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    TOLO TOLO

    Dopo quattro anni di attesa Checco Zalone colpisce ancora, questa volta giocando al raddoppio: come attore ma anche come regista - RECENSIONE - Dal 1° Gennaio

    "Tutti i grandi scrittori così come i semplici viaggiatori e turisti, dicono che una volta vista l'Africa ti rimane dentro e che, prima o poi, ci si ritorna: lo chiamano Mal d'Africa. Lo stesso succede a tutti gli spettatori che in questi dieci anni hanno amato i film di Zalone: attendono da tre anni l'arrivo di un suo nuovo film e anche loro soffrono un po' di mal di Zalone. È il film che segna la sua piena maturità artistica, ci ha lavorato per più di un anno e per la prima volta è anche il regista. È un film molto complicato da girare, in queste terre tanto belle quanto pericolose e insidiose, con una troupe di più di 120 persone e migliaia di comparse; un film che sa affrontare con comicità temi molto importanti e delicati. Il mal di Zalone sta per passare, dobbiamo solo avere un altro po' di pazienza".
    Il produttore Pietro Valsecchi

    (Tolo Tolo; ITALIA 2019; Commedia; 90'; Produz.: Taodue Film; Distribuz.: Medusa Film)

    Locandina italiana Tolo Tolo

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    Celluloid Portraits:




    Titolo in italiano: Tolo Tolo

    Titolo in lingua originale: Tolo Tolo

    Anno di produzione: 2019

    Anno di uscita: 2020

    Regia: Checco Zalone

    Sceneggiatura: Checco Zalone e Paolo Virzì

    Soggetto: Preliminaria - Origine del titolo del film:

    Tolo Tolo è l’espressione usata da un bimbo africano quando, nel film, incontra per la prima volta il personaggio interpretato da Checco Zalone.

    Preliminaria - Non solo curiosità:

    - Le comparse africane sono state cercate nei centri di accoglienza.

    - La colonna sonora del film ha almeno due canzoni scritte da Checco Zalone. Una si chiama: Se t’immigra dentro il cuore

    Preliminaria - Altre curiosità:

    Tolo Tolo segna l'esordio dietro la macchina da presa di Checco Zalone.

    Le musiche del film sono dello stesso Luca Medici, in arte Checco Zalone.

    Le riprese del film hanno coinvolto molte città italiane, Roma, Bari, Acquaviva delle Fonti, Gravina di Puglia e Trieste, e anche location in terra straniera come Malta, il Marocco e il Kenya.

    In occasione dell'uscita del film, Checco Zalone ha rilasciato il videoclip della canzone Immigrato, nel quale ironizza sulla situazione dei migranti in Italia, non tralasciando, come in ogni film, l'apologia dell'italiano medio e la presa in giro di tutte le sue derive. Si tratta di una canzone inedita le cui immagini non sono tratte dal film. Nella clip musicale oltre a Checco Zalone, compaiono l’attrice Emanuela Fanelli, nei panni della moglie di Checco e Maurizio Bousso nel ruolo dell’immigrato.
    Il videoclip è stato girato in diverse zone di Roma tra le quali il quartiere Bologna, nel caseggiato popolare, set del film del 1977 Una giornata Particolare di Ettore Scola, con Sofia Loren e Marcello Mastroianni.

    Cast: Checco Zalone (Checco)
    Souleymane Silla (Oumar)
    Manda Touré (Idjaba)
    Nassor Said Berya (Doudou)
    Jean Marie Godet (Generale Ducros)
    Eduardo Rejón (Medico Spagnolo)
    Fabrizio Rocchi (Medico ONG spagnola)
    Francesco Cassano (Guardia costiera)
    Nunzio Cappiello (Zio Sushi)
    Alexis Michalik (Alexandre Lemaitre)
    Antonella Attili
    Nicola Nocella
    Barbara Bouchet

    Musica: Checco Zalone, Antonio Iammarino e Giuseppe Saponari

    Costumi: Monica Simeone

    Scenografia: Maurizio Leonardi

    Fotografia: Fabio Zamarion

    Montaggio: Pietro Morana

    Effetti Speciali: Elio Terribili

    Makeup: Mauro Meniconi (direttore); Karen Schembri Grima, Federico Meniconi e Ghislaine Nejjar

    Casting: Nathalie Cheron

    Scheda film aggiornata al: 16 Febbraio 2020

    Sinossi:

    Tolo Tolo narra la tragicomica storia di Checco (Zalone), uomo che ama sognare in quel di Spinazzola, in Puglia.
    Dopo un fallimentare tentativo di trapiantare la cultura del sushi in terra carnivora, Checco fugge oberato dai debiti e tampinato da famiglia ed ex-mogli, incauti finanziatori dei suoi goffi sogni imprenditoriali. Si rifugia da cameriere in un resort africano, a confidarsi con l'amico e collega del posto, Oumar (Souleymane Sylla), che sogna l'Italia e adora il cinema neorealista italiano. Dentro di sé, Checco si sente più vicino ai tanti ricconi italiani che deve servire nell'hotel. Il suo equilibrio è decisamente precario, e si spezza quando la guerra civile spazza via tutto e spinge Checco e Oumar prima nel villaggio di quest'ultimo, poi direttamente sulla rotta per l'Europa: bus precari, deserto, passaggi fortunosi, momenti di pace, guerriglia, carceri e attraversamento del Mediterraneo. Checco non vuole saperne di tornare dove lo attendono al varco debiti e fallimenti, anzi: sogna di ritornare in Europa ma di trasferirsi nel Liechtenstein! Non avrà però altra scelta che farsi trascinare, perché si è innamorato di Idjaba (Manda Touré), anche lei in fuga in compagnia di suoi figlio Doudou (Nassor Said Birya), che lo ha preso in simpatia nonostante la sua insofferenza molto occidentale per la situazione. In particolare, l'assenza di farmacie e adeguati cosmetici per la pelle si fa sentire. Mentre in patria pugliese lo danno per disperso e qualcuno spera persino che muoia per un colpo di spugna ai debiti, Checco attraversa realtà più e meno crudeli dell'Africa, aiutato anche da un irritante e piacione reporter francese, Alexandre Lemaitre (Alexis Michalik). Chi sarà dalla sua parte fino alla fine? Chi rimarrà con lui in Italia? Ma soprattutto: come si fa a trovare un Imodium in Africa?

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    "La bellezza ci salverà e io non smetterò mai di sognare"

    Fino a questo momento il dado era tratto: la comicità ‘schizzata’ e semplice di Checco, avviata molto tiepidamente al cinema, faceva perno sulla sola interpretazione. Bastava e avanzava. Dopo Cado dalle nubi, Che bella giornata, Sole a catinelle, è solo con Quo vado? che Checco dimostra di aver fatto il salto qualitativo. Un film di maggior corpo e solidità fin dalla scrittura rispetto alle esperienze precedenti. Il che fa pensare alla fattiva collaborazione oltre la performance attoriale di Checco Zalone con Gennaro Nunziante. Un piede dopo l’altro, tant’è che oggi il nostro Checco ha pensato bene di debuttare anche in regia. E, come è già successo al suo esordio in recitazione al cinema, rispetto al cabaret televisivo da cui ha preso le mosse, i frutti hanno oggi un sapore inequivocabilmente acerbo. E dire che, per la sceneggiatura, questa volta ha

    chiesto il ‘conforto’ del ben più navigato Paolo Virzì. Perché mai? Forse nel timore di non riuscire nell’impresa? Una cosa è certa, oltre che intelligente e preparato, Checco è anche un gran manager di se stesso e pure un furbone che sa come accaparrarsi consensi ‘a catinelle’. La gente lo ama, me compresa, e al cinema produce file chilometriche, vere e proprie fiumane di pubblico in attesa di vedere un suo film. Questa volta di più. Perché c’era un motivo aggiuntivo. Un motivo studiato a tavolino che ha già fatto furore, generato dibattiti ancor prima dell’uscita del film stesso.

    Il cortometraggio promozionale con la canzone 'Immigrato':

    Con le note popolari ben assestate sulla canzone Immigrato, interpretata da Checco alla maniera del ‘molleggiato’ per eccellenza - il mitico Adriano Celentano - di cui amabilmente scimmiotta movenze e vocalità, lancia l’esca aspettando che la preda abbocchi. Ed è subito bagarre! Un video di cui

    – grazie a Dio! – non c’è traccia nel film. E non vi è traccia perché si tratta di un vero e proprio cortometraggio promozionale, studiato ad hoc, tanto ad hoc da diventare in breve un tormentone, virale e non, in grado di fomentare ulteriori aspettative. Tanto ad hoc da essere cantato dai ragazzi in coda in attesa del film. E’ l’effetto Zalone che si ripete. Basta che se ne parli, magari pure a sproposito, perché le critiche feroci ventilate qua e là sul corto dimostrano solo di non aver centrato il bersaglio. Ormai a qualsiasi malinteso si risponde per etichette: tacciato di ‘razzismo’ quando lo stesso corto, ma anche il film, Tolo tolo, vogliono essere l’esatto contrario. A modo suo - criticabilissimo - ma comunque, l’esatto contrario. Il corto è semplicemente poco comico, nonché più surreale e fastidioso sulle corde di quella moglie, quella si, un po’ cretina, imbambolata

    dell’immigrato: l’italianissimo, romano Maurizio Bousso. Ma poco importa, qui il razzismo non c’entra nulla… E’ su quella frasetta insidiosa che sta semmai il nocciolo della questione, pronunciata dal sedicente immigrato all’italiano Checco: ‘prima gli italiani’, con tutta l’ironia che batte sempre sul solito dente. E questa si, ahimé, che torna nel film!

    Quale soggetto dunque? Ancora migranti! Poveri migranti! E poveri noi!

    Finché Checco fa Checco, in quel di Spinazzola, è uno spasso. In Tolo tolo non si ride certo come in Quo vado? ma non mancano passaggi divertenti, fin dalle sequenze alla circoscrizione di polizia locale, con la faida delle ex mogli, i debiti e le tasse che lo dilaniano tali da renderlo di lì a poco migrante tra i migranti. Non prima di averci provato. L’idea del ‘sognatore’ – Checco non rinuncia alla ‘voice over’ che racconta di sé quando forse sarebbero stati sufficienti i primissimi piani aperti sugli scenari

    sognati ad occhi aperti di contro alla cruda realtà – è fantastica, ed è la molla perfetta a far scattare la ‘vis comica’ connaturata nel nostro Checco. L’apertura – ovviamente ultra fallimentare – del ristorante ‘Murgie e sushi’ ne è una dimostrazione: una scena per tutte il banco alimentare girevole al self service. Il povero Checco disarmato incoraggia gli avventori di paese e, soprattutto, di famiglia: “guardate che non è una giostra, dovete scegliere e prendere il piatto che preferite!â€. Capirai! Il sushi in Puglia! E dire che il povero Checco voleva restare nel suo amato Paese - tutte le canzoni a tema, da Mino Reitano a Sergio Endrigo, hanno ingresso prioritario nel film - ed aiutarlo economicamente incluso se medesimo ma… quando si dice la sfortuna! Checco scimmiotta lo snobismo di cui dota il suo personaggio, un mix di cialtroneria e cafonaggine acute ma con la fissa dell’abbigliamento firmato

    e delle creme di bellezza. L’incontro con il giornalista e scrittore francese, testimonial su riviste glamour della crema prediletta da Checco - che cerca pure nell’emporio locale mentre imperversa un’esplosione da guerriglia – è una delle trovate più azzeccate, considerato quel che si rivelerà di lì a poco il ‘gentleman francese’ all’insegna del ‘tanto onesto pare…’

    Checco Zalone fa sua ‘La grande bellezza’ sorrentiniana ma la vede e la filtra attraverso gli occhi di un migrante, aspirante regista, mentre avanza realizzando il suo ‘film nel film’

    Surreale il fatto che la cosiddetta, sorrentiniana, ‘grande bellezza’, la nostra arte, la nostra poesia, il nostro cinema, siano appannaggio di un migrante - per di più con aspirazioni da regista - di contro ad un ignorantissimo Checco (il personaggio ovviamente). Solleva una nuvoletta di comicità tiepida il dialogo del migrante innamorato del ‘neorealismo’, davanti alla Tv intento a guardare quel monumento in celluloide, che è

    ancora oggi e che resterà sempre, di Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, con Checco che parla riferendosi a tutt’altro, mentre il migrante si spertica in osservazioni relative al film che sta vedendo. Il 'bisticcio' è costruito a tutta verve comica. Ma nella grande bellezza zaloniana c’è posto anche per un migrante di strada dedito alla pittura: la scena del quadro galeotto che fa ritrovare il padre al bambino rientra in quell’aura romanticamente amorosa di chi sogna in grande - ‘tanto fumo e niente arrosto’ - senza pensare, visto che stiamo qui a riflettere e non a ridere, che una sequenza come quella ha in sé tutta la tristezza delle innumerevoli famiglie smembrate e ritrovate per caso, e per metà. Incontri magari auspicati da un sognatore ad occhi aperti più che rispondenti al reale. Personalmente mi piacerebbe sognare famiglie aiutate a non separarsi, offrendo loro condizioni e possibilità per farlo,

    in tutta serena dignità. Ma al cinema funziona meglio questo, e Checco Zalone lo sa bene. Quel che si capisce ancor meno dalle sue spassionate visioni-desiderio è quella nazionale italiana di calcio nero integrale, così come il quadretto vaticanista con tanto di papa nero con affini prelati al seguito, tra cui il solo bianco è lo stesso Checco. Mah! Vai a pensare! Ai sogni non si comanda! Perciò può capitare di vedere all’orizzonte una sposa di colore (la Idjaba di cui si innamora Checco nel film) cavalcare la spuma del mare su una barca inaffondabile che guadagna la riva. E il matrimonio s’ha da fare, si, ma in seno alle riprese di un film. Il ‘film nel film’.

    Cifra di regia ‘schizzata’ come il protagonista, ‘imbarazzata’ e confusa sulla direzione da prendere che non sa evitarsi banalità e buonismo di marca populista, pure e soprattutto nel finale

    Il brano di animazione alla

    Mary Poppins che scandisce il finale rivolto ai bambini neri migranti nell’encomiabile tentativo di spiegare loro il perché sono nati dove sono nati, con tanto di cicogne - schizzate pure loro – oltre a shakerare un mix stilistico che sembra dar di matto come il latte con il limone, se non emulsionato con mano esperta, non spiega un bel nulla, e finisce con il mortificare il significato pieno della realtà. Eh no, il finalino buonista e populista no! L’amore si, certo. Ma l’amore deve avere testa e gambe oltre che cuore. Deve porgere soluzioni concrete e saperle gestire. Perché è una cosa straordinaria nascere in qualsiasi Paese se non subentra qualcuno a mortificarne il potenziale. Se qualcuno non fornisce loro le armi per innescare guerre su cui lucrare, se qualcuno non genera e alimenta illusioni mettendo in mare barconi o gommoni precari su cui far morire speranze e spegnere vite

    innocenti. C’era già stato Antonio Albanese (Contromano) che aveva beatamente deragliato sul tema, mettendo i migranti a dirigere il suo negozio, facendo finire il suo personaggio a lasciare definitivamente l’Italia per insegnare a lavorare la terra in Africa! Ci mancava pure Checco Zalone! Che d’altra parte mentre ironizza sparando a destra e a manca schegge di sarcasmo, tra un sogno e l’altro (le sue soluzioni!) dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Non fa ridere né riflettere l’ammaraggio dei migranti tradotto in una sorta di musical in cui, tra il fraseggio globale, tuona la frase "si sa che lo stronzo galleggia sempre".

    Di Tolo tolo si è detto ‘si ride di meno ma si riflette di più’. Per inciso va ammesso che tra le poche battute che navigano nel mare di serietà ce ne sono alcune davvero esilaranti, come quella dell’F16 (aereo) e dell’F24 (modello unico). Meglio soprassedere

    sulla sequenza della doccia invece! E del tutto sulle visioni ‘fasciste’ di Checco! Ancora etichette? Ma su cosa si deve riflettere? Sulla scoperta dell’acqua calda? Abbiamo tutti chiaro il quadro, drammatico, iniquo, a cominciare dagli italiani: e questo lo dice pure Zalone mettendo in guardia i migranti sulle aspettative dall’Italia, afflitta dalla valanga di guai interni che tutti ben conosciamo. Poi Zalone incrocia i dardi delle trasmissioni televisive con Mentana o Giletti, chiama Niki Vendola per un cameo fatto di ‘parole su parole’ che travolgono il povero Checco, traducibile in ‘vendita di fumo’. La matassa aumenta di volume e i fili si intersecano fino ad aggrovigliarsi e a confondersi in un ammasso di buone intenzioni con molto da dire, fermandosi al titolo però, come i troppi temi e sottotemi carenti nello svolgimento.

    Ve lo racconto io il finale che mette fine alle morti in mare, agli stupri, agli abusi e

    a un’accoglienza che accoglienza non è, ma piuttosto infama la dignità umana. L’Africa e gli africani sono un tesoro dell’umanità, e nessuno è più razzista di chi sfrutta le loro risorse senza generare lavoro, condizioni ambientali e di servizi idonei a far vivere ogni popolo nella sua terra, o magari pure in altre terre, ma non per costrizione: scappando da fame e guerre che altri hanno allestito ad hoc per loro. Diciamola tutta, non per metà. E qui c’è ben poco da ridere, e i tempi per la riflessione sono scaduti da tempo. E’ tempo di agire e in fretta anche, con testa, gambe e cuore. E’ ‘tolo’/solo questo il genere di amore cui ci piace pensare, in vista di un nuovo ‘festival delle contaminazioni’, a tutto tondo però, che magari ha poco a che vedere con la ‘pizzica’, e più con un senso dell’accoglienza, quando davvero necessaria,

    degna di questo nome.

    Secondo commento critico (a cura di La parola al film)

    trailer 'Canzone Immigrato':



    teaser trailer dal set:

    Altre voci dal set:

    Il produttore Pietro Valsecchi:

    per lui, questo è "il film della piena maturità artistica" di Zalone.

    Ha inoltre commentato all'Ansa:

    "Tutti i grandi scrittori ma anche i semplici viaggiatori e turisti, dicono che una volta vista l'Africa ti rimane dentro e alla fine, prima o poi, ci si ritorna: lo chiamano Mal d'Africa. Lo stesso capita a tutti gli spettatori che in questi dieci anni hanno amato i film di Zalone: attendono da tre anni il suo nuovo film e soffrono un po' di mal di Zalone. Ora Checco è venuto proprio in Africa per girare il suo nuovo film che finalmente ha battuto il primo ciak. […] Il mal di Zalone sta per passare quindi, dobbiamo solo avere ancora un po' di pazienza...".

    Links:

    • Checco Zalone (Regista)

    • Checco Zalone

    • TOLO TOLO - VIDEO conferenza (versione Integrale) di CHECCO ZALONE (Interviste)

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    Tolo Tolo - trailer 'Canzone Immigrato'

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