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    COSA SUCCEDE QUANDO UN'INDAGINE MORALE VIENE APPLICATA ALLA POLITICA? CE LO RACCONTA STEVEN ZAILLIAN IN 'TUTTI GLI UOMINI DEL RE' AVENDO BENE IN MENTE IL DEGRADO MORALE DI OGGI

    "'Tutti gli uomini del re' pone il problema del fine e del mezzo e invita a chiedersi se il bene che deriva dal male sia ancora da considerare bene".
    Il regista Steven Zaillian

    (All the King's Men GERMANIA /USA 2006; drammatico; 140'; Produz.: Columbia Pictures Corporation/Phoenix Pictures/AKM Productions/VIP 3 Medienfonds/VIP 4 Medienfonds; Distribuz.: Sony Pictures Releasing Italia)

    Locandina italiana Tutti gli uomini del re

    Rating by
    Celluloid Portraits:



    (Comment by PATRIZIA FERRETTI) - It’s hard to understand this movie; it takes about half of it. 'All the King’s Men' is a reflection about the man and about the tragic impact of the political power. The key of the whole story is the visit of the Louisiana Governor Willie Stark (a never before seen Sean Penn always excellent in the role of a country character) to Judge Irwin (Anthony Hopkins), who has Jack Burden (a very introspective Jude Law) as member of the staff. Sequence where we’ll see the close of the circle later on. Among the notes of perfection about this film, our congratulation to the screenplay much better than directing, both signed by Oscar winner for 'Schindler’s List' Steven Zaillian, who show in this film old moral memories from his previous 'Clear and Present Danger'. - (Translation by MARTA SBRANA, Canada)

    Titolo in italiano: Tutti gli uomini del re

    Titolo in lingua originale: All the King's Men

    Anno di produzione: 2006

    Anno di uscita: 2006

    Regia: Steven Zaillian

    Sceneggiatura: Steven Zaillian

    Soggetto: Dall'omonimo romanzo (1946) di Robert Penn Warren (Vincitore Premio Pulitzer)

    Cast: Sean Penn (Willie Stark)
    Jude Law (Jack Burden)
    Anthony Hopkins (Giudice Irwin)
    Kate Winslet (Anne Stanton)
    Patricia Clarkson (Sadie Burke)
    James Gandolfini (Tiny Duffy)
    Jackie Earle Haley (Sugar Boy)
    Kathy Baker (Signora Burden)
    Talia Balsam (Lucy Stark)
    Travis Champagne (Tom Stark)
    Frederic Forrest (padre di Willie)
    Paul Desmond (Slade)
    Kevin Dunn (Alex)
    Thomas McCarthy (Editor)
    Glenn Morshower (Commissario)
    Cast completo

    Musica: James Horner

    Costumi: Marit Allen

    Scenografia: Patrizis von Brandestein

    Fotografia: Pawel Edelman

    Scheda film aggiornata al: 25 Novembre 2012

    Sinossi:

    IN BREVE:

    TUTTI GLI UOMINI DEL RE, ambientato nella realtà politica della Louisiana, racconta la storia di un idealista che conquista il potere per poi soccombere ai meccanismi della corruzione. Un'acclamata indagine morale ispirata alla carriera del governatore della Louisiana Huey P. Long e altri demagoghi della politica. E' dunque una riflessione sull’uomo e il potere, la corruzione e l’idealismo, l’amore e il tradimento. Utilizzando la politica come cornice per indagare sui dilemmi più profondi dell’esistenza – peccato, senso di colpa e redenzione – il film esplora la natura del degrado morale offrendo spunti perfettamente applicabili alla situazione odierna.

    Commento critico (a cura di Patrizia Ferretti)

    UNA RIFLESSIONE SULL’UOMO E SUI TRAGICI EFFETTI DEL POTERE IN CUI SI FA FATICA AD ENTRARE FINO IN FONDO SE NON NELLA SECONDA PARTE DEL FILM, LA’ DOVE IL POLIEDRICO INTRIGO SI ADDENSA E SI FA PARTICOLARMENTE INTERESSANTE FINO AL DRAMMATICO EPILOGO. IL FILM AFFIDA L’INCIPIT DELLA STORIA ALLA SEQUENZA CHIAVE DELLA VISITA AL GIUDICE IRWIN (ANTHONY HOPKINS) DA PARTE DEL GOVERNATORE DELLA LOUISIANA WILLIE STARK (UN INEDITO SEAN PENN SEMPRE ECCELLENTE ANCHE NEI PANNI DI PERSONAGGI RUSTICI E MENO RAFFINATI), AFFIANCATO DAL COLLABORATORE JACK BURDEN (UN JUDE LAW MAI COSI’ INSISTENTEMENTE E STRAORDINARIAMENTE INTROSPETTIVO). SEQUENZA SU CUI SI ANDRA’ A CHIUDERE IL CERCHIO PARECCHIO PIU’ AVANTI. TRA LE NOTE DI ECCELLENZA DEL FILM, CHE VANNO AD AGGIUNGERSI ALLE NOTEVOLI INTERPRETAZIONI, SI ANNOVERA SENZ’ALTRO LA SCENEGGIATURA, DI GRAN LUNGA SUPERIORE ALLA CONFEZIONE DI REGIA, ENTRAMBE SIGLATE DAL PREMIO OSCAR PER ‘SCHINDLER’S LIST’, STEVEN ZAILLIAN CHE QUI, SEMBRA MEMORE DI RIGURGITI

    MORALI GIA’ ANTICIPATI IN ‘SOTTO IL SEGNO DEL PERICOLO’.

    Può un idealista di umili origini arrivare tanto in alto? Cambiare dimensione sociale? La risposta è si. Soprattutto se la questione è indirizzata all’America meridionale (Louisiana ) degli anni Trenta.
    Ma il nodo cruciale è: come ci si arriva? E’ possibile farlo rimanendo onesti fino in fondo, integerrimi dal punto di vista morale? A quanto pare no. E questo purtroppo vale in qualsiasi epoca e per la stragrande maggioranza degli individui che si ritrovano a fare i conti con una realtà del genere. D’altra parte non suona certo come una grande novità. E’ cosa fin troppo risaputa quanto sia ‘sporca’ la politica, o meglio, quanto ci si ritrovi a sporcarsi le mani ogni volta che si persegue un’attività politica a qualsiasi livello, a maggior ragione quando si tratta di puntare dritto verso le alte sfere. Tutti gli uomini del re dunque, in

    tal senso, non è un soggetto particolarmente innovativo e non è un film dalla confezione strabiliante o perfetta, ma ha sicuramente in sé tale intensità e profondità di contenuti e, soprattutto, un modo di esprimerli congiunto al calibro delle interpretazioni dei protagonisti, veramente superbi. Della levatura di gran classe della sceneggiatura c’era da aspettarselo. Il firmatario è lo stesso regista Steven Zaillian che, non a caso, conta nel suo background di sceneggiatore (sua carriera più accreditata di quella di regista) il Premio Oscar per Schindler’s List (1993). Ma Zaillian è pure lo sceneggiatore di Risvegli (1990), di Un eroe piccolo piccolo (1993) e di Sotto il segno del pericolo (1994), mentre più di recente si è occupato di Hannibal, Gangs of New York e The Interpreter. Attendiamo con ansia il suo prossimo American Gangster (2007) per la regia di Ridley Scott.
    In effetti il film Tutti gli uomini del re

    si apprezza senz’altro più per la sceneggiatura rispetto alla regia, che, a nostro avviso, non ha sufficientemente legato o districato del tutto i numerosi grovigli delle rispettive matasse esistenziali dei personaggi, sia nella sfera privata che in quella più propriamente politica. Di indubbio risalto e valore interpretativo le performances, cruciali, di Sean Penn (il neoeletto governatore della Louisiana Willie Stark) e Jude Law (Jack Burden). Due protagonisti assoluti, qui calati in personaggi, si direbbe, opposti: Sean Penn con Willie Stark ha assimilato in modo pieno e totale un coté ‘zoticheggiante’, cadenzato da una gestualità goffa e un po’ rude, secondo tratti tipici di chi proviene dalle umili origini del Sud di un Paese, coté rimarcato anche sul piano linguistico, nella cadenza strascicata e meridionaleggiante evidentemente mantenuta, o meglio, reinterpretata e adattata in tal senso, anche dal doppiaggio italiano.
    Estremamente interessante anche il personaggio di Jude Law, giornalista finché non decide

    di licenziarsi quando scopre di non avere la libertà desiderata perché obbligato a scrivere assecondando la linea politica del giornale per cui lavora. E’ il testimone oculare di tutto, la voce narrante in prima persona, e colui che si ritrova a collaborare, suo malgrado, proprio con Willie Stark, trovandosi spesso a vivere a pelle conflitti impossibili da sciogliere senza trradire una delle parti in questione: gli affetti e ricordi personali o le indagini che deve svolgere per lavoro.
    Ma la storia man mano che procede va ad agganciarsi al perno motore, dimostrando che nessuno dei personaggi in questione è senza macchia. Una frase per tutte rimarca il concetto: “Lei ha bazzicato troppo la politica per parlare di coscienzaâ€, apostrofa Willie Stark rivolgendosi al giudice Irwin.
    La questione sta nel modo individuale di porsi nei confronti del bene e del male. La visione cui approda Willie Stark è senz’altro quella che il

    ‘fine giustifica i mezzi’ e che la distinzione tra il bene e il male non è poi così netta e distinta. A questo proposito ci viene in mente una sequenza di Sotto il segno del pericolo: il confronto tra Jack Ryan (Harrison Ford) e il collega antagonista Robert Ritter (Henry Czerny), proprio sui registri di legittimazione di metodi operativi, legalità e illegalità, dunque tra bene e male. Là dove alle rimostranze di Ryan sulla violazione della legge da parte di Ritter si sentiva ribattere: “… Per te ogni cosa è bianca o neraâ€. “No… No! Non bianca o nera, Ritter! Giusta o sbagliata!â€, controbatteva Ryan. Fino al conclusivo epilogo di un lungo battibecco con cui Ritter urla dietro a Ryan: “E’ grigio! Il mondo è grigio Jack!â€. Era evidentemente già all’epoca (1994) al centro dei pensieri di Steven Zaillian l’annosa questione del dilemma dei dilemmi dell’umanità. Resistere o cedere al

    compromesso? Ora, in Tutti gli uomini del re, Zaillian torna sul tema, seppure in modo totalmente diverso. Ma alla resa dei conti anche Willie Stark sembra trovarsi in linea con Ritter, l’antagonista di Ryan in Sotto il segno del pericolo: “Quale macchina non ha bisogno di qualche oliatina ogni tanto?â€. Ecco una delle tante metafore con cui Willie Stark legittima il compromesso per il quale “si può sempre cavare il bene dal maleâ€.

    La carenza di leganti o l’eccessivo sfumare su certe schegge private dei personaggi o alcune loro improvvise scelte comportamentali, non facilitandone la piena comprensione, o comunque non concedendo sufficiente tempo allo spettatore per dedicarvi una qualche riflessione, sono compensati da sequenze indubbiamente di grande impatto, tra cui quella in cui Willie Stark decide di cambiare completamente registro riguardo al suo approccio con la gente e fa un discorso estremamente spiazzante, senza peli sulla lingua, parafrasando il suo percorso

    personale per arrivare al nocciolo delle questioni sugli interessi del popolo, smascherando ipocrisie e sepolcri imbiancati, facendo finire il doppiogiochista consapevole e convinto, Tiny Duffy (James Gandolfini) a rotolarsi nel fango. Figura emblematica di tanti demagoghi politici contemporanei, non nuovi all’uso strumentale delle persone, che tornano persino alla ribalta malgrado figure del genere, sempre in virtù del compromesso, magari questa volta abbracciato proprio da chi lo aveva smascherato e messo alla gogna. Ma vi è senz’altro almeno un’altra memorabile sequenza, caricata di certi virtuosimi di ripresa: immagini-metafora di contenuti importanti come quelli trasmessi con la sequenza finale, curata e ricercata attraverso dettagli lenticolari, messi in risalto da primi e primissimi piani, fino alla visione d’insieme dall’alto, di grande bellezza estetica ed efficacia di impatto. Sequenza su cui non vogliamo dire niente altro per non rovinare la visione a chi il film deve ancora vederlo. E, tutto sommato, ne vale la

    pena.

    Commenti del regista

    A proposito del romanzo di Warren:

    "(E') ... una delle grandi opere del Novecento, sia dal punto di vista dello stile che del contenuto. Si tratta di una storia dai risvolti complessi, anche se la trama è imperniata sull’ascesa e la caduta di un uomo di umili origini che conquista il potere e finisce per essere distrutto dai suoi meccanismi perversi. Le vicende che coinvolgono il protagonista fanno emergere una visione della vita che inizialmente è idealista e poi diventa cinica, dando vita a una specie di accomodamento alla realtà delle cose".

    Riguardo al personaggio di Willie Stark e il suo complesso rapporto di amicizia con Jack Burden:

    "Willie è convinto che per conseguire un certo risultato a volte sia necessario agire in modo non strettamente morale, ed è appunto così che riesce a ottenere ciò che vuole. Sarà proprio questa convinzione, però, che finirà per portarlo alla rovina... Willie vuole avere Jack intorno perché lui gli ricorda costantemente quali sono le sue origini e i valori in cui crede. Al tempo stesso non può fare a meno di volerlo abbassare al suo livello perché proviene da una famiglia benestante".

    Riguardo al personaggio di Jack Burden:

    "Jack (Burden) è un tipo molto introverso, e se il libro consentiva al lettore di conoscere i suoi pensieri più reconditi, il grande schermo è ovviamente più limitante. Era necessario un attore che fosse in grado di suggerire l’intima natura del personaggio e Jude era perfetto perché riesce a comunicare tutto questo attraverso il linguaggio corporeo".

    Riguardo al personaggio di Adam Stanton (Mark Ruffalo), fratello di Anne (Kate Winslet):

    "Adam Stanton) è il perno di tutta la storia. Lui è l’unico personaggio autenticamente buono: si chiede se sia possibile ottenere il bene dal male, come crede Willie, e se il fine giustifichi realmente i mezzi. Adam è assillato da interrogativi del genere e Mark (Ruffalo) era la persona adatta a esprimere tutta la complessità di queste problematiche".

    A proposito di Anthony Hopkins nei panni del giudice Irwin:

    "Il giudice appare soltanto in tre scene, nelle quali deve riuscire a far capire al pubblico chi è e da dove viene e perché Willie Stark dovrebbe aver paura di lui. Solo un attore brillante come Anthony (Hopkins) sarebbe stato capace di farlo".

    Perchè scegliere la Louisiana?:

    "Abbiamo girato il più possibile nei luoghi in cui si erano realmente svolte le vicende raccontate. Ogni volta che andavamo al Baton Rouge percorrevamo l’autostrada e i ponti che aveva costruito Huey. Naturalmente abbiamo filmato anche il famoso State Capital Building, anch’esso opera sua. Abbiamo cercato di mostrare al pubblico tutti i posti in cui si gravitava".

    Commenti dei protagonisti:

    JUDE LAW (Jack Burden):

    "Leggendo il copione, sono rimasto colpito soprattutto dalla potenza della trama. Mi è piaciuto molto anche il fatto che si trattasse di una vicenda corale: sembrava quasi che Jack la raccontasse man mano che ne veniva a conoscenza insieme al pubblico. Tutti gli eventi sono visti attraverso i suoi occhi e non è stato facile interpretare un personaggio che al 40% ascolta, osserva e viene visto sullo sfondo".

    MARK RUFFALO (Adam Stanton) A proposito del suo personaggio:

    "Adam (Stanton) mi fa pensare a Kennedy. Ha il senso della famiglia e delle tradizioni e vuole fare di tutto per mantenerle anche se gli costa fatica. Siccome non gli interessa votarsi alla politica, dedica la sua vita ad aiutare la gente e a difendere il buon nome della sua famiglia. Le cose, però, non gli vanno bene".

    JAMES GANDOLFINI (Tiny Duffy): (Riguardo al rapporto di Willie Stark con il suo personaggio:

    "Willie Stark si tiene Tiny (Duffy) vicino per non dimenticare quanto la gente può essere falsa. Willie si è fatto raggirare da Tiny e da lui ha imparato a non giudicare le persone per ciò che sembrano".

    Altre voci dal set:

    Il produttore JAMES CARVILLE:

    "'Tutti gli uomini del re’ utilizza la politica come cornice generale, ma in realtà racconta una storia di vita vissuta, una storia che potrebbe riguardare tutti noi. Chiunque è capace di corrompere, amare, odiare e tradire perché questo genere di pulsioni ha sempre guidato l’uomo, sin dalla notte dei tempi. Il libro è incentrato appunto sulla natura dell’individuo che non è né buono né cattivo, ma parte da buone intenzioni e poi viene a compromessi col potere, in genere con esiti disastrosi".

    Il produttore esecutivo DAVID THWAITES: "I nodi affrontati in 'TUTTI GLI UOMINI DEL RE' – come quello dell’amore, della gelosia e del tradimento – hanno un carattere universale. La scoperta di noi stessi, la perdita dell’amore, l’abbandono degli amici, sono temi senza tempo".

    Il produttore KEN LEMBERGER: "Quando mi hanno chiesto di partecipare al progetto sono andato subito a rileggere il libro. L’elemento che più mi ha colpito è l’acutezza con cui affronta uno dei grandi interrogativi di tutti i tempi: cos’è bene e cosa è male? Oggi siamo circondati da politici e analisti che classificano gruppi e attività come ‘buoni’ e ‘cattivi’. Il bel romanzo di Penn Warren ci ricorda come questa distinzione non sia né facile né efficace, perché nella maggior parte dei casi uomini e istituzioni sono un complesso mélange di entrambi. La nostra ansia di affibbiare una comoda etichetta alle cose non dà conto della realtà del mondo. In questo senso il libro offre un’analisi disincantata che si applica perfettamente alle questioni sociali e politiche di fronte alle quali ci troviamo oggi".

    E, A proposito di Willie Stark interpretato da SEAN PENN:

    "Sean (Penn) ha capito a fondo l’ambiguità della natura di Stark. Willie è al tempo stesso buono e cattivo, umile e ambizioso, uomo del popolo e politico raffinato, idealista ingenuo e realista spietato. La sua interpretazione era proprio ciò che Penn Warren si aspettava da noi".

    L'importanza di New Orleans:

    "'TUTTI GLI UOMINI DEL RE' è stato uno degli ultimi film importanti girati a New Orleans prima della devastazione provocata dall’uragano Katrina, e posso dire che non ricordo di aver mai riscontrato una disponibilità e un’accoglienza calorosa come quella che abbiamo ricevuto dalla gente della Louisiana e dalla città di New Orleans. Questa parte degli Stati Uniti è davvero molto speciale, sia da un punto di vista geografico che sotto il profilo culturale e spirituale, e noi che l’abbiamo vissuta prima della devastazione siamo rimasti tanto più colpiti dalla tragedia che l’ha colpita".

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