Sceneggiatura:
William Davies, Jean-Paul Husson, Gilles e Prune de Maistre
Soggetto: Mia e il Leone Bianco è stato adattato da William Davies sulla base di una storia originale scritta da Prune de Maistre.
Preliminaria - In progress:
Il film è stato girato durante un periodo di tre anni: un arco di tempo abbastanza lungo da permettere di notare la vera crescita di Mia e del leone bianco. Un branco di 6 leoni è cresciuto insieme durante la produzione del film, tra cui Thor – che impersona il protagonista Charlie - un altro leone maschio e 4 leonesse.
Kevin Richardson, zoologo esperto di leoni noto anche come “L’uomo che sussurrava ai leoniâ€, ha supervisionato l'intero processo di produzione e tutte le interazioni tra i leoni e i bambini, assicurandosi che entrambe le parti fossero trattate con rispetto e in totale sicurezza. Dopo la produzione, i 6 leoni sono rimasti insieme e vivono oggi nella riserva di Kevin Richardson grazie a un fondo creato dal team di produzione. Solo tre persone potevano interagire con i leoni - Daniah, Ryan e Kevin Richardson - per garantire un ambiente di lavoro sicuro sia per gli attori sia per gli animali.
A young girl from London moves to Africa with her parents where she befriends a lion cub.
Mia is 11 years old when she develops an extraordinary relationship with Charlie, a young white lion born in Mia's parents farm, in South Africa. During three years, they will grow up together and live a beautiful friendship. When Mia reaches the age of 14 and that Charlie has become a magnificent adult lion, she discovers the unbearable truth: her father has decided to sell the lion to trophy hunters. Desperate, Mia has no other choice than to escape with Charlie in order to rescue him
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
A cose normali quando parliamo di Pet Therapy si pensa ad un gatto, ad un cane o comunque ad un qualcosa di agevolmente gestibile. A nessuno viene in mente un leone, che non ha bisogno di descrizione per realizzare quanto sovrasti l’umana natura in ogni senso. Mia e il leone bianco non solo dimostra il contrario, ma si riserva il doppio fine di andare ben oltre il film, ben oltre lo spettacolo, per lasciare un importante messaggio di responsabilità collettiva riguardo alla salvaguardia di ambiente naturale con la sua fauna, libera di esprimersi e di assecondare il proprio essere. Per arrivare a tutti, il film di Gilles de Maistre, insolito regista ma anche scrittore, produttore, reporter e globe-trotter, particolarmente navigato in documentari, ha scelto un’anima semplice ma espansa su più versanti. L’ambientazione è quella naturale nel cuore del Sud Africa, con i suoi particolari colori e scenari da urlo. Ma
con l’amichetto che ha dovuto lasciarsi alle spalle con il trasferimento della sua famiglia.
Non c’è bisogno di essere Jean-Jacques Annaud (L’ultimo lupo) per ammaliare lo spettatore riguardo a determinati animali. Annaud lo ha fatto egregiamente con i lupi, Gilles de Maistre, con i leoni. Ti avvicini in un certo modo con la macchina da presa, li avvicini con inquadrature minimaliste ed è uno spettacolo nello spettacolo assicurato. Se devi difenderla, devi conoscerla, devi avvicinarla ed assimilarla, la natura, devi inspirare la sua essenza e provare quella sensazione di empatia che ti fa sentire parte dell’universo. Poesia e fede, camminano qui fianco a fianco, soprattutto nella seconda parte del film che approda alla denuncia della ‘caccia al leone in gabbia’ passando per il motivo del tradimento. La drammatica scoperta del fine che sta dietro la compravendita dei leoni allevati da parte della figlia Mia, convinta che la ragione sia la
manipolo di leoni per svariate necessità filmiche) e che realmente ha ‘adottato’ Mia: l’interprete Daniah De Villiers è tra l’altro nata a Città del Capo e non poteva abbracciare sfida maggiore al proprio debutto cinematografico (una sfida che, sono più che certa, le porterà fortuna se giocherà bene le sue carte in futuro). Riprese ripartite realmente in un triennio che li ha visti crescere entrambi, fianco a fianco, in modo per potere essere filmati in tempo reale e non all’ombra degli effetti speciali.
Così Mia e il leone bianco vi affascinerà per come, in tutta semplicità e senza apparenti pretese, la poesia che trasmette, cammina fianco a fianco con una certa linfa di connaturata spiritualità , che diventa vera e propria fede con l’approdo nella reale riserva naturale, con la calorosa ed invitante accoglienza da parte di una sorta di sciamano. Scoprire che la leggenda raccontata nella favola della buonanotte tanto
leggenda non è e che il rispetto per la natura è un pilastro reale dentro e fuori dal film, non può non commuovere. E questo ha pure a che vedere con il modo di lavorare dello zoologo Richardson, di fama mondiale, abituato a far ‘lavorare’ i suoi animali nel pieno rispetto delle loro esigenze, preoccupandosi del loro destino oltre il film. Se tutto il denaro sprecato dai cosiddetti ‘turisti della caccia al leone in gabbia’ - neanche fossimo tornati all’epoca dell’antica Roma, con platee urlanti di umani tanto folli e assetati di sangue negli spalti delle arene adibite agli indegni spettacoli di combattimento, tra gladiatori, leoni o cristiani che siano - fosse indirizzato nella direzione giusta, la natura potrebbe forse essere più clemente, evitando di mostrare i denti della legittima vendetta. E se questo è il messaggio, non mi pare che Mia e il leone bianco possa ritenersi un semplice
film per famiglie, per animalisti e/o amanti degli animali in genere. Ce ne fossero di film come questo! Consigliato davvero a tutti, con il caldo invito a riflettere bene oltre l’intrattenimento.
Secondo commento critico (a cura di La parola al film)