Stasera, 23 Giugno, in TV, su RAI Storia, Canale 54, ore 21.10 - RECENSIONE - Un tributo a una delle figure più influenti del nostro tempo, seconda donna a essere nominata Giudice alla Corte Suprema. Un omaggio a tutte le donne, un invito a non farsi sopraffare - Dal 28 Marzo
“Penso che ci sia qualcosa di più profondo che è fondamentale per poter capire davvero Ruth: quanto lei rispetti pienamente la Costituzione, la legge e il paese. Quello che ho imparato da lei è cosa sia davvero il patriottismo…â€.
Lo sceneggiatore (e nipote di Ruth Bader Ginsburg) Daniel Stiepleman
(On the Basis of Sex; USA 2018; Biopic legal drama; 120'; Produz.: Amblin Partners, Participant Media e Robert Cort Productions; Distribuz.: VIDEA)
Cast: Felicity Jones (Ruth Bader Ginsburg) Armie Hammer (Martin Ginsburg) Justin Theroux (Mel Wulf) Sam Waterston (Erwin Griswold) Kathy Bates (Dorothy Kenyon) Cailee Spaeny (Jane Ginsburg) Jack Reynor (Jim Bozarth) Stephen Root (Professor Brown) Chris Mulkey (Charles Moritz) Gary Werntz (Giudice Doyle) Francis X. McCarthy (Giudice Daugherty) Ben Carlson (Giudice Holloway) Ronald Guttman (Gerald Gunther) Wendy Crewson (Harriet Griswold) John Ralston (Tom Miller)
Musica: Mychael Danna
Costumi: Isis Mussenden
Scenografia: Nelson Coates
Fotografia: Michael Grady
Montaggio: Michelle Tesoro
Effetti Speciali: Mario Dumont (supervisore)
Makeup: Gina W. Bateman
Casting: Victoria Thomas
Scheda film aggiornata al:
24 Giugno 2024
Sinossi:
Ruth Bader Ginsburg (Felicity Jones) è una delle nove donne ad entrare, nel 1956, al corso di Legge dell'Università di Harvard e che, nonostante il suo talento, fu rifiutata da tutti gli studi legali in quanto donna. Sostenuta dall’amore del marito Martin Ginsburg (Armie Hammer) e dall'avvocato progressista Dorothy Kenyon (Kathy Bates), accetta un controverso caso di discriminazione di genere. Contro il parere di tutti, Ruth vinse il processo, determinando un epocale precedente nella storia degli Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti. Un tributo a una delle figure più influenti del nostro tempo, seconda donna a essere nominata Giudice alla Corte Suprema.
Synopsis:
Ruth Bader Ginsburg is a first-year student at Harvard Law School. When her husband Martin, a second-year student, falls ill with cancer, she attends both her classes and his, taking notes and transcribing lectures while caring for Martin and their infant daughter Jane. Two years later Martin, his cancer in remission, is hired by a firm in New York. Ruth petitions Harvard Law School Dean Griswold to allow her to finish her Harvard law degree with classes at Columbia Law School in New York, but he insists on following Harvard University policies at the time and denies her request, so she transfers to Columbia. In spite of graduating at the top of her class, she is unable to find a position with a law firm because none of the firms she applies to wants to hire a woman. She takes a job as a professor at Rutgers Law School, teaching "Sex Discrimination and the Law".
Ruth meets with Mel Wulf of the ACLU to try to enlist their help, but he turns her down. She also meets with activist and civil rights advocate Dorothy Kenyon, who is cold to the idea at first but later meets with Wulf in his office and convinces him to sign on. Ruth then flies to Denver to meet with Moritz, who agrees to let the Ginsburgs and ACLU represent him pro bono after Ruth convinces him that millions of people could potentially benefit. The Ginsburgs and Wulf file an appeal of Moritz's denial with the Tenth Circuit Court of Appeals. Department of Justice Attorney James H. Bozarth asks to be the lead counsel for the defense. He does a computer search to find all of the sections of the US Code that deal with gender identity. His defense will contend that, if section 214 is ruled unconstitutional, that will open the door to challenges to all of America's gender-based laws. Ruth, having no courtroom experience, does poorly in a moot court, and Wulf convinces her to let Martin lead off arguing the tax law, with Ruth following up with equal protection arguments.
The government offers Moritz a settlement of one dollar. Ruth makes a counter-proposal: the government will pay Moritz the sum he claimed as a deduction and make a declaration that he did nothing wrong, and also enter into the record that the gender-based portion of section 214 is unconstitutional. The government declines this proposal because of the constitutionality element. At the oral argument in the Court of Appeals, Martin takes more of their side's allotted time than he had intended. Ruth is nervous but makes several key points and reserves four minutes of her time for rebuttal. Bozarth frames his side's argument as defending the American way of life, implying that the Ginsburgs and ACLU want "radical social change" and maybe Moritz "just doesn't want to pay his taxes". In her rebuttal, Ruth is much more confident. She states that societal roles that existed one hundred years ago, or even twenty years ago, no longer apply. She does not ask the court to change society, but to keep the law up with social change that has already taken place. To a judge's objection that the Constitution does not contain the word "woman", she responds vigorously that neither does it contain the word "freedom".
Outside the courthouse, judgment being reserved, Wulf, Moritz and the Ginsburgs celebrate that, win or lose, Ruth has finally found her voice as a lawyer. Titles over the closing scene indicate that the Court of Appeals found unanimously in Moritz's favor. Ruth went on to co-found the Women's Rights Project at the ACLU, which struck down many of the gender-based laws Bozarth identified, and in 1993 the Senate voted 96 to 3 for her to become an associate justice of the United States Supreme Court. The final scene shows the real-life Ginsburg walking up the steps of the Supreme Court building
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Ecco un’altra storia imprestata dalla realtà al cinema. E questa volta ‘il diritto di contare’ (vedi Il diritto di contare di Theodore Melfi) affonda la lama in un altro genere di rivendicazione. Non è più sulla questione razziale bensì, ‘On the basis of sex’ (‘sulla base del sesso’). Una storia vera dunque, che vede al centro della vicenda l’intera vita di una donna davvero eccezionale. Una donna che, attraversando decenni di storia americana, oltre che della sua vita privata, ha portato avanti ‘una giusta causa’, che poi è diventata anche il titolo italiano del film di Mimi Leder. Una donna che, dopo un lungo e faticoso percorso, è riuscita a fare la differenza. Prima per altri che per se stessa, creando un precedente legislativo in grado di fare da apripista alla lunga lista di leggi discriminatorie di genere.
Tutto ha inizio nel lontano 1956. E le prime immagini che scoprono
gradualmente i dettagli di una mise femminile in mezzo ad una fiumana di uomini diventa l’incipit simbolo di tutto il film. E’ il momento in cui Ruth Bader Ginsburg, nel film indossata da una impeccabile Felicity Jones, che per un soffio ha schivato il lezioso, fa il suo ingresso al corso di Legge dell’Università di Harvard. Una delle nove donne sperdute in una classe a schiacciante dominanza maschile. Ingresso che spira venti di orgoglio prima che siano presto mortificati ad ogni occasione pubblica. Università , quella di Harvard, che oggi, spalancherebbe le porte del lavoro a chiunque, ma non allora. Talento, grinta e determinazione, massimo impegno si estendono anche alla famiglia, e al marito in particolare che, improvvisamente, si riscopre gravemente malato: il fattivo aiuto serale negli studi di avvocatura di lui, prima ancora che dei suoi, dà un’idea piuttosto chiara del calibro di questa donna. Eppure ciò è valso a
Ruth Bader Gisburg tutti i rifiuti possibili da parte degli studi legali quando, a fronte di due lauree con il massimo dei voti, si è accinta a cercare un lavoro. I motivi addotti oggi suonano tanto assurdi quanto quelli avanzati decenni dopo nelle autorevoli aule di tribunale: l’immagine delle donne a casa ad accudire figli e marito è vista come l’ordine naturale delle cose e l’ingresso di una donna in uno studio legale affiatato come una famiglia può suscitare la gelosia delle mogli degli stessi avvocati che ne fanno parte. Sembra fantascienza retrò, ma è semplicemente la lunga strada delle lotte per i diritti senza discriminazioni di sorta condotte ahimè, senza troppo successo, ancor prima di Ruth Bader Ginsburg: ne è testimonianza concreta il personaggio dell'avvocato progressista Dorothy Kenyon interpretato da Kathy Bates, sempre immensa anche in poco più di un cameo allargato!
caso in grado di creare un precedente appunto, per poter cambiare le molte altre leggi discriminatorie di genere di cui sopra, e per il quale Ruth combatterà con le unghie e con i denti. Ma un’altra presenza cruciale in grado di fare la differenza nella vita di Ruth è proprio la figlia Jane (Cailee Spaeny), sulle prime nervosa e accusatoria con la madre che reputa una despota, come del resto la maggior parte degli adolescenti ma, successivamente, una riscoperta ispirazione per la madre, in un’aura di rinnovata solidale complicità affettiva oltre che di rispetto e stima reciproche: il segno palpabile dei tempi che cambiano, con o senza il consenso delle leggi.
E’ così che, contro il parere di tutti gli onorevoli togati, Ruth vinse il processo, determinando un epocale precedente nella storia degli Stati Uniti sul fronte della parità dei diritti. Una giusta causa si serve di una formula classica
per raccontare questa storia affascinante e di grande rilievo storico prima che personale. Una formula vagamente patinata e, per certi aspetti, di maniera, ma dai messaggi inequivocabilmente forti quanto le contraddizioni della legislatura della costituzione americana, in cui il film si inoltra non temendo dettagli e cavilli, con cui anzi, tiene banco, tramite una sceneggiatura fluida e ben scritta: non a caso dal nipote della vera protagonista, Daniel Stiepleman. E il fatto che la sceneggiatura sia stata scritta dal nipote, peraltro con il diretto contributo della stessa Ruth Bader Ginsburg, ha aggiunto senz’altro alla storia una dimensione intima ed autentica. Quanto il film voglia essere un tributo ad una delle figure più influenti del nostro tempo, seconda donna a essere nominata Giudice alla Corte Suprema, lo esprime il suggestivo finale in cui l’interprete Felicity Jones cede il passo alla vera Ruth di oggi. Un omaggio ad personam esteso a tutte
le donne nei termini di un caloroso invito a non farsi sopraffare. Mai!
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)