le migliori intenzioni di regia - Kasi Lemmons (La baia di Eva) - e interpretazione - Naomi Ackie (la Jannah in Star Wars: L’ascesa di Skywalker) - il biopic Whitney: una voce diventata leggenda (in originale I Wanna Dance with Somebody), non ha funzionato. Non solo, ma l’effetto è un po' quello estraniante, se non proprio denigratorio, ottenuto per Marilyn Monroe da Andrew Dominik con Blonde, in cui ad immolarsi sulla pira sacrificale è toccato all’attrice di punta Ana De Armas. Un copione sbagliato, fin dall’orientamento direttivo, in maniera simile a questo: biopic fin troppo didascalico in cui si preferisce la narrativa estesa ad uno sguardo d’insieme, piuttosto che concentrarsi su scorci particolari, magari di maggior spicco: come ad esempio la genesi e gli sviluppi di alcuni brani musicali o coreografie di danza, cui allude peraltro il titolo originale, ma che restano per lo
più sulla carta e non sullo schermo. E dire che il tempo, con ben 146 minuti di durata, non mancava di certo! Un aspetto di cui si è invece tenuto ben conto ad esempio in Bohemian Rhapsody per Freddy Mercury (un grande Rami Malek), storia peraltro scritta dallo stesso Anthony McCarten che firma ora la sceneggiatura per Whitney.
sono tra le più rappresentative. Dai suoi inizi all’ombra della madre, già cantante e sua prima insegnante - Cecil (Cissy) Houston - e del gospel, fino all’incontro con l'importante discografico, il Clive Davis di uno Stanley Tucci assolutamente in parte, delicato, paterno, lungimirante consigliere e insostituibile coach nelle scelte musicali, dal lancio, fin lungo l’apice della carriera e la fase discendente dell’intera parabola, il biopic Whitney, dell’afro-americana attrice e regista Kasi Lemmons, sorvola in ogni dove la parabola esistenziale ed artistica della Houston, lambendo a volo d’uccello anche i suoi, ben noti, coni d’ombra, quelli che l’hanno vista scivolare sempre più verso la deriva, sopraffatta dalla dipendenza da alcool e droghe che le è stata fatale. Con buona responsabilità del padre manager, di un marito che non avrebbe mai dovuto sposare e di tutti coloro che non avevano scrupolo ad usarla - come un bancomat - a proprio beneficio personale.
Il pregio del film, uno dei pochi, in seno a questa visione globale, paradossalmente anaffettiva, quasi da piccolo schermo, è l’essere scivolati oltre la tragica fine, mostrando il simbolo di quella vasca da bagno, per appuntarsi invece, mentre si guadagna l’epilogo, sul ricordo di una performance musicale record: un trittico irraggiungibile per vocalità diverse dalla portata di Whitney Houston. Un’artista che ha abbracciato anche l’interpretazione cinematografica nel celebre Guardia del corpo, che occhieggia pure da questa pellicola, emulatrice di un talento e di un fascino non solo vocali, cui non è stata resa la dovuta giustizia. Ed è perciò proprio a Guardia del corpo che ci è piaciuto tornare, per ricordare con affetto la Whitney Houston reale, dai lineamenti delicati e minuti, a dispetto delle sue origini, dal naturale fascino avvolgente e fresco, come un alito di primavera, e una voce in grado di far levitare da terra, portando a
sfiorare la volta celeste, rischiarandola con il suo sguardo luminoso e vibrante. Una dimensione indubbiamente impossibile da replicare!