SOMETHING GOOD: IL PRIMO FILM SULLA SOFISTICAZIONE ALIMENTARE TARGATO LUCA BARBARESCHI. CON UN CAST INTERNAZIONALE - TRA CUI LO STESSO BARBARESCHI, ANCHE SOGGETTISTA, SCENEGGIATORE E PRODUTTORE - IL THRILLER METTE IL DITO NELLA PIAGA DELL'ADULTERAZIONE CRIMINALE DEL CIBO AD HONG KONG
Sceneggiatura:
Francesco Arlanch, Luca Barbareschi e Anna Pavignano
Soggetto: Francesco Arlanch, Luca Barbareschi e Anna Pavignano. Liberamente tratto dall’opera letteraria Mi fido di te di Francesco Abate e Massimo Carlotto edita da Einaudi Stile Libero.
Cast: Luca Barbareschi (Matteo) Zhang Jingchu (Xiwen) Kenneth Tsang (Mr. Feng) Gary Lewis (Gregory Poulson) Michael Wong (Commissario Xi Chan) Carl Long Ng (Xhao) Frank Crudele (Tomas Hodek) Branko Djuric (Mirko) Eddy Ko (Mr. Lao) Ankie Beilke (Monique) Alessandro Haber (Capitano Poloni) Daria Baykalova (Olga) Lucy Sheen (Fan) Kirt Kishita (Assistente del Commissario Xi Chan) Ozzie Yue (Capitano Mercury) Cast completo
Courtney Wu (Mafioso cinese)
Musica: Marco Zurzolo (Colonna sonora originale); Maurizio Di Coste (suono)
Costumi: Milena Canonero
Scenografia: Francesco Frigeri
Fotografia: Arnaldo Catinari
Montaggio: Walter Fasano
Casting: Loredana Scaramella e Stefano Oddi (Italia); Chan Dee Kam Pui (Cina)
Scheda film aggiornata al:
14 Novembre 2013
Sinossi:
Un piccolo villaggio nella regione dello Yunnan, in Cina. Una giovane donna, Xiwen (Zhang Jingchu), perde il suo unico bambino, Shitou, che muore avvelenato da un alimento adulterato. Nello stesso momento, dall’altra parte del mondo, Matteo (Luca Barbareschi) lavora per conto del gruppo Feng, una multinazionale con sede ad Hong Kong che, fra molti altri affari, traffica cibo contraffatto nel mondo. Per evitare l’arresto da parte delle autorità italiane e cinesi che gli stanno dando la caccia, Matteo fugge dall’Italia riuscendo a salvare dal sequestro un prezioso carico di alimenti adulterati del gruppo Feng. Poche settimane dopo, a Hong Kong, il fondatore e presidente dell’omonimo gruppo, Mr. Feng, nomina Matteo responsabile del traffico internazionale di alimenti: inizia una scalata al successo senza scrupoli.
Sarebbe sufficiente quel profilo! Un profilo sottile come uno spicchio di luna calante stagliato nella piena oscurità di una notte senza stelle, da dare l'impressione di essere inghiottito da un momento all'altro nelle profondità di un grande schermo completamente nero. Un profilo che si arroga il diritto di essere lì per librarsi nel monologo-confessione di una verità inconfessabile. Basterebbe questo a tradire per Luca Barbareschi, regista interprete e produttore (Casanova Multimedia) di Something Good (terza regia dopo Ardena, 1997 e Il trasformista, 2002), liberamente tratto dall’opera letteraria Mi fido di te di Francesco Abate e Massimo Carlotto (edita da Einaudi Stile Libero), un autentico esteta in e per la celluloide, oltre che autore di un certo interesse.
E' questo potente e prorompente inizio, che paga pegno pieno al teatro, suggestivo motivo di ritorno rivisitato nell'epilogo, la spina dorsale di questo piccolo ma importante film italiano dal respiro internazionale: non un
film di genere, ma semmai di generi che, mano nella mano, raccontano questa storia a tratti incredibile, tanto raggelante da far passare l'appetito per l'ora di cena o di farci venire voglia di seguire le orme del nostro protagonista, andando a controllare nella cucina del ristorante integrità e provenienza degli alimenti, modalità di conservazione e cottura. Potrà risultare strano che per un film che muove dalla 'denuncia' appuntata su uno dei più crudeli scandali - purtroppo uno tra i tanti, basti pensare agli inimmaginabili abusi di alcune multinazionali farmaceutiche - come quello della adulterazione alimentare a scopo di lucro, con tanto di concorrenza internazionale al seguito, si adagi su tanta dolcezza e poesia. E che questa dolcezza e poesia possano esser contaminate, senza troppi scossoni, da infiltrazioni di quella inaudita violenza che conduce dritti dritti alla resa dei conti tipicamente di stampo mafioso. Che la si chiami 'yakuza', se Giappone
Barbareschi intreccia con raffinata eleganza il percorso 'dannato' del suo personaggio e quello della giovane madre
cinese che, per rendere giustizia alla memoria di suo figlio apre, non senza difficoltà , un umile ristorante, votato alla genuina qualità alimentare. Due opposti apparentemente inconciliabili quelli di Matteo e di Xiwen che, invece, contro ogni previsione, troveranno l'uno nell'altra, e viceversa, la linfa vitale per una reciproca 'redenzione', seguendo le correnti di un andamento per lo più plausibile, là dove la parola 'fiducia' potrebbe figurare davvero come paradossale. Barbareschi sembra muoversi altresì con agevole padronanza tra le note più orecchiate del thriller con 'love story', le dinamiche di questo sporco traffico criminale, che denuncia a chiare lettere senza sentirsi obbligato a chiedere prestiti al documentario, non rinunciando a quella che sembra imporsi all'attenzione quale priorità stilistica: la ricerca dello scorcio estetico, ma non estetizzante, nella persona, nelle cose, nelle ambientazioni per metterlo al servizio di un contenuto da rimarcare in un unico momento: non si è affidato alle parole
Mi sembra che il Something Good di Luca Barbareschi abbia gli ingredienti giusti per una ricetta di cui si può assolutamente
fidare e che non solo non possiamo davvero rifiutare ma che vi invitiamo a condividere, con il calore che si prova di fronte ad un raro brano di 'arte di bandiera' ritrovata - di questi tempi è davvero un miracolo, tra un pò della bandiera italiana ci rimarrà solo l'asta! - sulla scia dell'evidente orgoglio rivendicato da Barbareschi tramite il suo Matteo quando, portando galantemente la colazione made in Italy a letto alla sua deliziosa compagna cinese, ci tiene a precisare che 'croissant' è francese e che si dice 'cornetto'.
Perle di sceneggiatura
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano 01 Distribution e Mirella Seletto e Serena Giovinazzo (WaytoBlue)