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    Home Page > Movies & DVD > I giorni dell abbandono

    Dalla 62a Mostra alla sala cinematografica : I GIORNI DELL'ABBANDONO

    “Su una dozzina di film da me realizzati sino ad ora, quasi la metà sono ispirati a romanzi (…), tuttavia ho sempre pensato che cinema e letteratura nulla abbiano in comune se non i soggetti, le trame. Del romanzo della Ferrante ‘I giorni dell’abbandono’, mi ha attratto appunto la trama: l’idea di una moglie abbandonata capace di tanta passione da precipitare in un gorgo senza fine, per poi risalire in superficie e riacquistare il piacere della vitaâ€:
    Il regista Roberto Faenza

    (I giorni dell’abbandono; drammatico; 96’; Produz.: Jean Vigo Italia S.r.l. e Medusa Film; Distribuz. in Italia: Medusa Film)

    Locandina italiana I giorni dell abbandono

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    Titolo in italiano: I giorni dell abbandono

    Titolo in lingua originale: I giorni dell’abbandono

    Anno di produzione: 2005

    Anno di uscita: 2005

    Regia: Roberto Faenza

    Sceneggiatura: Roberto Faenza (in collaborazione con: Gianni Arduini, Cristiana Del Bello, Diego De Silva, Dino e Filippo Gentili, Lella Ravasi, Anna Redi)

    Soggetto: Soggetto: I giorni dell’abbandono di Elena Ferrante (Edizioni E/O)

    Cast: Margherita Buy (Olga)
    Luca Zingaretti (Mario)
    Goran Bregovic (Damian)
    Alessia Goria (Giovane barbona /Poverella)
    Gea Lionello (Lea)
    Gaia Bermani Amaral (Carla)
    Sara Santostasi (Ilaria)
    Simone Della Croce (Gianni)

    Musica: Goran Bregovic (la canzone I giorni dell’abbandono è interpretata da Carmen Consoli)

    Costumi: Alfonsina Lettieri

    Scenografia: Davide Bassan

    Fotografia: Maurizio Calvesi

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    “Olga, una donna ancora giovane, serena e appagata, viene abbandonata all’improvviso dal marito e precipita in un gorgo senza fine. I giorni dell’abbandono sono le ore infinite delle perdite, quelle inflitte e quelle subite, i tempi delle dure emozioni e dei sentimenti che la devastano, del malamore che la soffoca.
    Girato principalmente in soggettiva… si sviluppa una trama che potremmo definire un thriller dell’anima, carico di furore e di stupore. Quella di Olga è una caduta rovinosa che mozza il respiro, un percorso che cattura e trascina sino al fondo più nero e dolente del degrado e dell’esperienza femminile.
    Alla fine, proprio come in un thriller, tutto si svela e l’incubo finalmente prende a svanire: Olga non ha rischiato di impazzire per amore del marito (quale uomo vale tanto?), ma perché ha vissuto sulla propria pelle cosa sia davvero il senso dell’amore. Ora ne conosce il costo, sa come affrontarloâ€.

    Dal >Press-Book< de I giorni dell’abbandono

    Commento critico (a cura di Patrizia Ferretti)

    IL REGISTA ROBERTO FAENZA (‘Jona che visse nella balena’, ‘Sostiene Pereira’, ‘Alla luce del sole’) CADE SOTTO I DARDI DEI "TIRATORI SCELTI" CHE NE AFFONDANO L'ULTIMA FATICA CINEMATOGRAFICA, E QUESTO MALGRADO L'ECCELLENTE INTERPRETAZIONE DI MARGHERITA BUY, REGINA INCONTRASTATA DEL TORMENTO INTERIORE. LA PAROLA AL PUBBLICO.’I GIORNI DELL’ABBANDONO’ DI ROBERTO FAENZA INCEDE BENE, MA FIN TROPPO, SULLA DISFATTA CAUSATA DAL TRADIMENTO, TAGLIANDO DRASTICAMENTE SUI VITALI TEMPI CINEMATOGRAFICI DI QUELLO CHE DOVEVA ESSERE IL FATICOSO E GRADUALE PERCORSO DI RIAPPROPRIAZIONE DELL’IO DELLA PROTAGONISTA

    All’idea di fare un altro bambino (un cliché narrativo foriero di disastri matrimoniali presente anche nel recente film di Giovanni Veronesi Manuale d’amore), il marito Mario (Luca Zingaretti) ha un implacabile attacco di tosse. I segnali di fumo ci sono, ma la moglie Olga, personaggio che fa tesoro dell’eccellente interpretazione di Margherita Buy, al di là della infelice confezione generale del film, è troppo assorta nel suo ruolo di madre

    e moglie premurosa per accorgersene. Per questo l’abbandono a sorpresa camuffato tra le righe, liquidato con poche parole appuntate su un “vuoto di senso†dal marito la spiazza completamente fino a farla scivolare gradualmente in uno stato di disperazione che contempla tra i suoi estremi la perdita di contatto con la realtà e lo stato confusionale, con tutte le prevedibili conseguenze del caso nella gestione familiare e dei figli in particolare, oltre che di se stessa. Ci si augura che la figura maschile interpretata con tocco amorfo da Luca Zingaretti, costituisca un caso limite, dato che si profila come la più insensibile che ci si possa immaginare, priva di ogni senso di responsabilità anche nei confronti dei figli. Quale padre si comporterebbe in modo analogo? E pare d’altra parte di non poter imputare al testo di riferimento per questo soggetto, l’omonimo romanzo di Elena Ferrante, insidiose pecche o insufficienze riferibili

    direttamente alla sceneggiatura del film, tra cui ad esempio la frase che delimita il genere di tipo maschile di cui stiamo parlando: “E’ una colpa non amare più?â€. Di solito, quando si hanno due figli e un matrimonio più che decennale alle spalle, ammesso e concesso che il matrimonio nella società odierna abbia ancora un senso vista la facilità dilagante con cui molti uomini lasciano le proprie mogli per mettersi con ragazze persino dell’età delle figlie - in tal senso docet Cristina Comencini con La bestia nel cuore come pure Romance & Cigarettes di John Turturro con un diverso epilogo - si direbbe di si. Smettere di amare senza neanche dispiacersi, senza cercare di attutire il colpo e andarsene con la studentessa bella giovane e fresca di turno, altro cliché, è un vero e proprio crimine. Soprattutto quando si calca la mano su questo tasto: mi riferisco alla sequenza in

    cui Olga e i bambini si accorgono che qualcuno è entrato in casa (la porta non ha più le stesse mandate di chiusura), prima di scoprire che è stato il padre, entrato per portar via gli orecchini già appartenuti alla madre di lui e che aveva dato ad Olga, avendo avuto peraltro l’occasione di dirle che non le donavano. Questo non significa smettere di amare e basta. Significa voler fare deliberatamente del male.
    Ma la mala confezione del film non sta neanche in questo punto, quanto piuttosto nel tono generale di una sceneggiatura per lo più annacquata e banale soprattutto nella seconda parte - la prima è sorretta dalla bravura indiscussa della Buy appuntata sui tormenti e le incongruenze di persona distrutta su cui ruota il perno del suo personaggio - e delle soluzioni frettolose quanto improbabili sulla soluzione di rinascita della persona di Olga una volta toccato il fondo.

    Così come è stata profilata ha tutta la pateticità di un ‘rattoppo’ più che di un nuovo innamoramento. Non basta un concerto per spazzar via l’indifferenza nei confronti del vicino di casa straniero e musicista e per far scoccare la scintilla di un colpo di fulmine, peraltro svilito dalla espressa richiesta sui suoi sentimenti di affetto nei confronti dei propri figli. Ecco pronto il sostituto di marito e padre venuto a mancare per rimettere a posto le cose! Ed ecco pronta l’ennesima ‘soup opera’ portata sul grande schermo made in Italy.

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