(Nessuno si salva da solo; ITALIA 2015; Drammatico; 100'; Produz.: Indiana/Rai Cinema/Wildside/Alien; Distribuz.: Universal Pictures International Italy)
ha generato pagine e pagine di amori dolorosi sia nella letteratura che nel cinema. Di esempi se ne possono fare molti, ma è forse doveroso limitarsi all’essenziale in questo sciabordio di liquame di arroganza borghese pseudo-intellettuale e il ricordo e il desiderio di un amore per il cinema, che alla vista della pellicola di Sergio Castellitto svanirebbe per chiunque, rimandando ad un’opera di convincente semplicità e buona espressione cinematografica che si limita ai canoni della convenzione di qualità : The Happy Ending di Richard Brooks con l’allora moglie (anche in quel caso una coppia nella vita che lavora insieme ad un’opera sulla fine di un amore) Jean Simmons – signor regista e sceneggiatore e fine attrice dei tempi che furono che in questo caso si beccò anche la sua seconda candidatura agli Oscar – e John Forsythe – futuro patriarca di Dynasty. Anche quello era un film sulla fine di un
matrimonio e anche quello finisce con uno sguardo. Sincero. Doloroso. Onesto. E anche lì si parlava di borghesia dal punto di vista di una borghesia, attenta a raccontare se stessa, forse anche con un pizzico di lungimiranza. Poi ci sarebbe un dimenticato film con Shirley MacLaine, che le valse nel 1971 un premio come migliore attrice al Festival di Berlino, di Frank D. Gilroy: Desperate Characters, da un romanzo della riscoperta scrittrice Paula Fox (nonna biologica di Courtney Love, ma questa è un’altra storia, certo altrettanto dolorosa) … ma no, si potrebbe andare avanti per pagine e pagine con titoli e titoli e qui si deve essere per una volta sintetici e dire che il film di Sergio Castellitto alla regia e di Margaret Mazzantini alla sceneggiatura è di una volgarità emotiva non solo sconcertante, ma offensiva, disgustosa, riprovevole, sguaiata … schifosa. Dialoghi che non sono dialoghi, dove anche
moda ridicoli, ma poveraccio è costretto a “vendersi†alla televisione e alle biografie sui santi, a prendere soldi dal padre e a vivere della pochezza dell’odore di ciucci e pannolini della sua famiglia (nel frattempo hanno fatto due figli) e del troppo ammorbidente che lei usa per i panni lavati in lavatrice. Giustamente come può raccontare uno scrittore la vita se vive nella realtà del mondo di noi poveri comuni mortali?! Qui, Castellitto e Mazzantini, non sanno di quello di cui stanno parlando o sono troppo spocchiosi e snob, o meglio arroganti, sì arroganti, un’arroganza che viene dalla supponenza, dalla maleducazione di chi possiede tutto e vive nel proprio mondo senza nemmeno sforzarsi di capire quello vero, per credere che soltanto a loro e a gente del loro censo economico e della loro (creduta) levatura intellettuale è permesso potere illuminare la povera plebe ignorante che non appartiene al loro giro.
battute più infelici del “copioneâ€. Senza badare agli errori cronologici, tanto per dirne uno, i flashback degli anni passati con sullo sfondo stralci dell’edizione dell’ultimo Festival di Roma con tanto di locandine di film visibili (Trash e Soap Opera, che per inciso sembrano in confronto due film di Bergman e Woody Allen del periodo migliore). Castellitto pensa che manco a questo sappiamo arrivare? Però il product placement bello evidente con la copertina della ristampa giusta di Non ti muovere, risalente al 2004, quella è precisa e in bella evidenza sullo scaffale della libreria dove Gaetano e Delia vivono una delle prime fasi dell’innamoramento.
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Universal Pictures International Italy e Silvia Saba (SwService)