IL PAESE DELLE SPOSE INFELICI: DUE AMICI, DUE VITE AGLI ANTIPODI DESTINATE AD INCROCIARSI PER CONVERGERE E CONSUMARSI INSIEME IN UNO SCENARIO DI CONTRASTI, DI SCEMPIO E BELLEZZA, IN CUI PERO' RESTA SEMPRE POSSIBILE RIPRENDERSI LA VITA E CONTINUARE A CORRERE
Dal Festival Internazionale del Film di Roma (27 Ottobre-4 Novembre 2011) - RECENSIONE IN ANTEPRIMA - Dall'11 NOVEMBRE
(Il paese delle spose infelici; ITALIA 2011; Drammatico; 82'; Produz.: Fandango in collaborazione con RAI Cinema (con il contributo di Apulia Film Commission); Distribuz.: Fandango Distribuzione)
Veleno e Zazà. Due adolescenti. Due amici. Due vite agli antipodi che, per un inesorabile magnetismo, sono destinate a convergere, a consumarsi insieme, come tacchetti su polverosi campi di pallone di provincia.
IN DETTAGLIO:
Veleno, quindici anni, pedala forsennato sulla sua bicicletta per star dietro ai suoi nuovi amici. Sono diversi da lui, sono figli della strada, la mordono impennando con i loro motorini e sfidandosi sul campo di calcio in terra battuta della loro squadra, la Cosmica.
Cimasa, Capodiferro e Natuccio hanno un capo indiscusso, Zazà, autentico talento del calcio. Il loro generale, l'allenatore Cenzoum, confida che presto o tardi un club importante si accorgerà di lui e lo porterà via dallo squallore della vita condivisa con suo fratello Graziano, un piccolo spacciatore che, approfittando della sua giovane età, spesso lo utilizza come corriere.
Tutto quel che è intorno ai ragazzi, in un piccolo paese del Sud scavato da dirupi e gravine, non promette niente di buono. Ci sono gli sbuffi della fabbrica, l'inquinamento che le sue ciminiere spargono nell'aria, c'è la droga, e su tutto il tuonare delle invettive demagogiche di Vito Cicerone, politico locale in ascesa.
Veleno e Zazà diventano presto amici, la loro diversità li completa in un momento della vita che è passaggio. Veleno ora è il nuovo portiere della Cosmica, Zazà il bomber che si prepara a un provino ormai imminente con un osservatore delle squadre importanti, come gli annuncia felice l'allenatore Cenzoum.
Ma ai loro giorni comincia a dare una forma inattesa una strana madonna randagia, la bellissima Annalisa, giovane donna che entra nelle loro vite volando, un giorno che dall'alto della chiesa prova a farla finita. Sembra vestita da sposa. Ma chi è la misteriosa Annalisa?
Tanto basta per creare un mito e i ragazzi in piazza si fanno mille domande su quell'angelo volante, ciascuno con un presunto aneddoto su di lei.
Annalisa vive sola in una casa semi abbandonata e selvaggia ai margini del paese. Zazà e Veleno, maldestri e appassionati, riescono ad avvicinarla e quel contatto è pura estasi. Annalisa racconta poco di sé, non sp iega la sua voglia di morte, gioca con le parole con loro, devoti alla sua sconfinata bellezza.
Cominciano a prendersi cura di lei, giorno dopo giorno. La gente racconta che è così perché ha perso il suo amato, morto poco prima del loro matrimonio.
Un giorno, per difendere Annalisa dalle avance di Dentedellabalena, principale fornitore di droga di suo fratello, Zazà accecato dalla rabbia lo accoltella. Finisce in galera e l'occasione del provino per le squadre di serie A sembra andare in fumo. Annalisa, in preda ai sensi di colpa, sparisce e comincia a precipitare in quel baratro cui sembra fatalmente destinata.
Veleno rimane solo, come lo era al principio, ma non tutto è perduto.
Commento critico (a cura di ROSS DI GIOIA)
Si sa che l’erba del vicino è sempre più verde. Tanto più in provincia. Succede quindi che a Martina Franca il giovane Francesco, da tutti chiamato Veleno, un ragazzino di buona famiglia che sperimenta presto l’insofferenza, viva scrutando con invidia quasi alcuni ragazzi dei quartieri popolari che gioca a pallone. Zazà, il più carismatico del gruppo, accortosi delle 'occhiate' insistenti di Veleno e di quella scintilla negli occhi che ne tradiva la voglia di partecipare, decide di metterlo alla prova e lo piazza in porta. Il ragazzino, svelato un certo talento, comincia così a passare i pomeriggi in compagnia dei suoi nuovi amici. In uno di questi, Veleno e Zazà assistono al salvataggio di una giovanissima ragazza vestita da sposa, Annalisa, che si dice pronta a saltare dalla cima della chiesa del paese. La surreale visione di quella sorte di angelo biondo che si lancia nel vuoto si imprime a
caldo nella memoria dei due ragazzi, turbandoli a tal punto che da quel giorno avranno un solo scopo: avvicinarsi a lei e cercare di scoprire il segreto di una infelicità così plateale.
Tratto dal romanzo di Mario Desiati, Il paese delle spose infelici - passato al Festival Internazionale del cinema di Roma - è il lungometraggio d’esordio di Pippo Mezzapesa, giovane autore che per il suo debutto si affida ad una storia incentrata su due ragazzi (molto più simili di quello che sembra a prima occhiata) che provengono da famiglie molto diverse. Con tutte le implicazioni che questo comporta. Il film è puntellato da uno sguardo indulgente su certi ambienti, sulla cittadina di Martina Franca e di Massafra - che diventano a loro volta coprotagonisti - usando quindi la Puglia come una tavolozza di colori da cui attingere. L’innocenza, insomma, la si perde in ambienti che rimarranno nella memoria dei
giovani protagonisti e che rimarranno legati a doppio filo a luoghi non proprio incontaminati, sia sotto il profilo ambientale che sotto quello morale. Il tutto viene reso con efficacia dalla contrapposizione tra Veleno e Zazà: il primo vuole vedere cosa accade se mette il naso fuori dal personaggio di bravo ragazzo che gli hanno costruito intorno; il secondo vuole scoprire se per lui è quantomeno ipotizzabile un destino diverso da quello della sua famiglia e in particolare da quello del fratello (che spaccia). Senza dimenticarsi della giovane Annalisa, che diventa così il terzo vertice di un triangolo costruito sui ricordi d'infanzia. Tuttavia qualcosa non gira per il verso giusto. Mezzapesa dimostra di aver imparato la lezione (Galantuomini e Il miracolo - entrambi di Edoardo Winspeare - Io non ho paura, MarPiccolo), il revival che porta anche agli anni ’80 tv (da “Non è la Rai” alla “Ruota della fortuna”) è
divertente e non fine a se stesso e si sorride dell’innocenza surreale dei bimbi, ma i contorni dell’amicizia fra Zazà e Veleno sono troppo sfumati e instabili. E da qui manca il supporto necessario per far prendere quota al racconto. Si finisce per perdere di vista le storie, i protagonisti e quello che li muove (o verso cosa) sulla scena, impedendoci di fatto di farli propri. Regia garbata e mai sopra le righe non aiutano però a rompere il cerchio e far tracimare dagli occhi di Veleno e Zazà la paura che il domani sia davvero quella vaga sensazione di costrizione che provano e che, essendo ragazzini, ancora non riescono nemmeno a definire.