DISCONNECT: E' POSSIBILE TRARRE BENEFICIO DALLA TECNOLOGIA SENZA CHE QUESTA ARRIVI A DEFINIRE, FINO AD UN MALSANO CONTROLLO, I CONTORNI DELLE NOSTRE ESISTENZE? HENRY ALEX RUBIN PROVA A TRACCIARE UN DIAGRAMMA TIPO SULLE POSSIBILI TRAGICHE CONSEGUENZE
RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dalla 69. Mostra del Cinema di Venezia - Dal 9 GENNAIO
"Mi sono convinto a realizzare questo film perchè vi ho trovato una visione della fallibilità umana molto compassionevole. I personaggi ce la mettono tutta per allontanare da sé la solitudine e per coprire il dolore. Tutti ci siamo sentiti soli qualche volta, è un fatto universale. E se sempre più persone usano la tecnologia per sentirsi legati a qualcuno, a volte lo fanno a spese di chi è seduto loro accanto. Quante volte abbiamo visto gente a cena che parla al telefono e non con chi è allo stesso tavolo? Ho sempre fatto documentari che considero lettere d'amore ai miei soggetti. 'Disconnect' è una lettera d'amore a chi si sente imperfetto e umano"
Il regista Henry Alex Rubin
Disconnet fonde molteplici storie che parlano di persone alla ricerca di legami umani nel mondo sempre connesso di oggi. Intense, strazianti e toccanti, le storie si intersecano con colpi di scena che mettono a nudo una realtà scioccante nel nostro uso quotidiano della tecnologia che, facendo da mediatrice, definisce i nostri rapporti e, in fin dei conti, le nostre vite.
Un ex-poliziotto vedovo si scontra ogni giorno con il figlio che pratica bullismo in rete ai danni di un compagno di classe.
Una ambiziosa giornalista crede di potere fare carriera usando la storia di un ragazzino che si esibisce su siti per soli adulti.
Sono sconosciuti, vicini di casa, colleghi, e le loro storie si incrociano in questo avvincente film che racconta la vita di persone comuni alla disperata ricerca di un contatto umano. Disconnect esplora le conseguenze della tecnologia moderna e come questa possa influenzare e modificare le nostre esistenze.
Un film incredibilmente attuale: il nostro modo di vivere ''digitale'' di ogni giorno alla fine non è mai davvero ''connesso'' con il mondo reale. Disconnect fotografa in maniera drammatica una realtà molto cupa e ci svela profonde verità.
SYNOPSIS:
A drama centered on a group of people searching for human connections in today's wired world.
A hard-working lawyer, attached to his cell phone, can't find the time to communicate with his family. A couple is drawn into a dangerous situation when their secrets are exposed online. A widowed ex-cop struggles to raise a mischievous son who cyber-bullies a classmate. An ambitious journalist sees a career-making story in a teen that performs on an adult-only site. They are strangers, neighbors and colleagues and their stories collide in this riveting dramatic thriller about ordinary people struggling to connect in today's wired world.
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
SEI CONNESSO? TECNOLOGIA COME ARMA A DOPPIO TAGLIO. COSA SUCCEDE SE LE DIAMO CORDA AL PUNTO DA FARLE ASSUMERE LE SEMBIANZE DI UN KILLER?
Ricordate lo schema ad intreccio delle varie tessere di mosaico che sembrano indipendenti finché non iniziano a trovare punti di contatto tali da risultare interattive mentre vanno a comporre un unico puzzle? Lo schema adottato da Alejandro Inarritu quale motivo firma per i suoi drammatici affreschi in celluloide? Beh, diciamo che non è esattamente la stessa cosa ma che Henry-Alex Rubin, figlio dello storico dell'arte James H. Rubin, sembra esservisi in qualche modo ispirato per il suo Disconnect, drammatica storia di denuncia sul nostro legame con la tecnologia, sull'uso-abuso con conseguenze che, nel migliore dei casi, vanno comunque a discapito del dialogo con chi ci sta accanto ogni giorno. Denuncia e provocazione sembrano aver spinto Rubin jr. verso la realizzazione di Disconnect che, fin dal titolo, ammicca
a render più serio e stratificato l'interrogativo che burlescamente si è soliti rivolgere a qualcuno che, a poca distanza da noi, non risulta troppo presente con la testa: "Sei connesso?". Tutti i personaggi in Disconnect sono 'connessi' via Internet ma sconnessi per la maggior parte del tempo con i rispettivi familiari o con il mondo intorno a loro: da Kyle, il 'toy-boy' reclutato da chi adesca minori per sfruttamento porno a scopo di lucro, alla reporter Nina (Andrea Riseborough) che lo contatta via internet per riuscire a mettere insieme un reportage finalizzato allo scoop e all'ascesa professionale; i due ragazzini che amano divertirsi sulla pelle altrui non pensando alle conseguenze (vedi lo scherzo sull'onda di una chat a tutta finzione virato in tragedia); il padre di uno di loro per lavoro investigativo sulla criminalità informatica; il creativo ma alquanto introverso Ben Boyd, che usa Internet per la sua musica, i
coniugi Derek Hull (Alexander Skarsgård) ex marine e impiegato e Cindy Hull (Paula Patton), Stephen Schumacher (Michael Nyqvist) e così via. Tutti si sentono soli per diverse ragioni e hanno in sé motivi di sofferenza validi e impellenti da richiedere uno sfogo in una maniera o nell'altra, un qualche cenno di comprensione, di solidale conforto, e non trovandolo intorno a sé, non di rado lo trovano 'in rete'. Una sorta di 'diario-tecno' cui affidare i lati più inconfessabili dei rispettivi 'disagi'. Tutti sembrano avanzare su diversi fronti e trarne beneficio ma l'effetto boomerang è dietro l'angolo e nell'intreccio i nodi si stringono l'un l'altro e le varie tessere iniziano man mano ad accorciare la loro distanza, fino ad entrare in rotta di collisione, trasformando questo ricco manipolo di storie parallele in una sorta di avvincente thriller in cui tecnologia e umanità si contendono lo scettro per la definizione delle vite
qui protagoniste. E nel superbo rallenti finale le varie tessere raggiungono la meta, con i loro ultimi frammenti di vita in celluloide accomunati nello stesso lasso di tempo: tutti, all'unisono, a un passo dal baratro di tragedie annunciate ma, a quel punto, la provocazione di Rubin ha funzionato a dovere, tutti hanno imparato la lezione e, dopo aver sfiorato il fondo del fondo, alla fine del tunnel, Rubin non apre certo alla luce, però non se la sente di chiudere del tutto il passo almeno ad uno spiraglio. Ora tocca a noi! Siamo connessi?
Bibliografia:
Nota: Si ringraziano Filmauro Distribuzione e Martina Riva (Ufficio Stampa Filmauro)