Follows the journey of sisters who are believed to possess the supernatural ability to connect with ghosts. They cross paths with a visionary French producer while performing in Paris.
badare a spese nonostante la Grande Depressione'. Un personaggio tanto enigmatico e visionario quanto controverso, colui che, vinto lo scetticismo iniziale, sottoponendosi ad una seduta con le due medium, resta talmente impressionato da maturare la folle idea di filmare il soprannaturale.
Un cinema che parla di cinema, dunque. O, per meglio dire, quello che avrebbe voluto essere, prima di imboccare un vicolo dietro l'altro, mutando direzione ad ogni angolo, fino a smarrire del tutto il senso pieno di una storia dalla dilatazione oceanica, in cui diventa evidentemente impossibile mantenere salda la presa al timone di guida. E come in un mare in tempesta, le acque si agitano fino ad intorbidarsi e niente è più chiaro. Non occorre essere tanto lapidari. Non almeno quanto "Variety" che ha definito Planetarium "un film inerte e sciatto - disordinato e senza meta". Certo è che un bel guazzabuglio è stato creato. Al punto da
diluire, fino a disperdere, il prezioso e nobile bagaglio artistico portato nel film, come le stelle nelle profonde oscurità di quel cielo notturno cui si è invitati a rivolgere lo sguardo, ma che non basta a giustificare l'eccentrico titolo. Bagaglio che affianca una bella fotografia ad un ottimo livello di recitazione, in particolare di Natalie Portman con la sua sedicente medium Laura, attrice per caso, che, nelle sperimentali riprese sul set, con il seducente effetto del film nel film (in bianco e nero e a colori), tra le altre cose, si rende intrigante complice di un compiaciuto omaggio al cinema muto, e dunque agli albori della settima arte.
A Planetarium manca d'altra parte quel collante indispensabile a legare i troppi frammenti tematici qui riuniti in modo da allontanare la vitale armonia come fosse un morbo letale. Così, alla fine, quel che resta e sopravvive, è un gran marasma di input
abortiti nel vorticare del mixer artistico della Zlotowski, qui al suo terzo lungometraggio (dopo il glorioso debutto di Belle Epine, premiato come 'Migliore Opera Prima' al Festival di Cannes del 2010). Così, mentre in Planetarium il sovrannaturale gioca a nascondino tra 'essere o non essere', il vero 'dilemma' diventa scovare il centro in questa sfera magmatica in cui il cinema ritrae il cinema, passando per l'ipnosi e per l'ossessione della riprova scientifica mancata a cavallo della fotografia in movimento e della sperimentazione. Nel disordinato percorso non mancano insospettabili soste, ora sulle sponde di rigurgiti di memorie belliche, talaltra di affetti scomparsi e in odore di riaffiorare, tra realtà e finzione, mentre si aprono le porte del carcere sull'onda di calunnie e sedicente razzismo. Aprendo e chiudendo su un incontro, alla fine il cerchio si chiude sul sipario di una pellicola affogata nell'oceano della sua stessa ambizione.
Secondo commento critico (a cura di Owen Gleiberman, www.variety.com)
As a psychic in pre-World War II France, Natalie Portman is more darkly adult than ever, but Rebecca Zlotowski's third feature is a meandering mess.
In the six years since “Black Swan,†Portman has had a pretty quiet resume (a couple of “Thor†movies, a minor role in Terrence Malick’s “Knight of Cupsâ€). Just today, though, she made a splash again at Venice with her lavishly praised performance as Jacqueline Kennedy in Pablo LarraÃn’s “Jackie.†No such expectation should be placed on “Planetarium†(which also just premiered at
Venice), in which she plays an American psychic in France on the eve of World War II. Watching this movie, though, you can see how Portman may have missed her calling — by about 75 years. In “Planetarium,†she’s radiant in a majestically troubled, are-you-experienced? way, like Garbo or Crawford, with the icy grin of a haunted goddess.
lurchingly prosaic, tossed-together-in-the-editing-room way, so to ask whether the film “believes†in psychic phenomena is almost beside the point. Yet it certainly seems to: There’s a moment when some kind of visitation, in the form of a flashing puff of smoke, gets captured on film. Is this a new movement in French-speaking cinema? Olivier Assayas’ “Personal Shopper,†which divided audiences at Cannes a few months ago, is a movie that features actual ghosts, a startling thing to behold in the context of the secular objective eye of a director like Assayas. Maybe it’s just a coincidence, but if the next film by the Dardenne brothers turns out to be about a young woman in Brussels, abandoned by the state, who develops a relationship with an apparition who helps her break into the local welfare office, it will definitely be a trend.