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IL PARCO DELLA PARANOIA SECONDO GUS VAN SANT SI FREGIA DI TUTTO IL LUSTRO POSSIBILE DEL TARGET TIPICO DELL'AUTORE DOC.
Premio Speciale al 60° Festival del Cinema di Cannes
"... La storia si svolge(...) a Portland, una città che ho sempre amato... (E') la storia di un giovane skater, per di più in una situazione difficile e molto soffocante, caratteristiche per me molto interessanti... Ho giocato molto con la struttura della storia. Ci sono poche cose del libro (di Blake Nelson) che non sono nel film, ma strutturalmente tutto è stato molto manipolato".
Il regista Gus Van Sant
(Paranoid Park USA/FRANCIA 2007; drammatico; 90'; Produz.: MK2 Productions; Distribuz.: Lucky Red)
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Titolo in italiano: Paranoid Park
Titolo in lingua originale:
Paranoid Park
Anno di produzione:
2007
Anno di uscita:
2007
Regia: Gus Van Sant
Sceneggiatura:
Gus Van Sant
Soggetto: Dall'omonimo romanzo di Blake Nelson pubblicato in Italia da Rizzoli.
Cast: Gabe Nevins (Alex) Dan Liu (Ispettore Richard Lu) Jake Miller (Jared) Taylor Momsen (Jennifer) Lauren McKinney (Macy) Olivier Garnier (Cal) Scott Green (Scratch) Winfield Henry Jackson (Christian) Dillon Hines (Henry) Brad Peterson (Jolt) John 'Mike' Burrowes (Guardia giurata) Emma Nevins (Paisley) Joe Schweitzer (Paul) Christopher Doyle (Zio Tommy) Grace Carter (Madre di Alex) Cast completo Jay 'Smay' Williamson (Padre di Alex)
Musica: Leslie Shatz
Costumi: Chapin Simpson
Scenografia: John Pearson-Denning
Fotografia: Christopher Doyle, Rain Kathy Li
Scheda film aggiornata al:
25 Novembre 2012
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Sinossi:
"Ho la sensazione che ci sia qualcos’altro, qualcosa di molto più grande dei piccoli avvenimenti della nostra vita, che ci siano molti strati…".
Paranoid park è il nome di un parco per appassionati di skateboard di Portland, in cui si ritrovano gli skater più folli, anime dannate della città , giovani senza tetto, senza futuro, che bruciano le proprie vite sulla pista.
Alex, 16 anni, attratto da quello che per molti è un paradiso artificiale, si avventura nel parco, dove accade però l’irreparabile. Una sera, accidentalmente, causa la morte di un agente di sicurezza. Decide di non dire nulla…
Dal >Press-Book< di Paranoid Park
Commento critico (a cura di PATRIZIA FERRETTI)
FORSE NON SARA’ UN FILM PROIETTATO OVUNQUE, COME DI SOLITO SUCCEDE QUANDO AL CINEMA (IN QUESTO CASO DOPO CANNES) ESCE UNA PELLICOLA D’AUTORE CHE VALE VERAMENTE LA PENA, MA NON AVRETE ALTRA SCELTA CHE DARVI DA FARE E TROVARLO, PERCHE’ QUESTO E’ UN FILM DA NON PERDERE. L’AFFRESCO INTIMISTA D’INTROSPEZIONE INTEGRALE SU UNA FETTA DI ‘GIOVENTU’ BRUCIATA’ DIPINTO DA GUS VAN SANT CON ‘PARANOID PARK’, SI FREGIA DI TUTTA L’INCISIVITA’ POSSIBILE PARADOSSALMENTE OTTENUTA IN TUTTA SEMPLICITA’, INSISTENDO SU REGISTRI TECNICI PREDILETTI IN QUANTO ESTREMAMENTE OPPORTUNI: L’INSISTITO RICORSO AL ‘RALENTI’, AI LUNGHISSIMI PIANI SEQUENZA, ALL’INTERRUZIONE DEL SONORO SOSTITUITO CON MUSICHE, CANZONI O ASSEMBLAMENTI FONICI AD HOC, ALLA VOCE FUORI CAMPO COME CONFESSIONE NARRATA E SCRITTA DAL LICEALE PROTAGONISTA, LA REITERATA RIPRESA DI QUELLO ‘SKATARE’ AL COSIDDETTO ‘PARANOID PARK’, LA CONDUZIONE DELLA STORIA TRAMITE IL SISTEMA ‘SEMPLIFICATO’ DELLE TESSERE AD INCASTRO, CI RESTITUISCE L’ESSENZA INTERIORE, IL VUOTO ESISTENZIALE DI UN MICROCOSMO UMANO |
IN UN MODO ASSOLUTAMENTE INEDITO, NON DIMENTICANDONE LE MOTIVAZIONI SOCIALI CHE, PUR NON ALTRETTANTO PROTAGONISTE, TRASPAIONO CHIARAMENTE DALLA SOTTOTRAMA. E IL RISULTATO DI QUESTA INSOLITA ‘SUMMA’ DI ELEMENTI APPLICATA AD UN SOGGETTO CHE POTEVA NON ESSERE TRA I PIU’ ACCATTIVANTI, E’ LETTERALMENTE STRAORDINARIO.
State pur certi che quando si tratta di un film che merita tutta l’attenzione possibile perché con le caratteristiche dell’opera d’arte cinematografica, di quelli con la firma autoriale doc. - sempre più rari - dovete armarvi di pazienza e andarvelo a cercare con il lanternino in qualche saletta per proiezioni d’essai. Beh, datevi da fare perché questo è un film da non perdere. C’è di che sbalordirsi a constatare come ci si ritrovi così assorbiti da questo affresco intimista e integralmente introspettivo, appuntato su una fetta di gioventù cosiddetta ‘bruciata’: protagonista il microcosmo degli skaters, ossia di quei giovani talmente appassionati dallo skateboard da farne quasi il centro |
della propria vita. Non certo senza una ragione precisa, naturalmente. I contenuti sono forti ma le motivazioni trapelano, quasi in sordina, dall’ordito di un’architettura per la verità estremamente semplice e quasi totalmente incentrata sul compromesso e conflittuale universo interiore del giovane protagonista che, con altri, inquadra un po’ uno dei poli adolescenziali della contemporaneità statunitense, ma non solo (il film è ambientato a Portland, nell’Oregon). Il regista di Will Hunting-Genio ribelle, di Elephant, del remake di Psycho e di molti altri, non certo trascurabili, titoli in celluloide, Gus Van Sant, si serve qui della sua straordinaria maestria nel condurre alcuni prediletti strumenti tecnici di arte cinematografica, per raccontare pur eludendo spesso i canonici strumenti della narrazione: fa eccezione la voce fuori campo del protagonista che qui d’altra parte assume la connotazione di una sorta di auto-confessione restrospettiva mentre narra ciò che va scrivendo. Capiremo più tardi perché, seguendo l’incastro delle |
tessere che il regista ci pone lungo il nostro cammino guidandoci alla visione d’insieme dell’intero mosaico. Un sistema ormai caro a parecchi registi tra cui Alejandro Inarritu che predilige però una tessitura ben più complicata e frazionata di quanto non faccia qui Gus Van Sant.
Un caso, questo di Paranoid Park, di invidiabile complicità e perfetta sinergia tra arte e contenuto, come sempre più raramente ci capita di incontrare. Così non ci annoieremo affatto sui reiterati ‘ralenti’ che punteggiano un po’ tutta la pellicola, privati del sonoro per far posto a musiche, assemblamenti fonici o canzoni che bastano da sole a supportare un discorso non detto, eppure perfettamente intuibile e chiaro come se fosse dichiarato a voce alta, o anche di più. Non cadranno nel vuoto i lunghissimi piani sequenza arricchiti di controluce, di immagini ridotte ad ombre cinesi prima di farle riemergere alla luce della realtà . Immagini speculari a |
stati di coscienza. Raramente si assiste alla messa in scena sul grande schermo di pensieri, ansie, angosce, vuoto esistenzale, paure e dolori da crescita adolescenziale, e a riuscire a farli visualizzare allo spettatore in modo così vibrante e realmentre palpabile, magari tramite l’essenza dell’insistito rollare, o per meglio dire, ‘skatare’ sulle pareti di un tunnel al cosiddetto ‘Paranoid Park’ . Non una sbavatura, non un’esternazione emotiva sopra le righe che sia una: tutto è cripticamente ingabbiato all’interno e pur trasparente da dietro il volto ancora ‘infantile’ del nostro protagonista, che la macchina da presa di Gus Van Sant non lascia quasi mai e a cui riesce a rubare letteralmente l’anima, in quel trascinarsi lungo i corridoi della scuola per poi portarsi là , dove, per quanto la propria vita vada ‘di schifo’, ti puoi accorgere che c’è sempre di peggio e magari puoi sentirti un po’ meglio. Famiglie in crisi, divorzi |
a raffica, solitudine, incertezza, prime esperienze interpersonali, primi flirt o amori flash, affrontati con tutti gli errori e la leggerezza del caso e dell’età , sono tutti i pilastri che da dietro le quinte sostengono questa fragile impalcatura umana di una ragazzo sedicenne posta in primo piano. Spirito catturato in pieno magari da sottili sfumature come l’andatura del ragazzo, rigorosamente raccolta al ‘ralenti’ e per tutto il tempo che serve a far introiettare lo spettatore, non tanto dentro la storia dunque, peraltro piuttosto essenziale, quanto dentro l’individuo stesso e il suo particolare mondo. Ne è nata un’incomparabile lezione di cinematografia nel segno di un alquanto insolito spaccato sociale giovanile della contemporaneità .
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