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    SOTTO ACCUSA

    'Celluloid Portraits Vintage' - Jodie Foster e Kelly McGillis Retrò - RECENSIONE - VINCITORE Oscar 1989 alla 'Miglior Attrice Protagonista', Golden Globe 1989 alla 'Miglior Attrice in un Film Drammatico', David di Donatello 1989 alla 'Miglior Attrice Straniera' (Jodie Foster)

    Nomination ai BAFTA 1990 alla 'Miglior Attrice Protagonista', al Chicago Film Critics Association Award 1989 e al 'New York Film Critics Circle Award 1988' (Jodie Foster); Nomination all'Orso d'Oro - Berlinale 1989 al regista Jonathan Kaplan; Nomination al 'Political Film Society - Premio per i diritti umani 1989' - Uscito negli Usa il 14 Ottobre 1988

    (The Accused; USA/CANADA 1988; Drammatico; 120'; Produz.: Paramount Pictures in associazione con Paramount Pictures Corporation (Canada); Distribuz.: UIP)

    Locandina italiana Sotto accusa

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    Celluloid Portraits:



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    Titolo in italiano: Sotto accusa

    Titolo in lingua originale: The Accused

    Anno di produzione: 1988

    Anno di uscita: 1988

    Regia: Jonathan Kaplan

    Sceneggiatura: Tom Topor

    Soggetto: Ispirato ad un fatto realmente accaduto.

    Cast: Jodie Foster (Sarah Tobias)
    Kelly McGillis (Kathryn Murphy)
    Bernie Coulson (Kenneth Joyce)
    Leo Rossi (Cliff 'Scorpion' Albrect)
    Woody Brown (Danny)
    Ann Hearn (Sally Fraser)
    Carmen Argenziano (Procuratore distrettuale Paul Rudolph)
    Steven Antin (Bob Joiner)
    Kim Kondrashoff (Kurt)
    Tom O'Brien (Larry)
    Stephen E. Miller (Polito)
    Peter Van Norden (Procuratore Paulsen)
    Terry David Mulligan (Tenente Duncan)
    Scott Paulin (Procuratore Ben Wainwright)
    Christianne Hirt (Angela)
    Cast completo

    Musica: Brad Fiedel

    Costumi: Trish Keating

    Scenografia: Richard Wilcox

    Fotografia: Ralf D. Bode

    Montaggio: O. Nicholas Brown e Gerald B. Greenberg

    Effetti Speciali: Gary Paller (supervisore)

    Makeup: Sandy Cooper (direzione);

    Casting: Sally Dennison e Julie Selzer

    Scheda film aggiornata al: 04 Giugno 2024

    Sinossi:

    Sarah Tobias (Jodie Foster), cameriera in un bar con una pessima reputazione, una sera viene violentata nel locale da tre ragazzi, tra l'incitamento generale degli avventori. Il procuratore Kathryn Murphy (Kelly McGillis) si occupa del caso, e accetta un patteggiamento per lesioni colpose (escludendo così lo stupro) per i tre aggressori. Spinta dalla vittima però, con la quale instaura pian piano un rapporto di solidarietà, si rende conto di aver condotto superficialmente il caso e decide di portare in tribunale anche tutti gli uomini che hanno istigato i tre alla violenza. La causa viene vinta e oltre a far mandare in prigione gli istigatori, ottiene il risultato di far aumentare la pena da scontare ai tre stupratori e la modifica dell'imputazione da lesioni colpose a violenza sessuale.

    Synopsis:

    After a young woman suffers a brutal gang rape in a bar one night, a prosecutor assists in bringing the perpetrators to justice, including the ones who encouraged and cheered on the attack.

    Sarah Tobias goes to her local bar and is gang-raped by three men. The district attorney on the case is Katheryn Murphy who wants to prove that although Sarah had taken drugs that night and was acting provocatively while in the bar, this is no reason for her to be so brutally attacked and the men responsible should be brought to justice

    Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)

    Parla in suo favore il piano sequenza iniziale con l’occhio della macchina da presa fisso su un locale, proprio sul limitare di un percorso stradale relativamente trafficato. Siamo in pieno giorno quando l’obiettivo punta su di esso, ed è ancora sotto tiro quando, ormai a sera inoltrata, si illumina l’insegna: ‘The Miller’. Di lì a poco una ragazza seminuda in fuga, in preda ad una disperazione isterica, corre in strada chiedendo aiuto proprio mentre un giovane ragazzo al telefono pubblico (siamo negli anni Ottanta) segnala uno stupro di gruppo a carico della ragazza. E’ il Sotto accusa (The Accused, 1988) di Jonathan Kaplan, regista statunitense di origini francesi (parigine, per l’esattezza), con cui si guadagnò una candidatura all’Orso d’Oro al Festival di Berlino (più tardi, 1992, replicata per Due sconosciuti, un destino), ma di fatto, con un futuro più televisivo (E.R.-Medici in prima linea ma non solo) che cinematografico.

    Alan

    Pakula avrebbe fatto indubbiamente di meglio con un materiale da legal-thriller come questo (Presunto innocente docet), ma se la pellicola ha fatto scalpore all’epoca è essenzialmente perché rappresentativa di un #metoo ante-litteram, ispirato peraltro a un fatto autentico avvenuto in un bar di New Bedford, Massachusetts, nel 1983, di cui fu vittima la giovane Cheryl Araujo. La seconda ragione è perché, buon sangue non mente, a rivestire i panni della ragazza stuprata, che nel film si chiama Sarah Tobias, è una giovanissima Jodie Foster, a suo modo già notevole, se non proprio spiazzante, già all’altezza dei vent’anni: abbastanza da guadagnarsi Oscar e Golden Globe 1989 alla ‘Miglior Attrice’, nonché, nello stesso anno, il David di Donatello alla ‘Migliore Attrice Straniera’. Ruolo questo che, col senno di poi, sembra aver piantato un piccolo seme, germinato poi come si deve molti anni dopo, in un’altra drammaticissima istantanea in celluloide, appuntata sulle conseguenze

    di un diverso genere di aggressione, ne Il buio nell’anima (2007).

    Ma mentre si apprezza l’eleganza stilistica degli inizi, con cui la regia ammicca solamente allo stupro, evitando allo spettatore il voyerismo obbligato, non si può dire altrettanto del seguito. A denunciare l’accaduto senza esporsi troppo, dopo aver assistito annichilito senza fare niente per impedirlo, è il giovane Kenneth Joyce (Bernie Coulson), più tardi testimone chiave ricattato da uno dei tre stupratori, suo amico di vecchia data. Ma ad intervenire legalmente nella vicenda, dopo la visita medica alla vittima - con ecchimosi ed ematomi diffusi, oltre che violenza sessuale comprovata - è il vice procuratore distrettuale Kathryn Murphy di una Kelly McGillis forse nella veste più istituzionale che le abbiamo mai visto indossare sul grande schermo, ma non certo la più entusiasmante: espressivamente ‘congelata’, rappresa e senza slanci emotivi, a dispetto della solidarietà crescente con la sua cliente. Di fatto

    spalla della protagonista Sarah/Foster, per quanto forse più in campo di lei, sulla scia delle dinamiche a marca maschilista con cui deve vedersela, mentre tenta una difesa non facile e viziata di preconcetti ai danni della giovane vittima, così come cerca di fronteggiare l’ostilità e l’orizzonte negativo prospettato dai colleghi avvocati maschi del suo stesso studio legale e gli assalti insolenti dell’accusa nell’aula di tribunale.

    Un legal thriller necessario, di denuncia e omaggio al tempo stesso alla vera vittima e a ognuna delle altre che, all’epoca, andavano ad ingrassare la lunga lista di donne che, alla cadenza di una ogni sei minuti, cadeva nei gangli degli stupri seriali negli Stati Uniti, statistiche alla mano, evidenziate dalla didascalia finale del film.

    Ad ogni modo, se non mancano passaggi incisivi, esplicativi del background, così come del dissesto esistenziale, di Sarah/Foster, fino al drammatico monologo in tribunale - vedi la telefonata alla madre che

    tradisce un malfunzionamento affettivo ed educativo nella sostanziale incuranza e assenza del genitore, o il taglio di capelli metaforico della crisi identitaria post traumatica - il film non è certo privo di difetti, anche se arrivano più strada facendo che all’inizio. L’incipit per sottrazione è indubbiamente preferibile allo splatter provocatorio esibito nella seconda parte: sfumare sull’incedere a ripetizione dei vari ‘di dietro’ maschili mentre abusano ‘selvaggiamente’ della povera Sarah/Foster, con tanto di osceno tifo da stadio di altri avventori maschi, sarebbe stato un tantino più elegante. Era comunque più che comprensibile e sufficientemente oltraggioso senza rincarare la dose. Ma era ovviamente questo lo scopo: costringere lo spettatore a subire a sua volta una violenza senza poter fare niente per impedirlo. Provare per credere.

    La fragile identità di Sarah/Foster, ubriaca e spinellata quanto basta da non distinguere quando è l’ora di lasciar perdere e non alimentare la scintilla pronta a divampare

    in un falò, va pure evidenziata, altrimenti non saremmo obiettivi. Il che non giustifica certamente nulla, ma ci sono da più parti incongruenze comportamentali, e/o, quanto meno lacune narrative che le fanno apparire tali: la reazione tardiva della vittima, il comportamento dell’amica collega, e dello stesso gestore del ‘malfamato’ locale, ‘The Miller’ (il mugnaio), così come del giovane ragazzo testimone, di cui in tribunale, stranamente, non si fa ascoltare la registrazione della telefonata-denuncia dell’accaduto, prova schiacciante della sua autentica testimonianza. Che dire!? Resta l’ottimo step interpretativo di una Jodie Foster che già all’epoca, sapeva bene dove andare e come riuscirci, e lo abbiamo ben visto strada facendo, nel corso della sua carriera fino ad oggi.

    Perle di sceneggiatura

    Sarah Tobias (Jodie Foster): "Ho sentito qualcuno che urlava ed ero io quella"

    Sarah Tobias (Jodie Foster) rivolta al vice procuratore Kathryn Murphy (Kelly McGillis) dopo il primo patteggiamento: "Tutti mi vedono come una facile, tu hai parlato al posto mio, io non ho detto niente, ancora non riesco a crederci, credevo tu fossi dalla mia parte"

    Links:

    • Kelly McGillis

    • Jodie Foster

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    Galleria Video:

    Sotto accusa - trailer ufficiale (V.O.) - The Accused

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