JERSEY BOYS: L'INOSSIDABILE OTTANTAQUATTRENNE CLINT EASTWOOD AMA ANCORA LE SFIDE E SI IMBARCA SU UN GENERE INEDITO NELLA SUA CARRIERA DI REGISTA COME IL MUSICAL. COSI', SULLE ORME DI BROADWAY PORTA SUL GRANDE SCHERMO IL GRUPPO ITALO-AMERICANO DEI FOUR SEASON NELLA NEW YORK DEGLI ANNI SESSANTA
RECENSIONE ITALIANA IN ANTEPRIMA e PREVIEW in ENGLISH by ANDREW BARKER (www.variety.com) - Dal 18 GIUGNO
âMi è sempre piaciuta la musica dei The Four Seasons, quindi sapevo che sarebbe stato divertente rivisitarla, ma quello che piĂš mi interessava era che questi delinquenti, poco piĂš che maggiorenni, cresciuti certo non nella migliore delle situazioni, fossero riusciti a raggiungere questo enorme successo. Cresciuti in una periferia gestita e controllata dalla mafia, vivevano di piccoli crimini. Alcuni di loro hanno anche passato del tempo in prigione. Poi è arrivata la musica, la loro salvezza per uscire da quella situazione. Avevano trovato finalmente qualcosa per cui valeva la pena lottareâ.
Il regista e co-produttore Clint Eastwood
"Le canzoni fanno parte dellâarredamento di quellâepoca, ma i testi sono ancora attuali e le melodie contagiose. Ma credo che la cosa affascinante del loro successo sia ciò che si nasconde dietro. Quelli erano ragazzi di strada, sempre pronti alla zuffa ma con un sogno, che hanno preso lâenergia delle strade del New Jersey e lâhanno portata in sala dâincisione diventando un fenomeno. Questa è la quintessenza delle storie del tipo âdalle stalle alle stelleâ".
L'attore John Lloyd Young
(Jersey Boys; USA 2014; Biopic in musical; 132'; Produz.: GK Films/RatPac Entertainment/RatPac-Dune Entertainment in associazione con Warner Bros.; Distribuz.: Warner Bros. Pictures Italia)
Soggetto: Tratto dal musical di Bob Gaudio e Bob Crewe, enorme successo a Broadway e in svariate parti del mondo, tra cui Londra, Las Vegas, Chicago, Toronto, Australia, Singapore e Sudafrica. Music Book di Marshall Brickman & Rick Elice.
PRELIMINARIA - La fonte di ispirazione:
âOgnuno se la ricorda come gli fa piĂš comodoâ. Conosciamo le canzoni. Conosciamo il sound. Ma solo pochi conoscono la storia.
Jersey Boys racconta dellâascesa e della conseguente caduta dellâiconico gruppo rock ânâ roll, 'The Four Seasons', raccontando agli spettatori come le loro canzoni siano riuscite a fare presa nelle coscienze del pubblicoâalcune delle quali per oltre mezzo secoloâma anche rivelando le sorprendenti origini di questa, apparentemente perbene, rock band americana.
Il film è tratto dal musical di successo che ha conquistato un premio Tony Award, incantando le platee di tutto il mondo, diventando uno degli spettacoli piĂš longevi nella storia di Broadway e raccogliendo successi in ogni tappa, negli U.S.A. e allâestero.
Cast: John Lloyd Young (Frank Valli) Erich Bergen (Bob Gaudio) Vincent Piazza (Tommy Devito) Michael Lomenda (Nick Massi) Christopher Walken (Angelo 'Gyp' DeCarlo) Francesca Eastwood (Cameriera) Freya Tingley (Francine Valli) Mike Doyle (Bob Crewe) Steve Schirripa (Vito) Erica Piccininni (Lorraine) RenĂŠe Marino (Mary Delgado) Joseph Russo (Joe 'Joey' Pesci) Donnie Kehr (Norm Waxman) James Madio (Stosh) Kathrine Narducci (Mary Rinaldi) Cast completo
Billy Gardell Jeremy Luke (Donnie) Sean Whalen (Ingegnere)
Musica: Bob Gaudio e testi di Bob Crewe; Marshall Brickman & Rick Elice (Music Book)
Costumi: Deborah Hopper
Scenografia: James J. Murakami
Fotografia: Tom Stern
Montaggio: Joel Cox e Gary Roach
Casting: Geoffrey Miclat
Scheda film aggiornata al:
08 Luglio 2014
Sinossi:
IN BREVE:
La storia è quella di Frankie Valli e dello storico gruppo dei 'Four Seasons': la loro ascesa negli anni Sessanta, i piccoli compromessi con la mafia, i primi entusiasmanti successi e le prime sconfitte, fino alla composizione della famosissima Can't take my eyes off you.
Il film racconta la storia del quartetto vocale 'The Four Seasons', fondato da Frankie Valli, Bob Gaudio, Tommy DeVito e Nick Massi nei primi anni Sessanta. Quattro ragazzi del New Jersey che divennero uno dei gruppi pop americani di maggior successo dell'epoca. Come si può intuire dal trailer, il film sarĂ strutturato, esattamente come il musical, in quattro âstagioniâ, con i quattro membri che si alterneranno alla voce narrante, raccontando ciascuno il proprio punto di vista.
Le canzoni che sentiremo nel film includono classici come Big Girls Don't Cry, Sherry e Can't Take My Eyes Off You (di cui è famosa la cover disco di Gloria Gaynor).
SYNOPSIS:
The story of four young men from the wrong side of the tracks in New Jersey who came together to form the iconic 1960s rock group The Four Seasons.
Jersey Boys is a musical biography of the Four Seasons-the rise, the tough times and personal clashes, and the ultimate triumph of a group of friends whose music became symbolic of a generation. Far from a mere tribute concert (though it does include numbers from the popular Four Seasons songbook), Jersey Boys gets to the heart of the relationships at the center of the group-with a special focus on frontman Frankie Valli, the small kid with the big falsetto. In addition to following the quartet's coming of age as performers, the core of the show is how an allegiance to a code of honor learned in the streets of their native New Jersey got them through a multitude of challenges: gambling debts, Mafia threats and family disasters. Jersey Boys is a glimpse at the people behind a sound that has managed to endure for over four decades in the hearts of the public.
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
Negli â60 câè stato un gruppo rock, 'The Four Seasons', che ha fatto ballare e cantare il mondo intero. Originari della periferia del New Jersey senza futuro se non quello di arruolarsi o entrare e uscire dal carcere, abituati come sono a vivere per strada commettendo appunto piccoli crimini, i quattro vengono salvati dalla musica e dalla voglia di sfondare: Frankie Valli ( John Lloyd Young), Nick Massi (Michael Lomenda), Tommy DeVito (Vincent Piazza) e Bob Gaudio (Erich Bergen) ascendono cosĂŹ fragorosamente allâOlimpo della musica con tutti gli onori del caso. Ma lâiconico gruppo rock ânâ roll, allâapparenza perbene, nasconde unâanima fatta di problemi e piccolezze che porterĂ loro alla rovina.
"Sherryâ, âBig Girls Donât Cryâ, âWalk Like a Manâ, âCanât take my eyes off youâ, âDawn, Rag Dollâ, âBye Bye Babyâ, âBegginâ e âWho Loves Youâ sono ormai delle vere e proprie hit senza tempo. Una serie impressionante di successi
che la band, attiva fin dal 1954 con il nome 'The Four Lovers' e che poi divenne definitivamente 'The Four Seasons' allâinizio del 1960, inanellò per un decennio grazie a Valli, Gaudio, DeVito e Massi, italo-americani originari di Newark, nel New Jersey. E Clint Eastwood, che a ottantaquattro anni non ha voglia di farsi da parte, si è invaghito a tal punto della storia dei âfab fourâ della provincia statunitense, una delle 'boy band' a stelle e strisce piĂš famose dellâepoca, da rimettersi dietro la macchina da presa. Il premio Oscar trova cosĂŹ modo di tirare fuori lâennesimo coniglio dal cilindro con questo Jersey Boys, ma soprattutto di allontanarsi - e di tanto pure - dal recinto ben conosciuto (e anche un poâ consolatorio) del suo stesso cinema.
Tratto da una sceneggiatura dellâomonimo musical (vincitore nel 2006 di un Tony Award, lâOscar del teatro) di Marshall Brickman & Rick Elice,
con musica di Bob Gaudio e testi di Bob Crewe, in Jersey Boys Eastwood riesce quindi a realizzare un musical, idea che lui stesso ammette aver accarezzato negli ultimi anni (nel 2012 ci andò vicino: il regista avrebbe dovuto dirigere infatti il remake di Eâ nata una Stella con BeyoncĂŠ come protagonista ma poi la popstar rimase incinta e il progetto venne definitivamente accantonato). Una scelta bizzarra la sua, se vogliamo, che serve a completare una casella mancante piĂš che una vera e propria vocazione. Diciamolo chiaramente: uno come Rob Marshall (Chicago, Nine) avrebbe fatto ben altro di Jersey Boys, forte anche del fatto che quasi tutti gli attori - ad eccezione del solo Vincent Piazza - hanno rivestito gli stessi personaggi nella pièce originale a teatro. Ma ce lo vedete un qualunque produttore su questo nostro globo terracqueo dire di no al vecchio Clint che si incapriccia di un
progetto? Chi vi scrive francamente no. E allora lasciamo da parte qualunque valutazione sullâopportunitĂ o meno di affidare quattro scugnizzi canterini mangiaspaghetti e brillantinati allâispettore Callaghan e rispolveriamo un manipolo di motivetti - un esempio? âWalk like a man, talk like a manâŚâ - da canticchiare sottovoce anche nel buio di una sala cinematografica.
Secondo commento critico (a cura di ANDREW BARKER, www.variety.com)
CLINT EASTWOOD'S FIRST MUSICAL AS A DIRECTOR NEVER FULLY DECIDES WHAT KIND OF MOVIE IT WANTS TO BE.
Though based on a smash-hit jukebox tuner that won four Tonys, Clint Eastwoodâs adaptation of âJersey Boysâ canât properly be described as a full-on musical. It does often hint at becoming one, just as it hints at becoming a âLa Bambaâ-esque early rock study, a cautionary tale about organized crime, and a sort of âRashomonâ-influenced take on the rise of Frankie Valli and the Four Seasons. But by the time it hits its first real Broadway-style production number over the closing credits, âJersey Boysâ doesnât seem to have gotten any closer to deciding what kind of movie it wants to be. Embracing neither the fizzy energy of a Vegas-ready tuner, nor the grit of a warts-and-all biopic, the film nonetheless has its own peculiar charms, and should be able to capitalize on the
source materialâs enduring popularity for a respectable if modest B.O. haul.
Though Eastwood didnât have the best of luck with musicals as an actor, this property ought to have been well within his directorial wheelhouse. As a helmer, heâs always had an astute ear for music; he excels at regionally specific ambiance and period studies, and here he avoids the musicvideo shooting style that has turned so many recent film tuners into brightly colored slurry. But as handsome as his compositions are, Eastwoodâs filmmaking simply doesnât have the snap or the feel for rhythm that the scriptâs rapid-fire theatrical patter requires, and the relative dearth of prominent musical performances turns what could have been a dancing-in-the-aisles romp into a bit of a slog.
Eastwoodâs somber dramatic focus is on display from the start, as he opens not with a song, but rather a thoroughly Scorsesean scene inside a Belleville, N.J., barbershop in
the 1950s: Golden-throated 16-year-old Frankie Castelluccio (John Lloyd Young) is a barber in training, attending to local mob boss Gyp DeCarlo (Christopher Walken). Itâs the kind of neighborhood where, as petty criminal and guitarist Tommy DeVito (Vincent Piazza) tells the camera in direct address, the only ways to escape are joining the army, getting âmobbed up,â or getting famous. âFor us,â he says, âit was two out of three.â
DeVito enlists Castelluccio as a lookout for a heist that goes sour and lands Tommy in prison, but from these inauspicious beginnings the seeds of the Four Seasons are sown. With Castelluccio renaming himself Frankie Valli, and DeVitoâs fellow profiteer Nick Massi (Michael Lomenda) joining on bass, the group is introduced to precocious songwriter Bob Gaudio (Erich Bergen) by wannabe talent scout Joey Pesci (Joseph Russo) â later known simply as Joe Pesci â and finally finds its sound.
Though the first 45
minutes are littered with sporadic song fragments, itâs only here that the film starts to truly resemble a musical, with Gaudio gathering his new bandmates around the piano to play âCry for Me,â as each man joins in turn. Itâs the sort of scene that was orchestrated far more organically in âOnce,â but itâs nonetheless effective at conveying the joy of sudden harmonic epiphany. After they catch the ear of flamboyant producer-lyricist Bob Crewe (Mike Doyle, adding some welcome shadings to what could have been a one-joke gay stereotype), the Four Seasons shoot to the top of the charts.
The music finally comes alive in the middle section that follows. Staging three consecutive numbers as live television performances, Eastwood shifts among wide angles from way up in the cheap seats, glimpses from behind the TV monitors, and slightly obstructed views from inside the audience pit in front of the stage. This
style might sap the sequences of some of the explosive engagement that a flashier director like Rob Marshall might have brought to the numbers, but it manages to honor the period and the materialâs stage origins in a nicely unshowy way.
After this high, however, comes a rather long hangover. Interpersonal squabbles, money woes, groupies, domestic drama and lingering mob connections all cause predictable problems in predictable ways, and the filmâs focus starts to blur, going for long stretches without any music at all. Even though each of the groupâs four members take turns narrating their side of the story â breaking the fourth wall in a broadly theatrical manner for which Eastwood never finds a proper cinematic correlative â none of them really deepen into fully dimensional men.
Initially providing doses of Puckish mischief, DeVitoâs insouciance gradually curdles into irritation, and he disappears for much of the last third. Valli remains
unknowable, a good-hearted blue-collar entertainer without much of an apparent life. Gaudio, who bears an uncanny resemblance to âElectionâ-era Chris Klein, goes from teetotaling, T.S. Eliot-quoting square to bearded artiste with little in between. And poor Massi is the bass player.
Aside from âBoardwalk Empireâ support player Piazza, three of the four leads were drawn from various stage iterations of âJersey Boys,â and while all are solid in their respective roles (Tony winner Young does a stunning job channeling Valliâs sublime falsetto), they only occasionally seem to be surfing the same wave. Christopher Walken creates most of the filmâs laughs by simple virtue of being Christopher Walken, but his doddering don screams out for a bigger, broader performance. The marvelously venomous Renee Marino gets a fantastic introductory scene as Valliâs first wife, Mary, and is then subsequently squandered as a one-note boozy nag.
Production designer James J. Murakami expends a good deal
of energy on vintage period details, but itâs disappointing how little the story itself explores such an exciting era for music. Four Seasons contemporaries like the Beatles and the Beach Boys are never mentioned; nor is there any discussion of the groupâs distinctive style, or the way a quartet with two ex-con members managed to sell themselves as such a squeaky-clean outfit. We see the boys receive a cake in honor of their three consecutive No. 1 singles, but we never get an idea what pop stardom in the early 1960s must have felt like. And the only real nod to the vicissitudes of recording comes via an unintentionally hilarious scene where Crewe, after hearing four seconds of âSherryâ over the phone, immediately declares his intention to double-track Valliâs voice on the record, helpfully hollering, âitâs never been done before!â
On a technical level, the film is strangely hit-and-miss. Tom Sternâs
shadowy photography can be gorgeously low-key in one scene, then garishly lit and sheened with yellow in the next. Eastwood and editors Joel Cox and Gary D. Roach pull off some graceful slow pans and Sorkinesque walk-and-talks, only for some hideous rear projection to mar a few driving scenes. Costume designer Deborah Hopper does great work, but while the old-age makeup on display in the closing scenes is a noticeable improvement on âJ. Edgar,â it still might elicit a chuckle or two.