I ‘RECUPERATI’ di ‘CelluloidPortraits’ - RECENSIONE - Dal 17 Ottobre
(The Informer; USA 2019; Drammatico; 113'; Produz.: thefyzz, Thunder Road Pictures in associazione con Imagination Park Entertainment e Maddem Films; Distribuz.: Adler Entertainment)
Makeup: Elizabeth Yoon (direzione New York); Jennifer Harty (supervisore); Alice Jones
Casting: Colin Jones
Scheda film aggiornata al:
18 Maggio 2020
Sinossi:
In breve:
Il mondo di Pete Koslow, (Joel Kinnaman), soldato delle forze speciali congedato in modo onorevole, viene stravolto quando viene arrestato dopo una lite per proteggere sua moglie. A Pete viene data possibilità di una scarcerazione anticipata in cambio dei suoi servizi come informatore per l'FBI, usando le sue abilità segrete in un'operazione per sconfiggere Il Generale, il più potente boss del crimine di New York.
In dettaglio:
Pete Koslow (Joel Kinnaman) è un ex soldato delle operazioni speciali e veterano della guerra in Iraq e Afghanistan. Dopo essere stato in carcere per aver ucciso un uomo durante una rissa in un bar per proteggere la moglie Sofia (Ana de Armas), Pete ora lavora come corriere della droga per la mafia polacca di New York, un cartello comandato da Rysard Klimek, anche chiamato Il Generale (Eugene Lipinski), un gangster spietato.
Ma Pete è anche un informatore per l’FBI, che fornisce informazioni all’Agente Erica Wilcox (Rosamund Pike), che sta cercando le prove per incastrare Il Generale. L’operazione segreta di Wilcox sta arrivando alle battute finali, e sia lei che Pete sperano che l’ultima partita di Fentanyl, contrabbandata negli Stati Uniti in buste diplomatiche, porterà al suo arresto. E con la caduta del Generale, Pete, la moglie e la figlia di otto anni Anna (Karma Meyer) saranno finalmente liberi. Ma quando Stazek Cusik (Mateusz Kosciukiewicz), lo spietato nipote dal grilletto facile del Generale, decide di dedicarsi ad una piccola attività a latere invece di portare la partita direttamente al Generale, la trappola di Wilcox va in fumo in un attimo. Il compratore si rivela essere Daniel Gomez (Arturo Castro), un poliziotto sotto copertura di New York. Pete cerca di allontanarlo, ma il nervoso Gomez punta una pistola verso Pete, e Stazek lo uccide.
Wilcox va nel panico e invece di tirar fuori Pete come stabilito, lo pianta in asso. Pete e Stazek vanno a trovare Il Generale che dice a Pete che ora deve la vita a Stazek. In cambio però Pete deve rinunciare alla libertà vigilata e tornare al carcere di Bale Hill, dove era stato detenuto in passato, per occuparsi lì delle operazioni di droga. Il partner di Gomez, il Detective di primo grado Edward Grens (Common) del dipartimento Criminalità Organizzata, inizia ad investigare sull’omicidio di Gomez, credendo erroneamente che il responsabile sia Pete. Nel frattempo, Pete si incontra con Wilcox e il suo capo, l’Agente Montgomery (Clive Owen), che gli chiede di seguire il piano del Generale, insistendo che si tratta dell’unico modo di recuperare il casino e incastrarlo una volta per tutte. Una volta entrato nel carcere di Bale Hill, Pete dovrà fare una lista di detenuti e guardie penitenziarie coinvolti negli affari del Generale, e passare l’informazione al direttore del carcere. Pete non intende tornare a Bale Hill e Montgomery lo minaccia di arrestarlo come complice nel delitto di un poliziotto del NYPD. Andrà in carcere comunque, dice Montgomery, e la sua famiglia non smetterà mai di scappare.
Scavando più a fondo nel passato di Pete, Grens sospetta che si possa trattare di un informatore dell’FBI e non essere colpevole come aveva pensato inizialmente. Grens si presenta all’ufficio di zona di New York per fare domande a Montgomery e Wilcox, che negano in tutti i modi di sapere dell’esistenza di Pete. Dopo la visita di Grens, Montgomery ordina a Wilcox di “bruciare†Pete prima che il NYPD scopra la verità dietro all’omicidio di Gomez. Wilcox è combattuta, sapendo benissimo che bruciare Pete ne comporterebbe la morte. Nonostante tutto, mettendo la sua carriera davanti alla sicurezza del suo informatore, fa sapere all’avvocato del Generale che Pete è una spia. Accorgendosi di aver ricevuto il benservito e che la sua vita è in grave pericolo, Pete chiama Sofia, dicendole di prendere la bambina e scappare. Ma prima che riescano a fuggire, Stazek va a casa di Pete per far fuori Sofia e Anna. Grens arriva appena in tempo per evitare che vengano uccise, ma viene ferito nella sparatoria che ne consegue. Sofia uccide Stazek per difendersi. A Bale Hill, un carcerato cerca di accoltellare Pete, che sopravvive all’attacco e usa la confusione generata per prendere in ostaggio Slewitt (Sam Spruell), un secondino corrotto.
An ex-convict working undercover intentionally gets himself incarcerated again in order to infiltrate the mob at a maximum security prison
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
Un ‘crime thriller’ questo, la cui fonte letteraria - di cui non ho conoscenza diretta per cui non ho realistici elementi di giudizio - rischia di essere, a sensazione, ben più nobile, e sicuramente più popolare a lungo termine, del film derivato. L’intrigo sarebbe pure intrigante, per quanto l’intreccio si profili tra i più complessi, all’ombra di personaggi della malavita sbozzati a malapena e senza personalità e background di rilievo, ma è il modo di dipanarsi tradotto sulla celluloide che lo rende particolarmente farraginoso. Una sorta di nebulizzazione di indizi e pedine che ruotano attorno al vero perno protagonista dell’informatore. Persino i co-protagonisti di spicco come Rosamund Pike (L’amore bugiardo) e Clive Owen (... I figli degli uomini, The International...) finiscono per svolazzargli intorno per alimentare quel genere di spessore, latitante oltre le cortine della concentratissima introspezione tipica di un soldato in missione. Il primo protagonista, peraltro di origini svedesi,
il Joel Kinnamon di Suicide Squad, scelto per l’informatore e gettato in un adrenalinico reticolo di azione a go go tra libera circolazione e carcere, regge benissimo il primo piano, in mezzo a quella fitta selva di identità ‘camuffate’ tra spie, ufficiali di polizia reali o fittizi - dell’FBI sempre quella in campo è - piani operativi di copertura o effettivi, lealtà e tradimenti, ma non riesce a tamponare tutte le falle o i buchi neri di un’architettura narrativa pretensiosamente imponente e barocca nell’insieme. Pendente in mezzo al caos, in perenne fuga per sopravvivenza, c’è la famiglia dell’informatore, una moglie solidale anche sul piano operativo (Ana de Armas) e una figlia di otto anni, costantemente in crisi di astinenza da presenza ed affetto paterni. Un quadretto tipo che si spalma sullo sfondo e va poco oltre il canonico copione dei ‘prisoner-movies’.
The Informer è tratto da Tre Sekunder (Tre secondi), romanzo
svedese - pubblicato in Svezia nel 2009 e tradotto in inglese l’anno seguente - di Roslund & Hellström, il team di scrittori di romanzi criminali composto dal giornalista Anders Roslund e dal compianto Börge Hellström, ex criminale divenuto autore. Nell’opzione cinematografica la scrittura della sceneggiatura è stata affidata a Matt Cook (Codice 999) e a Rowan Joffe (The American) che hanno pensato a trasferire la storia dalla Svezia all’America. E forse qualcosa di sostanziale, come imprinting, può essere andato perso fin da questo primo trasferimento geografico. Quanto alla regia, finita nelle mani dell’attore-scrittore-regista italiano Andrea Di Stefano, con un solo lungometraggio alle spalle - debutta con l’Escobar che ha visto Benicio Del Toro nei panni del famigerato trafficante di droga, appunto, tanto per rimanere in tema - l’ambizione è innegabile, l’esperienza verrà col tempo.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)