I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - Dalla Berlinale 2019 - RECENSIONE - Dal 4 Marzo in DVD e Blu Ray
"Il libro esplora la vita di una spia dal punto di vista personale, mostra come vive, la sua peculiarità è il fatto che racconti tutto dal punto di vista della spia. Per il film ho fatto una scelta diversa, ho sdoppiato la prospettiva puntando tutto sulla relazione tra spia e supervisore... Non credo che il governo abbia motivi per prendersela col mio film, tutte le organizzazioni di questo tipo funzionano nello stesso modo, la differenza sta tra spie e non spie. A me interessava analizzare lo spirito dello spionaggio concentrandomi sul privato degli agenti. In realtà sono molti gli stranieri che lavorano nel Mossad, esistono tanti agenti non israeliani. Abbiamo cucito addosso a Martin Freeman la figura di un inglese ebreo che lavora in Germania. La cosa divertente di Israele è che se parli con un accento pensano che tu sia idiota, molte persone non capiscono l'ebreo, quasi tutti parlano inglese".
Il regista e sceneggiatore Yuval Adler
(The Operative; FRANCIA/ISRAELE/GERMANIA/USA 2019; Thriller; 116'; Produz.: Black Bear Pictures, Bord Cadre Films, Le Pacte, Little Shark Entertainment GmbH (Co-Production), Neue Bioskop Film, Spiro Films; Distribuz.: Eagle Pictures)
Rachel (Diane Kruger) è un perfetto agente del Mossad, i servizi segreti più efficienti del mondo, ha più di un passaporto, conosce varie lingue e non ha radici. Dopo un anno di insegnamento dell’inglese in Germania come copertura, il suo tutor Thomas (Martin Freeman) le assegna una difficile missione: dovrà trasferirsi in Iran ed entrare in contatto con Farhad Razavi (Cas Anvar), dirigente di una società di componenti elettroniche per sottrargli informazioni che lo condizionino a prestarsi a un’operazione del Mossad: far entrare nel Paese materiale difettoso che provochi falle nel sistema nucleare iraniano. Rachel riesce a creare il contatto, ma non può sapere in anticipo cosa le accadrà .
Synospis:
A woman is recruited by the Mossad to work undercover in Tehran.
Based on Yiftach R. Atir's book, The English Teacher, Yuval Adler's "THE OPERATIVE" is a taut psychological thriller about a young Western woman "Diane Kruger" recruited by the Mossad to go undercover in Tehran where she becomes entangled in a complex triangle with her handler "Martin Freeman" and her subject "Cas Anvar".
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Il piano sequenza iniziale non deve trarre in inganno. La macchina da presa incollata sulle spalle di Thomas (Martin Freeman) mentre fa jogging in solitario rischia di essere il passaggio più nitido di questa farraginosa e dimessa ‘spy story’. Spy Story che sembra davvero perdersi nelle labirintiche retrovie dei servizi segreti, i cui scopi e dinamiche si nebulizzano sempre più a cavalcioni dei continui salti temporali. Salti mirati a rintracciare, e ricostruire al contempo, il profilo di una neo Mata Hari, rivisitata e corretta sotto riflettori ‘monocromi’: la Rachel di una Diane Kruger ‘acqua e sapone’ per il ruolo di ‘operativa sotto copertura’, appunto: insegnante di lingua inglese in Iran di facciata e, di fatto, agente speciale del Mossad, a quel che si dice, i servizi segreti più efficienti del mondo. Il soggetto, come di rito, ha radice letteraria: il corposo romanzo dell’ex agente del Mossad Yiftach Reicher Atir, The
English Teacher, sostiene difatti la base dell’adattamento del connazionale regista israeliano Yuval Adler (Bethlehem). Ma mentre il romanzo dell’autore ha generato scompiglio in patria per i contenuti ‘scomodi’ vissuti in prima persona, il regista dà l’impressione di essersi avvitato sui tagli della mole di scrittura, nel tentativo di cercare una veste contenitiva in celluloide: veste che, di fatto, mostra invece di aver risentito in scorrimento e fluidità , costeggiando persino la noia per la mancanza di un vero mordente.
Dal canto suo, Diane Kruger, cui è stato chiesto evidentemente di ‘rallentare’ e lavorare per sottrazione sul suo personaggio di Rachel/Anne, e non soltanto per quanto riguarda trucco e parrucco, risulta abbastanza abile a muovere le sue pedine, mostrando un filo tensivo rappreso sotto il copricapo nero, senza, d’altra parte, arrivare a marcare mai lo scacco matto, qui evidentemente non contemplato. Non è stato così sufficiente reinventare un’eroina che scartasse dall’iconica ‘femme
fatale’ ricorrente nel genere, per rendere interessante questa ‘spy story’. ‘Spy story’ che si premura piuttosto di spezzare una lancia in favore del fascino di Teheran e degli iraniani, di cui gli occidentali sembrano avere una visione erronea e fuorviante. Viene da dire, fuorviante come una spia che deraglia dal suo obiettivo di missione - sottrarre informazioni per mandare a segno una speciale operazione del Mossad - decidendo di frequentare il letto del soggetto che avrebbe dovuto tenere sotto controllo per l’operazione in corso: il dirigente di una società di componenti elettroniche Farhad Razavi (Cas Anvar). E dire che non siamo neppure nei paraggi di James Bond, altrimenti sarebbe stato un diktat! Non resta che stimolare l’attenzione con una delle poche domande con un senso logico: l’amicizia con il suo supervisore-tutor Thomas/Freeman, tiepido e dimesso a sua volta, porterà Rachel/Kruger a centrare la missione e a salvare la sua vita