ANIME NERE: PARABOLA ESISTENZIALE FUORI DALLE REGOLE DI TRE GIOVANI FIGLI DELL'ASPROMONTE. NEL CAST ANCHE BARBORA BOBULOVA
RECENSIONE - Dopo il TRIONFO ai David di Donatello torna al cinema dal 18 GIUGNO 2015 (la 1a uscita risale al 18 Settembre 2014) - VINCITORE ai DAVID di DONATELLO 2015 con 9 Statuette: MIGLIOR FILM, MIGLIOR REGISTA, CANZONE ORIGINALE, PRODUTTORE, FONICO DI PRESA DIRETTA, FOTOGRAFIA, MONTATORE, SCENEGGIATURA E MUSICISTA - VINCITORE dei PREMI 'Pasinetti', 'Schermi di Qualità ' e 'Akai' alla 71. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
"Ho girato nel paese che la letteratura giudiziaria e giornalistica stigmatizza come uno dei luoghi più mafiosi d'Italia, uno dei centri nevralgici della ‘ndrangheta calabrese: Africo. Quando raccontavo che avrei voluto girare lì, tutti mi dissuadevano dal farlo: troppo difficile la materia, troppo inaccessibile, troppo pericoloso. Era un film impossibile. Ho chiesto allo scrittore di 'Anime Nere', da cui il film è liberamente tratto, Gioacchino Criaco, di aiutarmi. Sono arrivato in Calabria carico di pregiudizi e paure. Ho scoperto una realtà molto complessa e variegata. Ho visto la diffidenza trasformarsi in curiosità e le case aprirsi a noi. Ho mescolato i miei attori con gli africesi, che hanno recitato, lavorato con la troupe. Senza di loro questo film sarebbe stato più povero. Africo ha avuto una storia di criminalità molto dura che però può aiutare a comprendere tante cose del nostro paese. Da Africo si può vedere meglio l’Italia".
Il regista, co-sceneggiatore e co-soggettista Francesco Munzi
"La maestria di Francesco Munzi e degli sceneggiatori Fabrizio Ruggirello e Maurizio Braucci è stata nel ricostruire un’Italia oscura, di paese, contadina, familista, che nei valori arcaici trova le regole per la guerra, regole da utilizzare altrove, nel capitalismo quotidiano. In un altrove che non è paese, che non è realtà contadina, ma che finisce per avere le sue radici lì, in Aspromonte. Terra lontana, bellissima e respingente, che non è affatto sottosviluppata, ma che al contrario alimenta politica, impresa, commercio e ricchezza, ovunque, in Olanda come a Milano. Regole semplici e feroci, che possono essere protezione del male o risorsa di bene. La Calabria come metafora di potere. 'Anime nere' è un film necessario per guardare in volto, finalmente, ciò che sino ad ora è stato ignorato".
Lo scrittore Roberto Saviano
(Anime nere; ITALIA/FRANCIA 2014; Drammatico; 103'; Produz.: Cinemaundici/Babe Films in collaborazione con Rai Cinema/On My Own e Bianca Film con il sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC)/Eurimages e Amer; Distribuz.: Good Films)
Sceneggiatura:
Francesco Munzi, Maurizio Braucci e Fabrizio Ruggirello
Soggetto: Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Gioacchino Criaco. Soggetto di Francesco Munzi e Fabrizio Ruggirello.
PRELIMINARIA - IL LIBRO:
Anime Nere di Gioacchino Criaco, 210 pp, Rubbettino, collana Varia, 2008 (E. 14.00)
Anime nere traccia la parabola esistenziale di tre giovani figli dell'Aspromonte che, bramosi di conquistare una vita diversa da quella ricevuta in dote, intraprendono un cammino fuori dalle regole. Danno e subiscono violenza, in un crescendo febbrile che dilagherà sempre più lontano: dal nord Italia all'Europa. I personaggi, Luciano, Luigi e la voce narrante, percorrono sino in fondo il sentiero di sangue da loro stessi tracciato. Sono contigui alla 'ndrangheta. E cattivi. Ma alla loro cattiveria hanno contribuito in tanti. La distinzione fra il bene e il male è però netta, impietosa, anche se nella loro vita, oltre alla violenza e al dolore, c'è una realtà inaspettata, fatta di affetti, amore, arcaicità . E c'è il mondo modernissimo di Milano, dei traffici, della corruzione. Sulla loro strada incontrano trafficanti di droga, terroristi arabi, imprenditori, politici, in una commistione che riflette il volto impresentabile della nazione.
E la tragedia greca migrò sul grande schermo passando per le rustiche pieghe dell'Aspromonte. Le pieghe più inaccessibili ed oscure di quella Calabria ammantata da una spessa coperta di omertà , malgrado accoltellata più e più volte al cuore senza pietà . Una storia di Anime nere, così come per l'appunto titola questa eccentrica pellicola di Francesco Munzi, grondante un neorealismo addensato di ombre fitte dentro e fuori i personaggi che la abitano. Una storia di mala come tante, si direbbe. Se non fosse così intessuta a maglia stretta anche in ambito familiare: tra fratelli, tra zio e nipote, dove c'è sempre una pecora bianca il cui candore non ha speranza di rimane tale troppo a lungo. E c'è anche una madre che non può certo far finta di niente e non può non spargere le proprie lacrime, ma si costringe al silenzio. All'immenso dolore contrito per il sangue sparso fuori e
dentro di lei, dopo il tiro a segno consumato su uno degli anelli più diretti della catena familiare. Di lì la voglia di una resa dei conti partita dal pathos e dall'input giovanile che non sente ragioni per aver perso lo zio carismatico preso a modello. La sete di vendetta non tarda a dare i suoi frutti. Ma non quelli sperati. L'effetto boomerang è nell'aria e torna con precisione millimetrica indietro a riscuotere gli interessi. Altre morti. Altro dolore. Altro silenzio. Soprattutto silenzio. E le capre come testimoni chiudono il sipario sul dramma nel dramma. Su quella pecora che all'improvviso, sempre in silenzio, icona di un dolore inesprimibile, non vede altra scelta se non quella di farsi lupo e di azzannare il suo stesso sangue per non essere a sua volta azzannato. E per ripagare con il suo stesso sangue l'irreparabile tragedia ormai consumata. Una sorta di tragico riscatto che
può contare solo vittime. Eppure, il sangue chiama sangue, complice quell'agghiacciante silenzio che alla fin fine è l'arma peggiore. Quella che uccide per prima, freddando anche l'ultimo alito di calore umano che non trova più alcun motivo per sopravvivere al gelo dell'anima. Dominante, assoluto, pronto a sfociare in quella landa desolata del nulla, là dove la parola vita non ha più alcun significato, nè senso. E' di quel vuoto assoluto che resta in quel padre, in quella madre, ripuliti di ogni brandello residuo di calore, scarnificati fino all'osso, che Munzi ci offre il più lugubre degli acquerelli. Un percorso interiore avviato per immagini che trae ispirazione dalla miglior tradizione neorealista, passando per primi e primissimi piani, spesso ritratti in intensi e drammatici piani sequenza, ammantati da quelle ombre nerissime, metafora di un Cantico di morti annunciate. Un percorso il cui incedere è d'altra parte alquanto pesante, in una sorta di
soggettiva condivisa tra spettatore e personaggi protagonisti. Peccato che la poetica di un autentico dramma come questo non abbia la portata autoriale nè di un Cesare Pavese, nè di un Pier Paolo Pasolini. Così alla fine ci sfugge la ragione per cui cotanta pioggia di premi sia caduta proprio sulle Anime nere di Francesco Munzi. Che ha sicuramente il merito della scelta di un taglio netto, schietto, per questa esemplare parabola dell'oscurità senza redenzione. Raccolta tra le tante pieghe inaccessibili di piaghe reali ben note. Verrebbe quasi da dire 'storie dell'altro mondo in un altro mondo', se non fosse che alla fin dei conti, quel mondo è anche il nostro mondo. Ed è dunque codardamente inutile che facciamo finta che non lo sia.
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Good Films, Studio PUNTO&VIRGOLA e InterNos Communication.
Anime nere - clip 'Propositi di vendetta' (versione originale sottotitolata)
Il giudizio della critica
The Best of Review
Robbie Collins, "Telegraph":
"...quel tono di ‘realismo lirico’ dei film di Luchino Visconti... 'inevitabile paragonarlo al Padrino di Coppola'"
"Hollywood Reporter":
"'... un racconto psicologico scuro', le cui prime sequenze fanno pensare a un 'aggiornamento del classico 'Rocco e i suoi fratelli', e autentiche atmosfere e personaggi carismatici lo rendono uno dei più convincenti film italiani sulle mafie".
International Press
"Variety" elogia «l’intero cast, ottimo per talento e fisionomia, con menzione speciale per Fabrizio Ferracane, il cui Luciano è il vero cuore tragico del film»
"Screen International" si domanda se «Black Souls può diventare il nuovo Gomorra», e sostiene che «il film ha ottime chance di vendite internazionali, grazie alle notevoli interpretazioni del cast e al tocco del regista».