HANNAH ARENDT: LA REGISTA MARGARETHE VON TROTTA PROPONE UN ALTRO RITRATTO FEMMINILE FORTE, TALMENTE GENIALE E CORAGGIOSO DA CAMBIARE LA STORIA. QUEL RAMO DI STORIA IN CUI HA VISSUTO, ALL'OMBRA DEGLI ORRORI DELLA GERMANIA NAZISTA, LA FILOSOFA EBREO-TEDESCA RIFUGIATA NEGLI STATI UNITI HANNAH ARENDT
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dal 27 GENNAIO (il 27 e il 28 Gennaio) in occasione della GIORNATA DELLA MEMORIA - Dal Bari International Film Festival 2013
"La luce che proviene dalle opere di una persona si diffonde nel mondo e rimane anche dopo la sua morte. Che sia grande o piccola, effimera o duratura, dipende dal mondo e dai suoi metodi. Ai posteri l’ardua sentenza.
La luce che proviene dalla vita di una persona – le parole dette, i gesti, le amicizie – sopravvive soltanto nei ricordi. Se deve entrare in questo mondo, ha bisogno di trovare una forma nuova. Una storia deve essere composta da tanti ricordi e storie".
La scrittrice Elisabeth Young-Bruehl (autrice della biografia Hannah Arendt)
(Hannah Arendt; GERMANIA 2012; Biopic drammatico; 114'; Produz.: Heimatfilm in co-produzione con Amour Fou Luxembourg/Mact Productions/Sophie Dulac Productions/Metro Communications/Ard Degeto/BR/WDR; Distribuz.: Ripley's Film e Nexo Digital)
Soggetto: PRELIMINARIA - RITRATTO DI HANNAH ARENDT
HANNAH ARENDT è il ritratto del genio che sconvolse il mondo, grazie alla sua scoperta della “banalità del maleâ€. Dopo aver assistito al processo al nazista Adolf Eichmann, svoltosi a Gerusalemme, la Arendt osò scrivere dell’Olocausto con parole che non si erano mai sentite prima. Il suo lavoro provocò immediatamente uno scandalo, ma la Arendt non ritrattò, nonostante gli attacchi di amici e nemici. In quanto ebrea tedesca emigrata, lei aveva difficoltà a recidere i suoi legami dolorosi con il passato e il film mette in mostra il suo affascinante mix di arroganza e vulnerabilità , rivelando un’anima formata e sconvolta dall’esilio.
La pellicola mostra Hannah Arendt (Barbara Sukowa) nel corso dei quattro anni (dal 1961 al 1964), in cui assiste, scrive e sopporta la reazione nei confronti del suo lavoro sul processo al criminale di guerra nazista Adolf Eichmann. Osservando la Arendt mentre partecipa al processo, rimanendo al suo fianco mentre viene contestata dai suoi critici e sostenuta da una ristretta cerchia di amici fedeli, avvertiamo l’intensità di questa donna ebrea forte, fuggita dalla Germania nazista nel 1933.
Un’accanita fumatrice e una donna orgogliosa, la Arendt è felice e ha successo in America, ma la sua visione penetrante la rende un’outsider dovunque vada. Quando scopre che il Servizio segreto israeliano ha rapito Adolf Eichmann a Buenos Aires e lo ha portato a Gerusalemme, è determinata a raccontare il processo. William Shawn (Nicholas Woodeson), responsabile della rivista New Yorker, è eccitato di avere una stimata intellettuale a occuparsi di questo processo storico, ma il marito della Arendt, Heinrich Blücher (Axel Milberg), non condivide questo suo entusiasmo. Lui è preoccupato che questo incontro riporterà la sua amata Hannah a quelli che entrambi definiscono i “tempi oscuriâ€.
La Arendt entra in questo infuocato tribunale di Gerusalemme aspettandosi di vedere un mostro, ma invece scopre una nullità . La sciatta mediocrità di quest’uomo non coincide con la profonda malvagità delle sue azioni, ma capisce rapidamente che questo contrasto è proprio l’enigma che bisogna risolvere. Ritornata a New York, iniziando a comunicare la sua interpretazione rivoluzionaria di Adolf Eichmann, la paura si impadronisce del suo migliore amico, Hans Jonas (Ulrich Noethen). Lui la mette in guardia, dicendole che il suo approccio filosofico genererà soltanto confusione. Ma la Arendt difende il suo punto di vista coraggioso e originale, convincendo Heinrich a sostenerla in questo percorso. Dopo due anni di pensieri intensi, ulteriori letture e dibattiti con la sua migliore amica americana, Mary McCarthy (Janet McTeer), il ricercatore e amico tedesco, Lotte Köhler (Julia Jentsch) e, ovviamente, un confronto costante con Heinrich, consegna finalmente il manoscritto. La pubblicazione dell’articolo sul "New Yorker" provoca immediatamente uno scandalo negli Stati Uniti e in Israele, per poi estendersi al resto del mondo.
HANNAH ARENDT fornisce uno sguardo sull’importanza profonda delle sue idee, ma è soprattutto la commovente possibilità di capire il cuore caloroso e la brillantezza glaciale di questa donna complessa e profondamente affascinante.
Cast: Barbara Sukowa (Hannah Arendt) Axel Milberg (Heinrich Blücher) Janet McTeer (Mary McCarthy) Julia Jentsch (Lotte Köhler) Ulrich Noethen (Hans Jonas) Michael Degen (Kurt Blumenfeld)
Scappata dagli orrori della Germania nazista, la filosofa ebreo-tedesca Hannah Arendt nel 1940 trova rifugio insieme al marito e alla madre negli Stati Uniti, grazie all'aiuto del giornalista americano Varian Fry. Qui, dopo aver lavorato come tutor universitario ed essere divenuta attivista della comunità ebraica di New York, comincia a collaborare con alcune testate giornalistiche. Come inviata del New Yorker in Israele, Hannah si ritrova così a seguire da vicino il processo contro il funzionario nazista Adolf Eichmann, da cui prende spunto per scrivere La banalità del male, un libro che andrà incontro a molte controversie.
Commento critico (a cura di ELISABETTA VILLAGGIO)
Acclamato dalla stampa estera e già uscito in moltissimi paesi quali gli Stati Uniti, la Germania, il Giappone e anche Israele dove c’è stata l’anteprima, finalmente, dopo problemi per la difficoltà di ricezione da parte delle sale italiane, arriva anche in Italia distribuito dalla Ripley’s Film. Parliamo di Hannah Arendt, il nuovo lavoro di Margarethe Von Trotta, nelle sale solo il 27 e il 28 gennaio, come evento unico per il Giorno della Memoria, un film controverso come la vicenda che narra. Un lungometraggio decisamente intellettuale, come lo era la protagonista, che si interroga sul significato più profondo del male e su come si possa arrivare a commetterlo rispondendo a degli ordini, quindi abbandonando il proprio pensiero, il proprio libero arbitrio.
Hannah Arendt è un’allieva di Martin Heidegger, con il quale avrà una relazione segreta. E' considerata la sua migliore studentessa, è appassionata nella ricerca del libero pensiero e il suo
fervore e la sua onestà intellettuale saranno sempre messe al primo posto nella sua vita. Quando i nazisti prendono il sopravvento in Germania lei si rifugia in Francia dove conosce il suo secondo marito e grande amore della sua vita, il poeta e filosofo tedesco Heinrich Blücher, con il quale emigrerà negli Stati Uniti, a New York, nel 1940 quando i nazisti invadono la Francia. La pellicola racconta gli anni dal ’61 al ’64 quando Hannah, interpretata da una bravissima Barbara Sukowa, viene inviata dal "New Yorker" in Israele per seguire il processo del criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, catturato dal Mossad in Argentina dove si era rifugiato come molti nazisti scappati alla fine della guerra. Il film comincia proprio con una scena della cattura del nazista. Per le sue idee, per il fatto che Hannah puntasse il dito anche contro capi ebrei che avevano cooperato col regime hitleriano